SCIENZA E RICERCA
Ascesa e declino del lago Paratetide, il più grande mai esistito
Nel suo periodo di massimo sviluppo era arrivato a contenere oltre dieci volte il volume di acqua dolce e salata attualmente immagazzinato nei laghi del pianeta. La sua superificie superava quella dell’attuale mar Mediterraneo e, prendendo come riferimento una mappa odierna, si estendeva dalle Alpi orientali all’Asia centrale, arrivando fino a quello che oggi è il Kazakistan.
Il lago Paratetide è stato il più grande mai esistito al mondo e nonostante sia stato un ambiente estremo, caratterizzato da condizioni di vita non semplici, ha ospitato un’ampia varietà di molluschi, crostacei e mammiferi, in alcuni casi con caratteristiche che non sono state trovate da nessuna altra parte al mondo. A causa dei cambiamenti climatici si restrinse però drasticamente per almeno quattro volte nell’arco di 5 milioni di anni e la sua esistenza terminò tra i 6,9 e i 6,7 milioni di anni fa quando quello che ne rimase defluì per sempre verso il Mediterraneo.
A ricostruire la linea temporale della formazione e del declino di questo mega lago è uno studio condotto dal paleooceanografo Dan Valentin Palcu dell'Università di São Paulo, insieme ad alcuni colleghi di altri atenei e centri di ricerca, e pubblicato nei giorni scorsi su Scientific Reports.
Partendo da indizi ricavati da reperti geologici e fossili gli autori dello studio sono riusciti a far luce sulle cause delle ripetute crisi idriche che hanno interessato il lago Paratetide e hanno calcolato che la principale regressione provocò la perdita di circa il 70% della sua superficie e un terzo del suo volume di acqua, con un conseguente impatto sul clima, sull'idrologia e sulla vegetazione delle regioni circostanti. Gli studiosi hanno poi integrato l'analisi dei sedimenti con le informazioni tratte dalla magnetostratigrafia e in questo modo potuto datare con maggiore precisione gli episodi di parziale disseccamento del lago, che a loro volta furono strettamente collegati ai cambiamenti climatici successivi alla formazione della catena Alpino-Himalayana e alla conseguente chiusura dell'oceano Tetide.
Credit: Dan Palcu et al / Scientific Reports
Quegli stessi stravolgimenti che causarono drastici restringimenti del lago influenzarono anche l'evoluzione degli animali terrestri, come sottolineato da un altro recente studio pubblicato su Communications Earth & Environment. Partendo dall’analisi dei sedimenti presenti nella parte occidentale dell’Iran, un team di ricercatori guidato dalla biologa evoluzionista Madelaine Böhme dell'università tedesca di Tubinga ha infatti evidenziato come i periodi di grande aridità che contraddistinsero la regione asiatica durante le crisi del lago Paratetide spinsero i progenitori delle giraffe e degli elefanti a migrare verso sud-ovest, dirigendosi in Africa da cui si sono poi evoluti producendo la diversità che caratterizza l'odierna savana.
Abbiamo approfondito la storia del mega lago Paratetide e i recenti studi che hanno svelato aspetti molto affascinanti del suo lontano passato insieme al professor Luca Capraro, docente del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova, partendo però da un momento ancora più remoto, quello della graduale chiusura dell'oceano Tetide.
L'intervista al professor Luca Capraro, del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova, sui processi geologici che portarono alla formazione del mega lago della Paratetide e sulle cause del suo successivo declino. Servizio di Barbara Paknazar
Dall'oceano Tetide al mega lago Paratetide
"Il lavoro pubblicato su Scientific Reports - introduce il professor Luca Capraro, del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova - inquadra quello che è successo a questo grande lago negli ultimi 6-8 milioni di anni, quindi in tempi relativamente vicini a noi". In realtà, come suggerisce il nome stesso, la storia della Paratetide è molto più lunga e complessa e ha inizio con l'apertura dell'oceano della Tetide.
"La Tetide - entra nel dettaglio il docente, riassumendo le vicende che caratterizzarono questo antico oceano - avvolgeva in modo complessivo quella grande struttura che prendeva il nome di Pangea, quel blocco di terre emerse che all'epoca raggruppava tutti i continenti e che si formò 250 milioni di anni fa acquisendo quella caratteristica forma a fagiolo, simile alla lettera C. Questo sistema di terre emerse si estendeva tra i due poli e il suo baricentro si collocava in corrispondenza dell’equatore".
