Maria Van Kerkhove, capo dell’unità per le malattie emergenti e le zoonosi dell’Oms. Reuters
Alla conferenza stampa dell’Organizzazione mondiale di sanità tenutasi lunedì 8 giugno, Maria Van Kerkhove, capo dell’unità per le malattie emergenti e le zoonosi dell’Oms, ha dichiarato che la trasmissione del virus da parte di individui asintomatici è molto rara. Ha successivamente chiarito la sua posizione spiegando che la questione è molto complessa e non esiste ancora una risposta definitiva a riguardo.
Nel frattempo un gruppo di ricercatori australiani ha tentato di raccogliere le informazioni disponibili in letteratura scientifica passando in rassegna tutti gli studi disponibili sugli asintomatici. La scarsa disponibilità di dati non consente di trarre conclusioni definitive, ma le informazioni disponibili, cui è associato un ampio margine di incertezza, per ora stimano che il tasso di trasmissione degli asintomatici varia da 0% a 2,2%, mentre lo stesso valore per i sintomatici varia da 0,8% al 15,4%.
Our estimate of asymptomatic #COVID19 rate is 16%. Find out how we reached this conclusion and why some highly-publicised reports of higher rates did not make the cut below (Search update currently underway) @EricTopol @Institute4EBH https://t.co/mrWhllvfOo
— Oyuka Byambasuren (@OyukaMDPhD) May 15, 2020
“Abbiamo una serie di report da Paesi che stanno facendo un tracciamento dei contatti molto dettagliato e che stanno monitorando gli asintomatici e non stanno trovando trasmissioni secondarie. Sono molto rare” ha dichiarato in coferenza stampa Maria Van Kerkhove lunedì 8 giugno. “Molti dei dati” ha riportato Van Kerkhove, “non sono pubblicati in letteratura. Guardando ai paper che sono stati pubblicati, ce n’è uno da Singapore relativo a case di cura, ci sono studi di trasmissione in contesto domestico in cui si monitorano gli individui nel tempo e si vedono quelli che fanno proseguire la trasmissione. Studiamo continuamente questi dati e tentiamo di ricavarne informazioni per rispondere veramente a questa domanda e sembra che sia ancora raro che un asintomatico alimenti la trasmissione”.
Le dichiarazioni di Van Kerkhove in realtà non sono una novità: sin dall’inizio dell’epidemia l’Oms ha raccomandato ai Paesi membri di concentrare i propri sforzi sui casi sintomatici. Posizione ribadita anche lunedì scorso: “Quello su cui ci vogliamo concentrare è seguire i casi sintomatici, perché sappiamo che c’è un patogeno respiratorio che si trasmette attraverso goccioline infettanti. Se seguiamo tutti i casi sintomatici, li isoliamo, seguiamo i loro contatti e li mettiamo in quarantena, ridurremmo drasticamente la trasmissione”.
Media briefing on #COVID19 with @DrTedros https://t.co/OpAU2fsxlR
— World Health Organization (WHO) (@WHO) June 8, 2020
In una trasmissione live con domande e risposte, la rappresentante dell’Oms ha successivamente chiarito la sua posizione e quella dell’agenzia dell’Onu: “Stavo rispondendo a una domanda in conferenza stampa, non stavo esponendo una posizione ufficiale dell’Oms. Stavo tentando di articolare quello che sappiamo. Ho usato l’espressione “molto rara”, ma penso che sia un fraintendimento asserire che la trasmissione da asintomatici sia molto rara a livello globale. Mi stavo riferendo a un ridotto gruppo di studi”. Van Kerkhove ha aggiunto che la questione è molto complessa e che non esiste ancora una risposta definitiva a riguardo del ruolo degli asintomatici nella trasmissione del virus.
Live on #COVID19 transmission with @DrMikeRyan & Dr @mvankerkhove. #AskWHO https://t.co/k1eZI2l4ML
— World Health Organization (WHO) (@WHO) June 9, 2020
Nonostante le precisazioni, le parole della rappresentante dell’Oms hanno scatenato le reazioni di scienziati in tutto il mondo che si dicono convinti del ruolo giocato dagli asintomatici nella diffusione dell’epidemia. L’immunologa dell’università di Padova, Antonella Viola, intervistata dalla collega Barbara Paknazar, si è detta sorpresa dalla dichiarazione di Maria Van Kerkhove: “gli studi presenti indicano che c’è una possibilità di contagio da parte degli asintomatici, anche se è vero che una questione molto importante è andare a distinguere i veri asintomatici dai pauci-sintomatici, coloro che hanno avuto dei sintomi lievi. Ma diciamolo con chiarezza: lo studio di Vo’ che conosciamo così bene ha dimostrato che c’è un ruolo degli asintomatici nel contagio”.
