SOCIETÀ

Tra inchini e incentivi: il Nord-Est cinese

Quando è arrivata a Padova c’è chi l’ha scambiata per una studentessa. Ma Mingyi Xie è venuta dalla Cina per parlare di uno dei temi chiave per le imprese straniere che operano in Oriente: la gestione delle risorse umane. 38 anni, aspetto gentile e curriculum internazionale, è la vicepreside della Sun Wah International Business School, parte della Liaoning University di Shenyang. Il suo ateneo rappresenta un’area dell’estremo Nord-Est cinese di grande importanza nell’industria pesante e al centro degli investimenti di numerose multinazionali: un laboratorio interessante per raccontare agli studenti di Economia l’impatto (e le inevitabili incomprensioni) che gli investitori stranieri si trovano ad affrontare quando devono selezionare e gestire personale in loco.

Alla sua età è comune in Cina rivestire ruoli accademici di simile responsabilità?

Ho molti colleghi giovani che hanno già un’ottima carriera alle spalle. Meno comune è, alla mia età, rivestire ruoli di gestione. Mi ha aiutato la mia esperienza internazionale: prima un master a Sydney, poi il compito di coordinatrice didattica dell’Asia-Australian Business College. Per la Liaoning University le relazioni internazionali sono essenziali: i nostri corsi sono per la maggior parte impartiti in inglese, e abbiamo rapporti con numerosi atenei stranieri. Con la britannica De Montfort University di Leicester c’è un accordo organico per curriculum internazionali congiunti, progetti di ricerca, scambi di studenti e docenti.

Quali tipologie di aziende investono nel Liaoning? Ha contatti anche con industrie italiane?

Non mi risulta, per ora, una presenza di rilievo di aziende italiane. Nella nostra zona sono presenti multinazionali europee, americane e asiatiche. I settori sono coerenti con la tradizione industriale della regione, che è basata sulla metalmeccanica, la chimica e petrolchimica, l’elettronica, l’elettromeccanica.

Nella sua esperienza, quali sono le principali difficoltà che deve affrontare un’impresa straniera nel gestire il personale cinese?

Sono soprattutto problemi di ordine culturale. Durante le lezioni abbiamo approfondito alcuni concetti base nella psicologia del lavoratore cinese, come il mian zi, la reputazione, fondamentale in tutti gli aspetti della vita sociale e lavorativa. Essenziale è anche il guan xi, la rete di relazioni che una persona riesce a costruire e che influenza il successo nella propria attività: mi sembra che anche in Italia ne sappiate qualcosa.

Lo sviluppo della Cina comporta anche l’aumento del costo del lavoro e una maggiore tutela dei dipendenti. C’è preoccupazione per una possibile, progressiva perdita di competitività del Paese?

Il problema esiste, e in effetti stiamo notando come gli investitori abbiano iniziato a esplorare mercati più favorevoli: si lasciano le regioni costiere per la Cina interna, e si comincia anche a guardare all’esterno, verso l’India, la Thailandia, il Vietnam.

Da parte delle imprese straniere c’è forte richiesta di allentare i vincoli burocratici e le limitazioni imposte dalla legislazione statale e locale. Come soddisfare queste esigenze?

Il ruolo degli amministratori locali è molto importante. In Cina il governo dà le linee guida, stanzia fondi per le infrastrutture, ma spetta alle autorità sul territorio adattare le direttive alla realtà locale e ideare incentivi efficaci per le aziende estere. Le delegazioni delle province cinesi sono spesso all’estero, per ascoltare gli investitori e le loro istanze: ne risulta una politica che, in ogni zona, cerca di avere delle caratteristiche specifiche, diverse delle altre. Per quanto riguarda il Liaoning, le autorità puntano ad attirare investimenti qualificati, che aiutino davvero il sistema produttivo cinese a crescere e favoriscano l’innovazione. Mi lasci dire che la presenza delle imprese straniere ci stimola ad apprendere il più possibile: cerchiamo di ispirarci a loro punti di forza come la tecnologia, ma anche ad aspetti come lo stile aziendale.

Uno sguardo alla sua università. La Business School di cui è vicepreside è finanziata dal gruppo Sun Wah di Hong Kong, attivo in molteplici settori in quattro continenti. Come collaborate con loro nell’attività didattica e di ricerca?

Il gruppo seleziona i nostri migliori diplomati per impiegarli nelle proprie filiali. A parte questo, ci muoviamo in piena autonomia: in Cina per i grandi gruppi conta molto il tema della responsabilità sociale, e investire nella formazione dei giovani, senza obbiettivi di profitto, è strategico per una buona immagine e reputazione. A questo scopo, cerchiamo di essere molto selettivi nel formulare programmi internazionali con altri atenei: il nostro scopo primario è dare ai cinesi un’eccellente formazione nel loro Paese, e incentivarli a restare qui.

A intervista finita, Mingyi Xie deve lasciarci di corsa: nei pochi giorni in cui è rimasta a Padova, tra seminari, impegni istituzionali, visite turistiche, ha anche fatto amicizia con i vicini e si è offerta di aiutarli come baby-sitter. Da cinese doc, sa bene che l’importante è non fermarsi mai.

Martino Periti

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