A partire da quel momento il grande mare della Tetide ha subito una lunga serie di trasformazioni e le sue sorti si sono intrecciate con quelle della Pangea. "Appena dopo la sua formazione - spiega il professor Capraro - la struttura di questo blocco ha cominciato a distruggersi e a suddividersi, portando così alla formazione di due blocchi, uno nell’emisfero Nord e uno nell’emisfero Sud, che con il trascorrere del tempo si sono prima allontanati e poi improvvisamente avvicinati". Lo scontro tra questi due blocchi, avvenuto circa 12 milioni di anni fa, ha sollevato una catena montuosa lunghissima che si estende dall’Europa all’estremo oriente e che viene definita alpino-himalayana.
"La catena alpino-himalayana - prosegue il docente - ha strizzato l’oceano della Tetide e lo ha quasi completamente cancellato: un piccolo lembo è rimasto letteralmente occluso tra i due blocchi che si sono riavvicinati e si è così originato il famoso lago della Paratetide. Era un lago che si estendeva dalle Alpi orientali al Kazakistan e ha preso forma dal confinamento di un braccio di mare che non aveva più contatto con l’oceano aperto".
Un ambiente estremo
La salinità del lago Paratetide è cambiata moltissimo nel corso del tempo. "Questo antico lago - approfondisce il professor Capraro - andò a collocarsi in una zona dove confluiscono molti fiumi, con un forte apporto di acqua dolce: di fatto da una salinità che all’inizio era molto elevata, pari a circa 35 parti per mille che è la salinità media degli attuali mari, si è passati a valori pari a 15 parti per mille e ciò ha ha avuto un forte impatto sugli organismi animali e vegetali che vivevano all’interno di questo lago perché si sono dovuti adattare a una salinità che non era quella caratteristica dell’oceano e per questo motivo stati obbligati ad evolversi e a modificare le loro caratteristiche biologiche".
Alle variazioni di salinità si è inoltre sommato anche l’effetto dell’isolamento. "Si tratta di fenomeno che è molto famoso e documentato nel caso delle isole. In generale quello che si osserva in condizioni che non consentono scambi è una riduzione delle dimensioni degli organismi che vivono in quelle aree. L’ambiente infatti è piuttosto ristretto e competitivo, le risorse sono scarse e quindi essere grandi non conviene", spiega il docente del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova. E in effetti nel lago Paratetide viveva anche il Cetotherium riabinini, la balena più piccola che sia mai stata trovata nei reperti fossili. Era lunga appena tre metri e secondo il biologo evoluzionista Pavel Gol'din, che dirige l'Istituto di zoologia di Schmalhausen in Ucraina ed è un esperto di mammiferi marini, questo nanismo potrebbe averla aiutata a sopravvivere.
"Come in tutti gli ambienti estremi - conferma il professor Capraro - anche il lago della Paratetide fu caratterizzato dallo sviluppo di nuove specie e questo processo non ha interessato solo gli animali che vivevano nelle sue acque ma anche quelli che si trovavano nelle immediate vicinanze".
Quattro periodi di siccità in un periodo caratterizzato da forti stravolgimenti climatici
Nel corso dei 5 milioni di anni in cui la sua vita si è evoluta separatamente dal resto del mondo il lago Paratetide è andato incontro ad almeno quattro periodi di siccità. "Il passaggio tra Miocene superiore e Pliocene, intorno a 8-10 milioni di anni fa, fu caratterizzato da una complessa riorganizzazione del sistema climatico perché lo sviluppo della catena alpino-himalayana aveva cambiato completamente i sistemi di circolazione atmosferica e le traiettorie delle tempeste e delle perturbazioni", ricorda il professor Capraro spiegando che si tratta dello stesso processo che ha determinato la formazione dei monsoni indiani.
Durante il maggiore episodio di contrazione, tra 7,65 e 7,9 milioni di anni fa, il livello dell'acqua del lago Paratetide si abbassò di oltre 250 metri. "Prima di scomparire del tutto - sottolinea il docente - il lago ha avuto delle pulsazioni anche piuttosto rilevanti e ciascuna di esse ha portato a fasi di espansione e di ritiro".
Gli episodi di contrazione comportarono anche la frammentazione del mega-lago e un conseguente drastico aumento della salinità dell'acqua, soprattutto nel bacino centrale che corrisponde all'odierno Mar Nero. Questi cambiamenti cancellarono molte specie acquatiche e, riferiscono gli autori dello studio, i foraminiferi e il nanoplancton finirono per scomparire quasi del tutto.
