SCIENZA E RICERCA

Ascoltare la musica della preistoria

L'archeologia è fatta di scavi, ricerca e paziente osservazione: siamo soliti ammirare una pittura rupestre, ma se potessimo anche ascoltarla? Un recente studio condotto sul sito delle montagne di Cederberg, in Sudafrica, presenta un nuovo e affascinante terreno di indagine e ricerca: l'archeoacustica. "Gli archeologi trascorrono molto tempo a esaminare i resti di un passato lontano, che include lo studio delle pitture rupestri. Questo è in gran parte un lavoro visivo, ma a volte possiamo 'ascoltare' quel passato usando metodi acustici - spiegano gli autori Neil Rusch e Sarah Wurz su The Conversation -. La nostra ricerca archeoacustica dà vita ai suoni prodotti da persone che vivevano molto tempo fa. Non ci resta nessuna registrazione ma sappiamo che ballavano, cantavano e battevano le mani. Gli strumenti non esistono più o sono estremamente rari. Un'eccezione sono le rock gong, rocce note come litofoni, che suonano quando vengono colpite e producono suoni percussivi intenzionali. Talvolta, nelle pitture rupestri, sono raffigurati strumenti musicali sconosciuti e rari [...] In un nuovo studio abbiamo 'ascoltato' una pittura rupestre sulle montagne di Cederberg nella provincia del Capo Occidentale del Sudafrica".

Le figure umane presenti nella pittura erano state precedentemente interpretate come guaritori che impugnano le fruste ed eseguono una trance-dance. Le fly-whisks, le frusta per mosche, venivano utilizzate nella danza perché si pensava allontanassero le malattie, ma l'indagine di Rusch e Wurz suggerisce che si tratti di veri e propri strumenti di un tipo noto come !goin !goin, nome che esiste solo nell'ormai estinta lingua Ixam, che era parlata dai cacciatori-raccoglitori nell'Africa centro-meridionale.


Ascolta il suono del !goin !goin


Il !goin !goin è un aerofono, strumento che produce suoni simili a un ronzio creando vibrazioni nell'aria quando viene fatto ruotare. I ricercatori hanno sfruttato tecniche di recupero delle immagini digitali combinandole con strumenti creati partendo da modelli a grandezza naturale. Otto strumenti sono stati suonati e registrati: il suono prodotto dagli strumenti ricreati corrisponde in modo convincente allo spettro sonoro prodotto da un modello simile all'aerofono !goin !goin risalente al diciannovesimo secolo e conservato alla Kirby Collection of Musical Instruments del college di musica dell'università di Città del Capo. "I nostri risultati suggeriscono che gli aerofoni di tipo !goin !goin venissero usati intorno a 2000 anni fa, o anche prima. Questa conclusione si basa sulla datazione dell'immagine dipinta con la tecnica delle linee sottili, stile pittorico scomparso con l'arrivo dei pastori nella regione dell'Africa meridionale".

Di musica nella preistoria abbiamo parlato con Paola Dessì del dipartimento dei Beni culturali dell'università di Padova, docente di Musicologia e Storia della musica, tra i curatori del recente convegno internazionale dedicato al Patrimonio musicale dei popoli del mondo antico.

"Il musicologo Arnd Adje Both si occupa di ricostruzione di strumenti di epoca preistorica - racconta Dessì -. Qualche anno fa portò a Ravenna strumenti realizzati proprio partendo dall'analisi delle pitture rupestri [...] Gli studi di Arnd Adje Both sono stati anche criticati, perché si rifanno a pitture rupestri ma di fatto si appoggiano all’etnomusicologia, che indaga la contemporaneità e quindi strumenti attualmente esistenti. Dunque il fondamento scientifico teorico e storico è puramente ipotetico". E Dessì continua: "Pensiamo alla ricostruzione del suono che è stata fatta per la syrinx, conservata al Museo di Scienze archeologiche e d'arte dell'università di Padova: in quel caso si è partiti dallo strumento, perché avevamo un oggetto, seppur sottoposto all'usura del tempo. Nel caso delle pitture rupestri, invece, per ricostruire il suono di uno strumento, si parte solo da una immagine. Il punto è che da qualcosa si deve pur iniziare. Si può pensare di partire da ipotesi, la storia ci dimostra che, per approssimazione e correzione, si portano avanti le ricerche e piano piano le scoperte. E dalle ricerche possono emergere nuovi elementi e altre prospettive di indagine. Si può iniziare dunque da analisi acustiche, organologiche, etnomusicologiche, a cui si aggiungono quelle di tipo iconografico: nell'ambito degli studi sulla preistoria, per esempio, Paola Budano, dottoranda di ricerca, si è occupata delle pitture rupestri delle Grotte dell'Addaura in Sicilia, lì sono raffigurati uomini con gambe e piedi ad altezze diverse, l'ipotesi è che si tratti di danzatori. Questo è un esempio di studio iconografico, un altro tipo riguarda l'acustica degli spazi preistorici: una maggior concentrazione di pittura rossa, dove troviamo per esempio le impronte di diverse mani, corrisponde al punto di maggior risonanza della grotta. Queste sono alcune delle prospettive possibili nel campo della ricerca".

La musica è da sempre espressione dell'essere umano

Siamo abituati a intendere la musica come espressione artistica, ma nell'antichità la musica aveva una funzione, poteva essere espressione simbolica di una attività umana e non era per forza legata a uno strumento sonoro realizzato propriamente per fare musica, ma in senso più ampio a un oggetto capace di produrre suono. "Ci deve interessare tutto ciò che rientra nella sfera della sonorità".

"La musicologia si occupa di musica scritta ma alcune culture non hanno utilizzato la notazione per tramandare la musica, hanno scelto la tradizione orale - precisa Dessì -. Con una prospettiva di tipo antropologico, a cui sono molto interessata, la musica diventa espressione dell'uomo, quindi dobbiamo andare a indagarla dappertutto. Questo tipo di indagine, che raggiunge anche la preistoria, è recente e sembra essere vivo e più diffuso nel Nord Europa, meno in Italia. Nel 2013 è stato pubblicato The Prehistory of Music: Human Evolution, Archaeology, and the Origins of Musicality di Iain Morley, il primo catalogo strutturato di reperti sonori/musicali della preistoria. Sono tutti reperti ritrovati al di là delle Alpi, non viene segnalato nulla in Italia, ma questo solo perché non esistono ancora studi dedicati a queste forme di pittura rupestre. Lo studio nelle Grotte dell'Addaura è stato il primo passo, ora Paola Budano, giovane autrice di quella prima ricerca, si sta occupando della musica nelle incisioni rupestri della Val Camonica".

Per fare progressi in questo campo, "occorre un approccio integrato, perché siamo di fronte a resti esigui e siamo nel campo delle ipotesi - conclude Dessì -. Dobbiamo favorire il confronto tra archeologia, musicologia, persino la biologia, perché ora si parla anche di prospettive di indagine nello studio del genoma legato alla propensione per la musica".

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