Antonella Viola si dice sorpresa delle dichiarazioni sugli asintomatici di Maria Van Kerkhove. Intervista e montaggio di Barbara Paknazar
Ancora più netta la posizione di Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, che ha dichiarato all’agenzia Adnkronos: “gli asintomatici trasmettono e basta, questa è la realtà”. Crisanti ha diretto proprio lo studio epidemiologico nel comune di Vo’ Euganeo, trovando che la percentuale di asintomatici era molto alta, circa il 43% dei positivi al tampone. Nel lavoro, sottoposto a Nature e disponibile in preprint su MedRxiv, viene riportato non solo che alcuni individui asintomatici hanno alimentato la trasmissione dell’infezione in contesto domestico dopo l’istituzione della quarantena, ma anche che hanno trasmesso il contagio prima del lockdown.
Lo studio di Crisanti trovava anche che la carica virale, ovvero la quantità di virus rinvenuta dai tamponi, era analoga tra sintomatici e asintommatici. Restando in Italia, lo stesso dato sulla carica virale era stato trovato dai ricercatori lombardi che hanno ricostruito l’andamento dell’epidemia in Lombardia.
In un’intervista a Radio24 Crisanti ha ricordato che “in tutte le malattie infettive gli asintomatici sono pericolosi, tranne l’Ebola che è contagiosa solo in presenza di sintomi. Nella tubercolosi, la malattia più diffusa al mondo, gli asintomatici sono l’80%. Il morbillo e la varicella si trasmettono quando ancora le persone stanno bene. Gli asintomatici svolgono un ruolo cruciale nella biologia degli agenti patogeni per trasmettersi. Questo è anche logico” aggiunge Crisanti: “una persona che sta male sta a letto e ha una ridotta vita sociale, mentre gli agenti patogeni sfruttano il nostro comportamento per trasmettersi. Quindi sono selezionati positivamente tutti gli agenti patogeni che hanno una fase asintomatica o che fan sì che una frazione della popolazione rimane asintomatica. È una questione di genetica e selezione naturale”.
Crisanti, che spesso ha mosso dure critiche all’operato dell’Oms, nell’intervista a Radio24 ha invece dichiarato che “noi abbiamo bisogno di un’Organizzazione mondiale della sanità”, che sia però “diversa e indipendente”. E ha aggiunto: “Trump ha fatto un errore a ritirare i finanziamenti dall’Oms perché l’ha resa così più vulnerabile a influenze esterne. Invece l’Oms deve essere finanziata esclusivamente da Stati membri senza influenze esterne di finanziatori privati o aziende farmaceutiche”. Secondo Crisanti inoltre i dati sull’epidemia provenienti dalla Cina, e su cui l’Oms ha calibrato le prime linee guida, non sono completi: “i cinesi hanno fornito solo la parte finale della curva, manca la parte esponenziale. C’è stata mancanza di trasparenza”.
Ora una ricerca della Harvard Medical School, come riporta anche The Guardian, suggerisce che il virus fosse presente a Wuhan già ad agosto.
Today @WHO has updated its guidance on who should wear a mask, when it should be worn and what it should be made of based on evolving evidence: https://t.co/b3NvzCyerL #COVID19 pic.twitter.com/TvytnSRcw8
— Tedros Adhanom Ghebreyesus (@DrTedros) June 5, 2020
Tornando alla questione degli asintomatici e della loro capacità di trasmissione, l’Oms il 5 giugno ha diffuso nuove linee guida sull’utilizzo delle mascherine. In precedenza l’Oms non aveva direttamente consigliato l’utilizzo delle mascherine da parte del pubblico (le aveva invece raccomandate a categorie specifiche come operatori sanitari) in quanto non disponeva di prove sufficienti che dimostrassero la loro efficacia. Ora ne consiglia l’utilizzo anche da parte del pubblico, specificando che da sole non possono essere ritenute una misura sufficiente a prevenire la trasmissione dell’infezione e che altre misure di distanziamento e precauzione devono continuare ad essere adottate.
Nel rapporto dell’Oms vengono anche aggiornate le conoscenze a riguardo della trasmissibilità del virus da parte di sintomatici, pauci-sintomatici (individui con sintomi lievi), pre-sintomatici (individui che devono ancora sviluppare i sintomi al momento del tampone) e asintomatici (individui che sono positivi al tampone ma che non svilupperanno mai sintomi della malattia). Il documento riporta che sono noti casi di trasmissione da parte di pauci-sintomatici, pre-sintomatici e finanche asintomatici. La carica virale raggiunge il picco di concentrazione un paio di giorni prima del manifestarsi dei sintomi della malattia, pertanto persone che si ritengono in salute possono contribuire inconsapevolmente alla trasmissione del virus. Il rapporto Oms sottolinea però che le infezioni dovute alla trasmissione alimentata da asintomatici sono molto meno probabili di quelle trasmesse da individui con sintomi, confermando di fatto quanto espresso da Maria Van Kerkhove l’8 giugno.
Nel documento del 5 giugno viene anche riportato che “considerando gli studi disponibili sulla trasmissione da parte di pre e asintomatici e una serie di crescenti evidenze osservazionali (…) l’Oms ha aggiornato le sue linee guida consigliando che (…) i governi incoraggino il pubblico a indossare maschere in situazioni specifiche (si veda Tabella 2)”.