Quando i livelli dell'acqua sono scesi, le coste del lago sono diventate praterie e punti caldi per l'evoluzione, in un processo che ha influenzato strettamente anche gli animali terrestri. "Ogni restringimento ha determinato la formazione di vaste praterie salmastre che si sono sviluppate nelle zone lasciate libere dal ritiro delle acque e che erano contraddistinte da terreni molto aridi e ricchi di sale. E’ stato un ambiente in cui hanno cominciato a svilupparsi animali come le capre e le antilopi", osserva Capraro.
Le migrazioni degli animali che vivevano intorno al lago
"Questa particolare instabilità climatica - continua il professore del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova - ha sottoposto il lago e le regioni circostanti a lunghi periodi di forte siccità e assenza di precipitazioni. Ovviamente la situazione diventò insostenibile per molti degli organismi lacustri ma soprattutto per gli animali che abitavano sulla terra e che avevano bisogno di brucare l’erba per nutrirsi. Durante le fasi di aridità le aree che circondavano il lago Paratetide diventavano un ambiente sub-desertico e molte specie che in passato si erano sviluppate ed erano evolute proprio in quella zona furono indotte a migrare verso regioni più favorevoli dal punto di vista climatico". E' quello che accadde ai progenitori delle giraffe e degli elefanti che abbandonarono il loro luogo di origine e si spostarono in Africa.
Ma, sottolinea Capraro, un'altra specie su cui è possibile osservare gli adattamenti evolutivi che hanno fatto seguito ai cambiamenti climatici è il cavallo. "E' uno degli esempi classici: inizialmente era un animale molto piccolo che viveva nella foresta e poi a causa degli stessi cambiamenti climatici, perché la parte più importante dell’evoluzione del cavallo avviene nel corso del Miocene, si è dovuto confrontare con un ambiente più aperto e con lo sviluppo della savana. Questo ha indotto i cavalli a diventare più grandi, a sviluppare lo zoccolo e soprattutto un fortissimo cambiamento a livello di arcata dentaria perché i denti si sono dovuti adattare a delle erbe molto ricche di silice e quindi abrasive. Lo scenario nella Paratetide è stato simile nel senso che parliamo di organismi che si erano adattati a un ambiente estremo e piuttosto instabile ma che, abbandonando il loro luogo di origine dove in seguito non hanno più vissuto, hanno trovato condizioni più favorevoli al loro sviluppo".
La magnetostratigrafia: un prezioso supporto per le datazioni
Ma quali strumenti hanno consentito agli scienziati di ricostruire la linea temporale della formazione e del declino del lago Paratetide? "E’ stato un lavoro fortemente integrato - spiega il professor Luca Capraro - perché fortunatamente la geologia si è emancipata dal dato singolo e ormai i dati che vengono raccolti sono il frutto di studi incrociati che si supportano a vicenda. Lo strumento guida è stato la magnetostratigrafia che osserva quello che viene registrato nelle rocce in termini di segnale paleomagnetico. Sappiamo che il campo magnetico terrestre si è invertito moltissime volte nel corso del tempo geologico e di solito queste fasi di inversione sono piuttosto rapide e durano poche migliaia di anni: dal punto di vista delle scale del tempo geologico. si tratta quasi di singoli istanti. Di conseguenza quando noi riconosciamo uno di questi eventi di inversione del campo magnetico terrestre e insieme a questo abbiamo un dato dal punto di vista biotico, magari perché troviamo una certa forma di microrganismo o i resti di qualche mammifero che possiamo collocare grossolanamente nel tempo, abbiamo la possibilità di confrontarci con una scala di riferimento che è standard e che determina un’età assoluta per ciascuno di questi eventi di inversione".
"Questa scala è stata costruita in modo molto faticoso ed è ancora in evoluzione perché è frutto dell’integrazione di moltissimi dati, ma è una guida preziosa che ha permesso di ricostruire la storia geologica. Inoltre, mentre datare i sedimenti in ambiente marino è relativamente facile, perché abbiamo molti microrganismi a cui è associata un'età precisa, compiere la stessa operazione in un ambiente estremo come quello di un lago è decisamente più complesso. I microrganismi che riescono a sopravvivere sono in un numero nettamente inferiore e si deve fare affidamento sui resti di vertebrati che però non sono assolutamente comuni da trovare e sono anche difficili da interpretare dal punto di vista geologico perché, ad esempio, possono essere arrivati in un determinato luogo dopo essere stati trasportati da un fiume. Lavorare su sedimenti continentali o para-continentali è estremamente più complesso", conclude il professor Capraro.