SOCIETÀ

World report 2024: la doppia morale dei governi sui diritti umani

Quando si parla di diritti umani, nel 2023, la mente non può non andare a Gaza. È solo l’ultimo grande conflitto apertosi nel mondo, l’ultima grande barbarie ancora in corso. Purtroppo però sappiamo non essere l’unica e leggere il World report sui diritti umani ci fa capire come troppo spesso anche se ci sentiamo assolti, saremo per sempre coinvolti.

Si può riassumere così l’incipit del rapporto che mette in evidenza come proprio i governi che potrebbero giocare un ruolo importante nel migliorare i diritti umani, adottino spesso doppi standard nell'applicarli. Questo, oltre a provocare migliaia di vittime innocenti fa aumentare anche la fiducia nelle istituzioni responsabili dell'applicazione e della protezione dei diritti. Fare degli esempi purtroppo è fin troppo facile: ci sono governi che condannano crimini contro l’umanità ma stanno zitti nei confronti della strage di civili che sta avvenendo a Gaza, o ce ne sono altri che chiedono a gran voce la persecuzione internazionale per i crimini di guerra russi in Ucraina mentre chiudono gli occhi sugli abusi degli Stati Uniti in Afghanistan. Sia chiaro, non ci sono e non ci devono essere diritti di serie A e serie B, tutti gli abusi dovrebbero essere condannati in egual misura, che vengano commessi da organizzazioni terroristiche, da gruppi paramilitari o anche da governi che noi occidentali definiamo “amici”. Il report su questo parla chiaro, dice infatti che nell’ultimo periodo è emerso come “nella diplomazia transazionale, i governi ignorino i benefici delle relazioni a lungo termine costruite sui principi dei diritti umani per ottenere guadagni immediati e a breve termine nel commercio o nella sicurezza”. 

I governi che potrebbero giocare un ruolo importante nel migliorare i diritti umani adottano spesso doppi standard nell'applicarli

Se parliamo di violazione dei diritti umani non possiamo non partire dalla questione israelo-palestinese. Il report su questo è chiaro quando dice che gli attacchi del 7 ottobre condotti da Hamas contro Israele sono stati un terribile attacco ai civili. “Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno deliberatamente ucciso centinaia di civili, sparato a famiglie nelle loro case e preso più di 200 persone in ostaggio, tra cui bambini, persone con disabilità e anziani. I gruppi armati palestinesi hanno lanciato migliaia di razzi verso le comunità israeliane”. Molti paesi hanno immediatamente condannato l’attacco terroristico.

Il governo israeliano però ha risposto tagliando l'acqua e l'elettricità ai 2,3 milioni di civili di Gaza e bloccando l'ingresso di carburante, cibo e aiuti umanitari, una forma di punizione collettiva che il report non esita a dire che “costituisce un crimine di guerra”. “L'esercito israeliano - continua il rapporto - ha ordinato a più di un milione di persone a Gaza di evacuare le proprie case e ha bombardato aree densamente popolate con armi pesanti, uccidendo migliaia di civili, inclusi bambini, e riducendo interi blocchi in macerie. Gli attacchi alle aree popolate con armi esplosive ad ampio raggio sollevano gravi preoccupazioni per gli attacchi indiscriminati, che sono evidenti crimini di guerra. Israele ha usato il fosforo bianco, una sostanza chimica che brucia la carne umana e può causare sofferenze per tutta la vita, sia a Gaza che nel sud del Libano”. Molti dei governi che hanno giustamente condannato i crimini di guerra di Hamas si sono però mostrati molto più restii nel rispondere a quelli del governo israeliano e questo fa capire, ancora più limpidamente, quanto i compromessi sui diritti umani in nome della politica siano evidenti. Lo sono non solo per quanto riguarda la questione israeliana, ma anche per quanto riguarda la persecuzione e la detenzione arbitraria di un milione di uiguri e altri musulmani turcofoni da parte delle autorità cinesi. Quest’altro caso messo in luce dal report sui diritti umani costituisce chiaramente un crimine contro l'umanità, ma molti governi, compresi quelli dei paesi a maggioranza musulmana, sono rimasti in silenzio.