Quindi se da un lato l’Oms dichiara che la trasmissione da asintomatici sia “molto meno probabile” o “molto rara”, dall’altro cambia linee guida sull’utilizzo delle mascherine basandosi anche (ma non esclusivamente) sulle nuove conoscenze a riguardo della trasmissione da asintomatici e pre-sintomatici.
E per quanto riguarda le nuove conoscenze a disposizione dell’Oms a riguardo della capacità di trasmissione da parte degli asintomatici, il documento del 5 giugno riporta in bibliografia un lavoro di meta-analisi proprio su quello che si sa ad oggi sugli asintomatici. Il lavoro è pubblicato in preprint, dunque non ha ancora passato la peer review, sul database MedRxiv, è stato condotto da ricercatori australiani ed ha passato in rassegna 998 articoli scientifici che trattano il tema degli asintomatici. Purtroppo la maggior parte dei lavori considerati contiene limitazioni, sostengono gli autori, che non consentono di giungere a conclusioni affidabili: tra questi lo studio epidemiologico della nave Diamond Princess e quello sull’intera popolazione islandese che, secondo gli autori, non opera una netta distinzione tra asintomatici e presintomatici.
9 articoli scientifici però sono stati ritenuti a basso rischio di contenere potenziali errori (bias): tra questi il lavoro di Vo’ Euganeo di Andrea Crisanti (Lavezzo et al).
Byambasuren et al. 2020, MedRxiv. 9 studi a basso rischio di errore che hanno considerato 21.035 individui, trovandone 559 positivi, di cui 83 asintomatici
Se a Vo’ era stato trovato che il 43% dei positivi al tampone era asintomatico, altri studi trovano percentuali minori. Facendo una media, i ricercatori australiani ritengono che secondo le evidenze disponibili pubblicate si possa ritenere che gli asintomatici rappresentino tra il 15% e il 16% delle infezioni rilevate. Un valore che è ancora una volta, probabilmente, una sottostima della reale percentuale, poiché si pensa che la diffusione dell’epidemia sia stata molto più ampia di quella che i dati ufficiali sono stati in grado di rilevare. Gli asintomatici sono difficili da individuare e l’assenza di una prova non è prova di un’assenza. Anthony Fauci, ad esempio, in una recente intervista al canale del Journal of American Medical Assosiation (Jama Network) ha detto che “all’inizio si pensava che la percentuale di asintomatici fosse intorno al 5%. Accrescendo le nostre conoscenze abbiamo visto che erano molti di più, probabilmente il 25%. E alcune stime dicono addirittura che arrivano al 50%”.
Riguardo alla capacità di trasmissione dal parte degli asintomatici, lo studio in preprint ritiene che anche i 9 selezionati lavori non sono scevri da limitazioni. Infatti solo 4 di questi sarebbero in grado di riportare correttamente dati sulla trasmissione secondaria da parte di soggetti asintomatici. In ogni caso i dati sono troppo pochi per giungere a solide conclusioni: quelle parziali e con ampio margine di incertezza dicono che il tasso di trasmissione degli asintomatici varia da 0% a 2,2%, mentre lo stesso valore per i sintomatici varia da 0,8% al 15,4%.
Byambasuren et al. 2020, MedRxiv. Solo 4 studi tra quelli analizzati sono in grado di riportare i dati sulla trasmissione secondaria degli asintomatici
Gli autori del lavoro concludono che la prevalenza di asintomatici e la loro capacità di trasmissione è più bassa di quella trovata da altri studi, ma sufficiente per far attivare politiche di prevenzione. Ulteriori e più robuste evidenze sono però urgenti e necessarie per dirimere una questione, che non è più solo una competizione tra ricercatori che difendono ipotesi diverse, ma che si è trasformata in un conflitto istituzionale internazionale.
Abbiamo già visto che il disaccordo tra ricercatori è una componente costitutiva della scienza. Può venir frainteso per debolezza, se si crede che la scienza sia una fabbrica di certezze, quando invece fa parte del naturale processo esplorativo della scienza.
Tuttavia dobbiamo guardarci da un eccessivo inasprimento del conflitto, perché quando il dibattito si fa eccessivamente polarizzato e i toni troppo accesi è difficile distinguere i fatti dalle opinioni: l’arrocco sulle posizioni difese da ciascuna parte impedisce di lasciar spazio all’oggettività, ciascuno vuole prendere parte allo scontro schierandosi come in una tifoseria con una delle due fazioni, la testardaggine sostituisce l'onestà intellettuale e il principio di identità finisce per vincere su quello di verità.
Abbiamo già visto come la polarizzazione del dibattito sull’idrossiclorochina potrebbe impedire il futuro svolgimento di trial clinici oggettivi, rendendo difficoltoso il reclutamento di persone disponibili a partecipare agli studi sul farmaco. Comprendere il ruolo degli asintomatici nella diffusione dell’epidemia è cruciale per calibrare le corrette politiche sanitarie. Non possiamo permetterci di rinunciare a questa informazione perché una parte non è disposta ad ascoltare le posizioni dell’altra.