Una veduta panoramica di Marsiglia
Il mondo vegetale conosce da sempre un proprio fenomeno migratorio, non solo passivo, seppur diverso da quello straordinario e variegato del mondo animale. Le specie vegetali (e alcune, pochissime, specie animali) sono sessili: i singoli individui vivono ancorati al substrato e non hanno attiva capacità di movimento, tanto meno di migrazione. Si parla infatti di migrazioni passive per le piante e forse è un concetto troppo restrittivo. La distribuzione delle specie vegetali avviene attraverso il cambio di habitat dei discendenti, attraverso il movimento dei semi. Per garantire sopravvivenza alle specie, l’evoluzione ha trasformato (se così si può dire) le piante in attrazioni chimiche per far portare altrove i frutti e i semi, tramite gli animali, oltre che tramite acqua e vento: cambia spazio o habitat (e qualche volta ecosistema) il futuro discendente, non il progenitore.
La migrazione intergenerazionale delle vite vegetali presenta infinite variabili: il caso, ovviamente; il “movimento” di informazioni e nutrienti; la propagazione vegetativa del patrimonio genetico (riproduzione asessuata); una direzionalità genetica attiva, più o meno veloce, legata alle specie animali che spostano semi e polline; una direzionalità genetica forzata legata ai cambiamenti climatici; una dinamica evolutiva straordinaria di strumenti per domesticare animali a proprio uso e consumo, riproduttivo e diffusivo. Spesso siamo stati protagonisti e sempre testimoni delle migrazioni di piante: i semi possono restare vivi nel terreno, nella terra movimentata, nei sassi, nei legni, nella sabbia, per centinaia di anni. Con le nostre navi per millenni abbiamo inconsapevolmente trasportato ovunque specie che sono poi cresciute accanto ad altre in ecosistemi lontanissimi.
Le piante sono viventi meno passivi e insensibili di quel che si tende a credere, hanno sviluppato sistemi diversi (dagli animali) per adattarsi a ogni contesto, per resistere, percepire e sentire. Nascono, crescono, si riproducono, comunicano, imparano, socializzano, ma hanno adottato l’opzione sessile, radicata, con straordinaria plasticità fenotipica (adattamenti morfologici senza cambiamenti genetici). A differenza degli animali, non hanno centri di comando o veri e propri organi: le funzioni sono distribuite su tutto il corpo, potendo così resistere ad asportazioni massicce, vivendo più come collettivo che come individuo. Non hanno muscoli per spostarsi o capacità attiva di migrazione; tuttavia, in miliardi di anni di evoluzione, hanno comunque inventato modi per muoversi un poco “attivamente”, per riprodursi lontano e difendersi, usando altri vettori e producendo molecole d’ambiente.
Sono stati evidenziati alcuni movimenti attivi (che richiedono consumo di energia interna) e tantissimi movimenti passivi delle piante. Anche il concetto di espansione dell’areale (la superficie su cui dimora la specie) viene dalle piante: sono incontenibili, gli alberi più “lenti” riescono a fare centinaia di metri l’anno, la stessa specie si trova oggi a grandi distanze per gli antichissimi areali poi disgiuntisi. Certamente le piante non hanno capacità di fuggire repentinamente dagli improvvisi eventi estremi, geomorfologici e climatici, che accompagnano l’evoluzione accanto ai noti processi più lenti, talora ciclici e inarrestabili, come desertificazione, siccità, innalzamento del mare. Gli animali sono certamente agentivi, possono fuggire, ma fuggire è un’alternativa dispendiosa: presuppone tempo, sforzo, energia. Non è detto che per allontanarsi da un pericolo si cambi habitat o addirittura ecosistema, in linea di massima non si migra se si continua ad avere accesso all’acqua e agli alimenti.
La fuga è un’opzione, come la lotta o il riparo. Abbiamo visto che proprio la fuga è uno dei primi atti che fanno riconoscere la primordiale insorgenza di un’agentività animale centinaia di milioni di anni fa. Il mondo vegetale non prevede questa opzione, tuttavia questo non significa che non conosca il fenomeno migratorio. Se esiste un’atmosfera respirabile per gli animali è grazie alle piante, ma loro ne fanno parte comunque e, quindi, è la possibilità di cambiare repentinamente residenza che assume un significato diverso per gli animali. Le piante non camminano né corrono, non sono capaci di privilegiare un punto specifico dello spazio: sono immerse in un habitat, vi risiedono intrattenendo strette relazioni (meno selettive) con quanto le circonda. A un certo punto della loro evoluzione hanno cominciato a spingersi fuori dagli oceani, sulla terraferma, riproducendosi tramite le spore (forse addirittura già 500 milioni di anni fa) e consentendo un abbassamento dell’anidride carbonica, un aumento dell’ossigeno in atmosfera e l’arricchimento del suolo da parte di sostanze organiche (quindi anche l’arrivo del mondo animale).