Sono evidenti i compromessi sui diritti umani in nome della politica

Un altro allarme lanciato dal rapporto è quello sugli stati autocratici. In tutti questi infatti, gli autocrati hanno lavorato per erodere l'indipendenza delle istituzioni chiave vitali per la protezione dei diritti umani e cercare di togliere spazio al dissenso con lo stesso obiettivo finale: esercitare il potere senza limiti. Ma le notizie, per quanto riguarda i diritti umani nel 2023, non sono tutte negative. 

Dopo tre anni di negoziati diplomatici e un decennio di campagne da parte di gruppi della società civile, nel 2022 83 paesi hanno adottato un accordo per proteggere meglio i civili dall'uso di armi esplosive in aree popolate durante i conflitti armati. Inoltre impegna gli Stati ad assistere le vittime e ad affrontare gli impatti a lungo termine dei danni e della distruzione delle infrastrutture civili. Sembra quasi scontato dirlo, ma tra questi Stati firmatari non figurano né Israele né la Russia. Sono presenti invece sei dei primi otto esportatori di armi al mondo - Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Corea del Sud -, così come 25 dei 31 stati membri della NATO.

Passi in avanti poi, sono stati fatti anche per quanto riguarda i diritti LGBT. In Giappone, ad esempio, dopo anni di pressioni della società civile, il parlamento ha approvato la sua prima legge per proteggere le persone LGBT dalla "discriminazione ingiusta". Anche in Nepal inizia a muoversi qualcosa: la Corte Suprema infatti ha dato via libera al riconoscimento dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. 

Quest'anno più della metà della popolazione mondiale andrà al voto e questo sarà un grande banco di prova non solo per la democrazia, ma anche per il rispetto dei diritti umani. 

Il rapporto torna a focalizzarsi sui leader autocratici mettendo in evidenza come per loro “la società civile e le istituzioni necessarie per proteggere i diritti e le società libere siano diventate campi di battaglia”.

In Tunisia il presidente Kais Saied, eletto nel 2019, ha gradualmente indebolito gli equilibri minando il potere giudiziario, reprimendo gli avversari politici e prendendo di mira la libertà di espressione e la stampa.

Il presidente di El Salvador Nayib Bukele ha utilizzato la detenzione di massa di persone per lo più a basso reddito come soluzione di facciata contro gli alti livelli di criminalità. In questo modo ha anche consolidato il suo potere, intervenendo sulla Corte Suprema. Il Congresso del Perù ha preso misure per minare altre istituzioni democratiche e limitare la responsabilità dei legislatori, cercando di rimuovere i membri del Consiglio Nazionale di Giustizia, un organismo volto a proteggere l'indipendenza dei giudici, dei pubblici ministeri e delle autorità elettorali.

In Guatemala, un potere giudiziario in gran parte cooptato dai politici e da altri attori corrotti ha minacciato di annullare la vittoria elettorale del presidente eletto Bernardo Arévalo. In Nicaragua, dove il presidente Daniel Ortega e sua moglie, la vicepresidente Rosario Murillo, non hanno praticamente controlli sul loro potere, il governo ha utilizzato leggi abusive per chiudere oltre 3.500 organizzazioni non governative, cioè circa il 50 percento dei gruppi registrati nel paese.

In Thailandia, la Corte Costituzionale ha di fatto sovvertito la volontà del popolo thailandese nelle elezioni del 2023 quando ha sospeso il principale candidato per il primo ministro dal parlamento per accuse false. In Bangladesh, il governo del primo ministro Sheikh Hasina ha ordinato l'arresto di oltre 8 mila sostenitori dell'opposizione prima delle elezioni del gennaio 2024.

