SCIENZA E RICERCA

L’importanza dell’assertività quando si comunica la scienza

Secondo il primo assioma della comunicazione umana di Paul Watzlawick, è impossibile non comunicare. In compenso, comunicare in maniera efficace è un altro paio di maniche, specie quando si parla di comunicazione scientifica e di divulgazione.
Ci sono grandissimi scienziati, docenti e ricercatori che, pur essendo bravissimi nel loro campo, si sono abituati a parlare con una platea di persone disponibili al dialogo e all’apprendimento. La loro reazione non sarà sicuramente la stessa di un pubblico ostile, o anche semplicemente perplesso, ed è bene metterlo in conto, facendo il possibile per far arrivare il messaggio anche a chi rischia di alzare un muro di fronte alle nostre parole.

C’è da dire che dopo il periodo del Covid si sono fatti passi da gigante in questo senso, perché si è giunti alla piena coscienza dell’importanza di una corretta comunicazione scientifica, destinata non solo agli addetti ai lavori, ma anche a tutte le persone che non necessariamente erano propense al ragionamento scientifico, e che magari si trovano spiazzate da quell’infodemia che rendeva molto difficile scremare le fonti.
Una soluzione possibile è quella di utilizzare la comunicazione assertiva, che riveste un ruolo cruciale nei rapporti interpersonali, ma che in ambito scientifico diventa ancora più significativa. Questa modalità comunicativa consente a scienziati e divulgatori di condividere idee in modo chiaro e rispettoso, promuovendo una discussione costruttiva e la diffusione delle novità scientifiche.

Ma come funziona e quali sono gli elementi chiave della comunicazione assertiva? E quali sono le sfide specifiche che gli scienziati e i divulgatori possono trovarsi ad affrontare nel comunicare nel loro contesto? Lo abbiamo chiesto a Gabriele Tedesco, esperto di comunicazione assertiva, che ne parlerà anche al Convegno nazionale di Comunicazione della scienza della Sissa.

Servizio e montaggio di Anna Cortelazzo

Gabriele Tedesco spiega di cosa si tratta e perché è importante nell’ambito scientifico: “La comunicazione assertiva è uno strumento e anche uno stile comunicativo che permette di interagire con singole persone o gruppi tutelando la propria posizione, le proprie idee, la propria visione del mondo rispettando nello stesso tempo la visione del mondo, le idee e i valori degli interlocutori. Questo permette di ottenere uno stato di ascolto reciproco che è la situazione ottimale per uno scambio di informazioni efficace”.
Non bisogna infatti confondere la comunicazione assertiva e quella persuasiva. La prima può in effetti portare a persuadere un’altra persona, ma non è quello il suo obiettivo: idealmente lo scopo della comunicazione assertiva è il confronto sereno tra due posizioni, dal quale potrebbe anche emergere una terza via che sia una forma di compromesso tra le prime due.

“Reputo la comunicazione assertiva molto importante – precisa Tedesco – perché spesso durante le conversazioni, magari senza accorgersene, viene attaccata l’idea altrui, e questo porta l’interlocutore a chiudersi, arroccandosi nella sua idea iniziale e alzando un muro comunicativo, così non farà altro che aspettare il suo turno per parlare e dire la sua. Grazie alla comunicazione assertiva, invece, si può evitare che questo accada, migliorando la qualità e lo scambio delle informazioni”.
È facile immaginare quanto un approccio di questo tipo possa essere importante quando si parla di scienza, cioè di una disciplina sempre aggiornabile nel caso di nuove scoperte. Inoltre per scienziati e divulgatori l’ascolto è fondamentale anche quando l’interlocutore si trova dalla parte del torto: conoscere le obiezioni più tipiche è uno dei primi passi per prevenirle quando ci si confronta con una platea non omogenea, non tanto per convincere chi è già ostile, ma per rassicurare e informare chi si fa delle domande e magari è spaventato da una certa situazione.

Tedesco rileva inoltre come sia difficile che qualcuno possa reagire negativamente alla comunicazione assertiva, e che nella peggiore delle ipotesi l’interlocutore si arroccherà nella sua idea come se questa tecnica non fosse stata usata, quindi, di fatto, non abbiamo nulla da perdere. “Ogni tanto capita – aggiunge Tedesco – che qualcuno utilizzi una comunicazione persuasiva, ed è per questo che l’interlocutore si arrocca in una posizione difensiva. Chi vuole persuadere qualcuno, però, lo fa a prescindere dalla comunicazione assertiva, che è uno strumento e quindi come tale può essere utilizzato con intenti diversi a seconda del nostro scopo e avere quindi un utilizzo etico o meno etico”.

Poi ci sarebbe da aprire un altro capitolo, che è quello della comunicazione non verbale, ovvero l’insieme di tutti quei gesti e quelle espressioni che vanno a integrare la comunicazione verbale (le parole che diciamo) e la paraverbale (il modo in cui le diciamo, che include il volume, il tono di voce e la velocità dell’eloquio). Tutte queste modalità devono essere coerenti con la comunicazione assertiva, altrimenti è facile che chi ci sta davanti senta, non necessariamente a livello conscio, che qualcosa “stride”, per così dire, e il risultato potrebbe essere, anche in quel caso, una reazione di difesa. Non sappiamo quanto incida la comunicazione non verbale nell’efficacia della trasmissione del messaggio, ma alcuni studi arrivano a ipotizzare un 70%: “La qualità della nostra comunicazione – spiega Tedesco – può migliorare nel momento in cui utilizziamo il nostro corpo in maniera consapevole. Per chi volesse approfondire, c’è un bellissimo ted talk di Mark Bowden che si intitola The importance of being inauthentic in cui si parla di una comunicazione non verbale mirata all’apertura verso il nostro interlocutore: ci mettiamo di fronte a lui, gesticolando con i palmi delle mani rivolti verso l’alto, e questo porta l’altra persona a sentirsi non attaccata e quindi più aperta al dialogo. Il risultato è una comunicazione migliore, soprattutto se riusciamo ad abbinare a una comunicazione non verbale di questo tipo una comunicazione assertiva”.

Le tecniche da utilizzare sono estremamente semplici, e tutti si possono cimentare nell’impresa, perché è soprattutto questione di esercizio, visto che spesso non si è abituati ad utilizzare questo strumento. Per quanto riguarda le tecniche, Tedesco fa l’esempio dell’eliminazione delle negazioni: i “no”, i “non” e anche i “ma”. Entrando nello specifico, se per esempio parliamo di cambiamento climatico con qualcuno che lo nega, potremmo dire “Ma non hai letto i report dell’IPCC?” oppure “Comprendo ciò che dici, tuttavia è anche vero che ci sono dei rapporti che affermano…”. Il messaggio è lo stesso, ma nel primo caso ci sono più possibilità di trovarsi davanti a un muro, con una persona che si sente attaccata e chiude la comunicazione. “Con la comunicazione assertiva – conclude Tedesco – si riesce a mantenere uno stato di ascolto e di scambio reciproco, in modo tale da poter aggiungere delle informazioni nuove e arricchire la visione del mondo la altrui e anche, magari, la nostra”.

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