SCIENZA E RICERCA

Climate summit di New York: la svolta sostenibile conviene

L'obiettivo è un'economia globale a zero emissioni nel 2050. Lo si raggiunge non a piccoli passi, ma a lunghe e decise falcate, una delle quali è la riduzione del 45% delle emissioni attuali entro il 2030. Per definire le strategie sono previste diverse tappe intermedie: a dicembre di quest'anno si terrà la Cop25 (Conference of the Parties) a Santiago del Cile, ma ancora più importante sarà quella di dicembre 2020 nel Regno Unito, a Glasgow, a 5 anni dagli accordi di Parigi, dove i singoli Stati dovranno presentare i rispettivi piani per il clima.

Nel frattempo il Segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha convocato a New York il Climate Action Summit, che ha inaugurato lunedì 23 settembre la settimana per il clima i cui risultati vengono discussi in questi giorni nel corso della 74/ma Assemblea generale dell'Onu, nel palazzo di vetro della United Nations Plaza.

Durissimo l'intervento di Greta Thunberg contro i leader mondiali, rei di aver rubato i sogni e l'infanzia suoi e di milioni di ragazzi e ragazze. Secondo l'attivista svedese, che cita i più aggiornati studi scientifici, l'obiettivo di ridurre le emissioni del 45% è poco ambizioso: avremmo solo il 50% della probabilità di mantenere il riscaldamento globale entro limiti tollerabili.

Cinqucento giovani provenienti da tutto il mondo erano stati protagonisti sabato 21 settembre dello Youth Climate Summit, tra questi anche l'italiana Federica Gasbarro, 24 anni, biologa.

L'intervento di Greta Thunberg al Climate Action Summit di New York

Della rilevanza dell'appuntamento newyorkese abbiamo parlato con Sandro Fuzzi, ricercatore all'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del Cnr di Bologna. Da 40 anni studia la chimica dell'atmosfera, è tra gli scienziati più citati al mondo nel campo delle geoscienze e ha partecipato alla stesura degli ultimi rapporti dell'Ipcc.

Sono almeno due le buone ragioni per cui la svolta sostenibile conviene. La prima ha a che fare con i vantaggi economici che derivano da una conversione del sistema energetico e produttivo; la seconda ha a che fare con un'opinione pubblica che sulle tematiche ambientali e climatiche si dimostra sempre più consapevole.

Sandro Fuzzi, Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del Cnr di Bologna, è tra i redattori degli ultimi rapporti dell'Ipcc

Diviso in 11 nuclei tematici, l'incontro sul clima ha visto la partecipazione dei leader politici di 66 Paesi e dei rappresentanti di imprese e società civile. Non è la sola mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici ciò di cui c'è bisogno, ma di una trasformazione delle economie globali per renderle sostenibili. Attesi erano gli interventi di Cina e di Russia, rispettivamente primo e quinto nella classifica dei Paesi che emettono più CO2 (in mezzo Stati Uniti, India e Unione Europea). E dal presidente russo Medvedev sono arrivati segnali positivi, dacché ha annunciato l'allineamento agli accordi di Parigi, senza pure averli ratificati.

Molti, troppi, gli assenti illustri: avevano già annunciato che non sarebbero intervenuti gli Stati Uniti di Donald Trump (che pure ha fatto una fugace e silenziosa comparsa al vertice per 15 minuti), il Brasile di Jair Bolsonaro (negazionista climatico come il collega statunitense), il Giappone di Shinzo Abe (ancora troppo legato all'economia del carbone – era presente tuttavia il giovane ministro dell'ambiente Shinjiro Koizuni), l'Australia, l'Arabia Saudita e la Corea del Sud. È stato proprio Guterres a non invitarli, per evitare sostanzialmente lo scontro aperto con i leader che non avevano un piano sul clima da presentare.

Secondo il Climate Action Tracker sono solo due i Paesi al mondo, il Marocco e il Gambia, le cui emissioni sono compatibili con il contenimento dell'aumento della temperatura globale entro i 1,5°C, obiettivi fissati dagli ultimi rapporti dell'Ipcc (Intergovernmental Panel on climate change). Tutti gli altri non stanno facendo abbastanza.

Le emissioni di gas serra continuano a incrementare senza dar segno di iniziare a scendere e se il trend non cambierà le temperature globali si alzeranno di almeno 3°C entro la fine del secolo. Gli ultimi quattro sono stati tra gli anni più caldi mai registrati; le temperature dell'Artico sono cresciute di 3°C dagli anni '90; i livelli dei mari si alzano a ritmo crescente (3 mm annui 20 anni fa, 5 mm annui oggi); nel giro di qualche decennio dovremo aspettarci la scomparsa di molti ghiacciai alpini e lo scioglimento totale dei ghiacci dell'Artico; le barriere coralline stanno morendo e il tasso di estinzione delle specie viventi è tale da costituire la sesta estinzione di massa nella storia della Terra. La crisi climatica sarà causa di crisi sociali in moltissime aree: la scarsità delle risorse idriche e il calo della resa dei terreni porteranno milioni di persone a migrare alla ricerca di condizioni di vita sostenibili.

Venerdì 27 settembre è in programma un altro importante appuntamento per i più giovani: dopo quella del 15 marzo scorso, milioni di studentesse e studenti scenderanno nelle piazze di tutto il mondo per la manifestazione globale FridaysForFuture in difesa del clima. Il ministro dell'istruzione Lorenzo Fioramonti ha invitato i docenti e i presidi a giustificare gli studenti che dovessero marinare la scuola per la causa climatica. La Germania ha appena annunciato un Green New Deal da 100 miliardi complessivi spalmati nei prossimi anni. Anche dall'Italia c'è da attendersi una manovra analoga, seppur di portata più modesta. Quello che arriva dal Miur è allora un modo, del tutto particolare, per dire che sul fronte ambientale almeno da questo nuovo governo forse ci si può aspettare qualcosa.

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