Anche in Unione Europea l’attenzione sui diritti umani dev’essere sempre molto alta. Le elezioni in Polonia hanno portato un nuovo governo alla fine del 2023, ma il precedente governo, guidato dal partito Law and Justice aveva eroso sistematicamente lo stato di diritto minando l'indipendenza giudiziaria e zittendo gruppi civili indipendenti.

Il focus sull’Italia

Il rapporto sui diritti umani è estremamente dettagliato per ogni Paese. Tra questi c’è l’Italia che, secondo il rapporto, “nel 2023 ha intensificato i suoi sforzi per scoraggiare la migrazione attraverso l'ostacolamento dei gruppi di soccorso non governativi, ha minato i diritti dei genitori dello stesso sesso e non ha dato una risposta adeguata alla violenza di genere”. Oltre a ciò l’attenzione case anche sull’eliminazione del reddito di cittadinanza, nonostante, si legge, “un quarto della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale”.

Nel primo caso, cioè quello riguardante l’immigrazione il rapporto evidenzia come “un decreto governativo, convertito in legge nel febbraio 2023, abbia imposto nuovi requisiti, tra cui l'obbligo per le navi delle Ong di recarsi in un porto assegnato immediatamente dopo un soccorso, vietando i soccorsi multipli durante lo stesso viaggio. A settembre, il governo ha trattenuto nei porti le navi delle Ong 8 volte per 20 giorni per violazione del decreto e l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e il Consiglio Esperti sulla Legge sulle Ong del Consiglio d'Europa hanno espresso gravi preoccupazioni sulla legge. A luglio - continua - cinque Ong hanno presentato un reclamo alla Commissione Europea contro l'Italia, sostenendo che la legge sia incompatibile con il diritto dell'Unione Europea e il diritto internazionale”.

Per quanto riguarda invece la discriminazione e l’intolleranza, nell’agosto scorso il Comitato delle Nazioni Unite per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale ha criticato l'Italia per il mancato raccoglimento di dati disaggregati, una definizione incompleta nella legge interna della discriminazione razziale, la mancanza di un organo nazionale per l'uguaglianza completamente indipendente, l'uso di discorsi politici razzisti da parte dei politici e segnalazioni di episodi di odio razziale, discriminazione strutturale persistente e diffusa contro le comunità Rom, Sinti e Camminanti, e atti di violenza, stigmatizzazione e molestie nei confronti delle persone di origine africana. Oltre a ciò si ricorda anche l’evento accaduto a Verona a giugno, quando cinque agenti di polizia sono stati arrestati con l'accusa di torturare senza fissa dimora e altre persone vulnerabili per strada, per due di loro l’accusa ha avuto l’aggravante della discriminazione razziale. A queste accuse, aggiungiamo noi, alcuni noti politici hanno risposto alludendo al fatto che fossero solamente derivanti dall’ideologia. 

Tornando invece al tema della povertà e della disuguaglianza, come abbiamo visto prima L’Istat ha stimato che nel 2023, quasi il 10 percento della popolazione italiana viveva in povertà assoluta nel 2022. Uno scenario in cui gli stranieri residenti in Italia avevano più di quattro volte più probabilità di vivere in povertà assoluta.

C’è poi l’enorme questione della violenza di genere, su cui più volte ci siamo soffermati e sui cui torneremo. Su questo il report riporta principalmente due fatti eclatanti: nel mese di marzo un tribunale di Firenze ha assolto due uomini dall'accusa di stupro, sostenendo che non fossero pienamente consapevoli della mancanza di consenso della vittima e affermando che il comportamento precedente della vittima giustificava il "malinteso". E la sensazionalistica copertura mediatica.

Insomma in tema di diritti umani il lavoro da fare è enorme, sia a livello globale che a livello locale. Sappiamo che purtroppo nel mondo sono innumerevoli le violazioni quotidiane ma spesso quando queste vengono commesse sotto i nostri occhi tendiamo a minimizzarle o a non affrontarle con la serietà richiesta. La politica può e deve fare molto ma quello che è necessario è un grande cambiamento culturale che riguardi tutti noi, che anche se ci crediamo assolti saremo per sempre coinvolti.

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