Scienza e Ricerca

18 Dicembre 2020

A caccia del “quinto elemento”

No, non si tratta di un film di fantascienza: il ‘quinto elemento’ potrebbe essere realtà. Così anticamente veniva definito il principio che si aggiungeva ai quattro teorizzati da Empedocle – terra, acqua, aria, fuoco – e che nella fisica aristotelica permeava gli spazi interplanetari per impedire l’orrore concettuale del vuoto.

Oggi però quando nella scienza si parla di quintessenza si intende altro: la cosiddetta energia oscura, uno degli elementi più misteriosi e affascinanti del cosmo. Da alcuni indizi sappiamo che c’è maera sempre riuscita a sfuggire ai nostri strumenti, almeno fino ad oggi. “L’energia oscura compone circa il 70% dell’universo, inoltre sarebbe responsabile dell’accelerazione della sua espansione. Eppure di essa non sappiamo praticamente nulla – spiega a Il Bo Live Andrea Cimatti, astrofisico dell’università di Bologna e tra i padri della missione spaziale dell’Esa Euclid –. Negli anni sono state sviluppate decine di modelli teorici, divisi in due grandi categorie: quella della cosiddetta costante cosmologica, secondo cui essa pervade in modo uguale tutto l’universo, e quella secondo cui si tratterebbe di una forma di energia collegata a un cosiddetto campo scalare, e che sia quindi variabile nello spazio e del tempo”.

Alla seconda ipotesi è appunto collegato il ‘quinto elemento’ da cui siamo partiti, concreto ma quasi inafferrabile: una forma di energia ‘invisibile’ che possiamo studiare solo in maniera indiretta, cercando le tracce del suo passaggio. Una di queste tracce, è stato teorizzato, potrebbe annidarsi nella cosiddetta radiazione cosmica di fondo (cosmic microwave background – CMB), quella sorta di eco del Big Bang che stiamo imparando sempre più a conoscere: così, secondo quanto riportato da Nature, i due cosmologi giapponesi Yuto Minami ed Eiichiro Komatsu sono andati a studiarsi i dati della missione Planck dell’Esa, scoprendo qualcosa di molto interessante. “Non è semplice da spiegare in maniera non tecnica, ma proviamoci – inizia Cimatti, che ai temi dell’energia e della materia oscura ha dedicato anche un libro recentemente ristampato, L’universo oscuro. Viaggio tra i più grandi misteri del cosmo (Carocci, 2020) –. Partiamo dalla previsione teorica che, se l’energia oscura fosse un campo scalare, ci si aspetterebbe un fenomeno chiamato birifrangenza cosmica, che consiste nella rotazione su enormi distanze cosmiche del piano di polarizzazione della radiazione”.

Intervista di Daniele Mont D'Arpizio; montaggio di Elisa Speronello
L’energia oscura compone circa il 70% dell’universo, eppure di essa non sappiamo ancora praticamente nulla

La luce con cui abbiamo normalmente a che fare non è polarizzata – prosegue lo studioso –, in essa infatti il vettore elettrico invece che in una direzione ben precisa vibra in una serie di direzioni casuali e continuamente variabili. Al contrario la radiazione cosmica di fondo osservata dal satellite Planck, la più antica che conosciamo e quella che viene da più lontano, è polarizzata. Se in essa si riuscisse a registrare una leggera rotazione vorrebbe dire che c’è questo fenomeno della birifrangenza cosmica, quindi verrebbe indirettamente dimostrata l’esistenza dell’energia oscura”. Questa rotazione è stata osservata? “Minami e Komatsu di fatto propongono un metodo di rianalisi dei dati di Planck che dovrebbe ridurre gli effetti strumentali, in modo da riuscire a misurare questa eventuale rotazione. Il risultato c’è e non c’è perché, come ammettono gli stessi autori, siamo al limite della credibilità statistica: l’attendibilità è superiore al 99%, ma non è totalmente sicura. Si tratta di un angolo di appena 0,35°, con un margine di incertezza di 0,14°: una rotazione davvero minima ma comunque significativa”.

Siamo quindi al limite, ma è quanto basta per segnare l’inizio di un nuovo campo di ricerche. “Al momento non ci sono dati analoghi con cui fare confronti – continua Cimatti –, mentre per il futuro possiamo sperare che altre missioni spaziali permettano di verificare se la misurazione è vera. Se fosse corretta si tratterebbe di un risultato davvero rivoluzionario, destinato a toccare in profondità diverse questioni di fisica fondamentale”. Per esempio? “Prima di tutto verrebbe finalmente data risposta alla domanda più grande attualmente aperta in cosmologia: cos’è questa energia oscura, che assieme alla materia oscura arriva a comporre il 95% dell’universo. Un risultato da Nobel. Una volta capito questo si potrebbero poi aggiornare le equazioni della relatività generale che attualmente si usano in cosmologia, in modo da ottenere nuove stime sull’età universo, il suo tasso di espansione e soprattutto il suo futuro. Esso potrebbe infatti espandersi all’infinito oppure rallentare, fermarsi o addirittura tornare indietro collassando su ste stesso. Scenari che finora erano tutti aperti: aggiungere alle nostre conoscenze un tassello di questa importanza darebbe risultati di carattere fondamentale, sia nella fisica che nella cosmologia”.

Il cosmo insomma non è per forza condannato a divenire sempre più ampio e freddo: il suo destino potrebbe anche essere quello di un Big Crunch, per poi magari ripartire – chissà – con un nuovo Big Bang. Tutto merito del ‘quinto elemento’.