Le piante hanno cominciato a dotarsi di foglie per una fotosintesi più efficace e poi, circa 390 milioni di anni fa, di radici, per acquisire e interpretare più informazioni sull’habitat. Più tardi, circa 140 milioni di anni fa, si sono dotate dei semi e dei fiori per riprodursi meglio (le migliaia di specie di insetti errabondi entrano in gioco solo da circa 50 milioni di anni fa), poi ancora dei frutti, per proteggere i semi e attirare agenti della migrazione della progenie. Con le foglie danno ritmo, ossigeno e nutrienti agli ecosistemi; con le radici riescono comunque a entrare in contatto (grazie alle infezioni fungine) con gli individui vicini per gestire collettivamente la sopravvivenza e le ereditarie simbiotiche reti sotterranee; con i fiori provocano interazioni con altre specie (insetti soprattutto) per la riproduzione, che in genere avviene altrove (manifestazione di un fenomeno migratorio). In questo senso, cambiamenti climatici e migrazioni vegetali sono elementi di dinamiche connaturate.
Il clima ha determinato non solo fughe delle specie animali, ma anche molte altre forme del fenomeno migratorio: ampliamenti, contrazioni, dispersioni, espansioni e diffusioni degli areali, pure invasioni di nuovi habitat ed ecosistemi da parte di specie invasive predatrici. Le migrazioni animali sono connesse agli areali e alle migrazioni vegetali. Le migrazioni umane sono connesse agli areali e alle migrazioni vegetali e animali. I fenomeni migratori riguardano individui di una specie, le specie, i generi, le famiglie e così via, l’insieme del mondo biologico, in modo interrelato e interdipendente, nessuno può prescinderne. Il nostro programma genetico animale e umano deriva originariamente dalle forme di vita unicellulari, lentamente e biodiversamente evolute; condividiamo i geni e alcune loro funzioni con molti altri organismi unicellulari (con o senza nucleo) e pluricellulari; non abbiamo ereditato da un antenato comune nemmeno tutto il nostro dna, virus autoreplicanti si sono lì innestati. Sono immigrati in noi.
Gran bella idea, dunque, che a Marsiglia abbiano pensato a un giardino delle migrazioni vegetali. Sono dieci anni che Le Jardin des Migrations è aperto, l’ingresso è libero, vale una visita e qualche ora di attenzione stupita, a disposizione durante tutto l'anno, indipendentemente dai periodi di fioritura. Situato all’interno del MuCEM (Museo della Civiltà Europea e Mediterranea) con splendida vista sui porti vecchio e nuovo di Marsiglia, punto di arrivo e di partenza di tante nazioni e piante diverse, emblema di mescolanze e meticciati, mixitè naturale sociale culturale. Il giardino fu inaugurato nel 2013 come parte del MuCEM, il “luogo” divenuto attrazione cruciale della Marsiglia contemporanea, pensato per celebrare l’intitolazione a Capitale Europea della Cultura 2013, evento che ha lasciato tante altre tracce positive permanenti (sulle capitali europee e italiane della cultura vedi qui).
Sia il “cubo” del MuCEM che il giardino delle migrazioni vegetali sono situati accanto al Forte Saint-Jean del 17° secolo. Lo spazio verde secco occupa più di 10.000 m², come una sorta di enciclopedia mediterranea di piante, organizzata in quindici “quinte”, quindici diverse aree tematiche, che superano una forzata distinzione tra autoctono ed esotico, fra alieno e aborigeno. Una meraviglia.
