SOCIETÀ

Cacciatori di verità: la battaglia per la giustizia nei crimini nazifascisti

Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema, Civitella in Val di Chiana: nomi che ancora oggi suscitano un misto di sgomento, ira, angoscia e frustrazione. Anche perché quelle “operazioni” nazifasciste che causarono la morte di centinaia di persone, per lo più civili tra cui bambini e anziani, fino a pochi anni fa erano rimaste in gran parte impunite. “Nonostante il lungo tempo trascorso dalla data del fatto anzidetto, non si sono avute notizie utili per la identificazione degli autori e per l’accertamento delle responsabilità”: recita così il decreto di archiviazione del 1960 della procura generale militare di Roma riguardo le stragi compiute dai nazifascisti in Italia dopo l’8 settembre 1943. I fascicoli finiscono così nel cosiddetto ‘armadio della vergogna’ (secondo l’espressione coniata dal giornalista Franco Giustolisi), dal quale riemergeranno in maniera abbastanza rocambolesca solo nel 1994, nel corso delle indagini seguite alla cattura di Erich Priebke.

Per tanti anni ha fatto comodo cacciare le responsabilità di quegli eccidi sotto il tappeto della realpolitik: agli inizi degli anni Duemila, però, si creano le condizioni per fare finalmente chiarezza. Il 17 aprile 2002 il presidente tedesco Johannes Rau e quello italiano Carlo Azeglio Ciampi visitano insieme il sacrario di Marzabotto e i luoghi della strage nazista del settembre-ottobre 1944: è il segnale di una nuova collaborazione per fare insieme chiarezza sulle vergogne del passato. Tra i protagonisti della nuova stagione c’è anche un gruppo di giovani magistrati, tra cui l’allora procuratore militare di La Spezia Marco De Paolis, che nel corso dei 16 anni successivi dirigerà le indagini in oltre 500 procedimenti per eccidi di civili e militari italiani, portando a giudizio 17 processi e ottenendo 57 condanne all’ergastolo. Oggi il magistrato romano riveste l’importante ruolo di procuratore generale militare presso la corte militare d’appello di Roma, ma non dimentica un’esperienza alla quale ha dedicato numerosi libri, tra i quali l’ultimo – Caccia ai nazisti (Rizzoli 2023) – presenta con taglio divulgativo il difficile cammino per raggiungere una verità giudiziale e storica su alcune delle pagine più buie delle nostro vissuto nazionale.

Interviste di Daniele Mont D'Arpizio, montaggio di Barbara Paknazar

Più che di una vera e propria caccia si è trattato di accertare i fatti e soprattutto le responsabilità di persone in carne ed ossa con nomi e cognomi, non fantasmi irrintracciabili ed evanescenti – si schermisce De Paolis nell’intervista concessa a Il Bo Live in occasione del recente incontro con gli studenti dell’università di Padova –.  Un'attività giudiziaria che in questo caso ha trovato anche un grande fondamento etico nella straordinaria gravità dei fatti di sangue e di violenza che ne erano la base”. Il risultato più importante? “Quello di riaccendere l'attenzione del Paese su fatti in parte caduti nell'oblio, velenoso perché tendeva sostanzialmente ad annullarne o a sottostimarne la gravità, soprattutto perché poi si saldava all’impunità di centinaia di criminali. Al di là delle condanne il processo ha inoltre dato grande soddisfazione, una vera e propria ricompensa morale, alle vittime e ai sopravvissuti, che hanno potuto vedere finalmente un giudice, e quindi lo Stato, riconoscere la loro situazione […] Una pagina importante perché stabilisce una verità giudiziale che si traduce in una verità storica molto importante, non solo per le vittime ma anche per tutta la nostra collettività”.

Indagini molto particolari, quelle condotte negli ultimi anni sui crimini nazifascisti, anche perché hanno richiesto una grande collaborazione tra magistrati e studiosi (come ad esempio Paolo Pezzino, Carlo Gentile e Isabella Insolvibile, che hanno collaborato attivamente alle indagini come consulenti), nel tentativo di ricostruire con la maggiore fedeltà possibile il quadro degli eventi in cui si sarebbero verificate le condotte delittuose: quella ‘guerra ai civili’ (dal titolo del libro pubblicato da Paolo Pezzino e Michele Battini) che ha sconvolto il nord Italia tra il 1943 e la fine della guerra. “Credo sia stata una stagione davvero eccezionale ma spero che questa collaborazione non resti confinata solo a quegli anni” conferma Filippo Focardi, docente di storia contemporanea all’università di Padova, direttore del Casrec e direttore scientifico dell’Istituto Ferruccio Parri, che al tema ha dedicato numerosi libri e ricerche. “Un modello nel quale anche i giornalisti hanno avuto un ruolo importante, sia tedeschi come Udo Gümpel e Christiane Kohl, che sono andati sulle tracce proprio degli ex nazisti responsabili dei crimini di guerra, sia giornalisti italiani che, come Franco Giustolisi, si sono molto spesi per spingere la società italiana e le forze politiche a riaprire questa pagina veramente dolorosa della storia del Paese”.

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