Ecco i significativi titoli delle quindici: il "Cortile degli Aranci"; il giardino profumato del Comandante o "Giardino dei Mirti" (vialetto costeggiato anche da melograni); il "Giardino dello Zafferano"; le "Insalate” selvatiche del forte, ovvero piante spesso considerate “infestanti” come il cardo mariano, la piantaggine corno di cervo, la malva, il cicerbio, caratteristiche dei terreni incolti, oggi relegati ai margini delle strade, e tuttavia utili in più di un modo; i fichi sospesi, “appesi" o “pendenti”; il sentiero delle “aromatiche", profumi di timo, salvia, santoreggia, origano, lavanda, ad altezza d'uomo, incoraggia il tatto e rivela profumi familiari; lì accanto “le potager”, l’orto mediterraneo, pomodoro, zucchina, peperone, melanzana, che sanno di scambio colombiano e di immigrazioni antiche; il "Giardino del Vento"; l'aia “de battage” (della trebbiatura del grano); i giardini “di collina”, mosaico di paesaggi e terrazze coltivate, macchia, prato fiorito, filari di vite, frutteto (con agevoli tavoli da picnic, ombreggiati dagli ulivi); i boschetti di lecci verdi e bianchi; l’emblematico percorso “etno-botanico" lungo tutta la passerella sospesa con eccezionale vista sulla città, piante curative, segrete, stregate, religiose, mistiche, mitologiche (pure per pozioni d'amore e veleni, comprese le farmacopee ebraiche, musulmane e cristiane sulle diverse sponde del Mediterraneo); le sette erbe curative “di San Giovanni”, achillea, artemisia, semprevivo, edera macinata, margherita selvatica, erba di San Giovanni, salvia, un tempo raccolte per allontanare gli incantesimi la mattina del 24 giugno (natività di San Giovanni Battista, lo stesso santo che ha dato il nome al forte attiguo); il giardino di ailanto; infine il giardino della canebière e delle auffes (le famose strade per la canapa e dei pani).
Le Jardin des Migrations è così divenuto uno dei migliori parchi e giardini di Marsiglia, perfetto per passeggiate e picnic, utile per spunti e conoscenze di vita quotidiana nel proprio ecosistema, una giornata rilassante e tranquilla ideale per bambini e famiglie, aperto tutti i giorni, tranne il martedì, negli orari del MuCEM, dalle 11 alle 19 (in estate dalle 10 alle 20). Ovviamente, lo spazio è complessivamente piccolo, non aspettatevi dimensioni comparabili con gli ettari estesi e le piante immense di grandi giardini botanici presenti in tante città italiane ed europee. Ovviamente, l’impostazione sensoriale e didattica è coerente con il contesto culturale, non cercate spiegazioni approfondite e organiche, colori odori respiri incroci devono parlare da sé senza approfondimenti storici e scientifici. Ovviamente, la destinazione è di passaggio riposante, incuneata rispettosamente fra la cultura mediterranea delle esposizioni del museo, temporanee e permanenti (che partono dai porti migratori del Cinquecento e Seicento), e il valore possente di torri e fortificazioni su entrambi i lati del piccolo accesso marino al vecchio porto. Ovviamente, il migrare è uno spunto, un aiuto a comprendere come clima e altre specie abbiano sempre indotto migrazioni “forzate” di piante e vegetali e come ciò sia divenuto contenuto sostanziale della biodiversità planetaria (da quasi un anno abbiamo peraltro iniziato un viaggio fra i musei delle migrazioni ai quali il giardino marsigliese può essere in qualche modo associato).
Ovviamente, infine, sono le intere Marsiglia e Provenza da visitare con gusto e competenza. La Provenza è notoriamente quella splendida regione meridionale francese che va dal fiume Rodano a ovest praticamente fino all’Italia a est, connessa amministrativamente ad Alpi e Costa Azzurra, scendendo dai monti e dalle colline (della lavanda, degli ulivi, di gran vini) al Mediterraneo. Marsiglia è la storica capitale, da sempre primo porto di Francia (quarto a livello europeo); seconda municipalità per abitanti, oggi poco meno di un milione; crocevia di migrazioni e commercio sin dalla sua fondazione a opera dei Greci nel 600 a.C. (non a caso sabato 23 settembre 2023 papa Francesco ha scelto Marsiglia per parlare di frontiere di pace e migrazioni mediterranee, partecipando a un momento di preghiera per i dispersi in mare nella chiesa di Notre-Dame-de-la-Garde). La “scoperta” della città può partire da uno qualsiasi dei tanti quartieri o aree che accerchiano gli antichissimi Vieux Port e Panier: Joliette; Noailles, La Plaine e cours Julien; Préfecture, Castellane e Prado; Canebière, Belsunce, Longchamp e Belle de Mai; La Corniche, Endoume e Notre-Dame-de-la-Garde; inoltre, possibilmente in barca (almeno per mezza giornata), le costiere Calanques e l’arcipelago delle Îles du Frioul (fra cui If, con il mitico castello, simbolo delle isole carcere).