SOCIETÀ

La Polonia verso il voto. Destra favorita tra scandali su immigrazione e arresti

L’imbarazzo è enorme, a Varsavia e dintorni. Il partito di governo polacco, Diritto e Giustizia (PiS, dall’acronimo Prawo i Sprawiedliwość), conservatori di estrema destra, nazionalisti, populisti, clericali, ferocemente antiabortisti, allergici alla difesa delle libertà delle minoranze, intolleranti a qualsiasi forma di immigrazione (Polonia e Ungheria continuano a porre il veto al programma europeo di ricollocazione dei migranti), si ritrova invischiato in uno scandalo internazionale che rischia di far perdere la faccia, e non soltanto, ai suoi leader quando manca meno di un mese all’appuntamento con le prossime elezioni parlamentari, nelle quali Diritto e Giustizia è in cerca di una riconferma per un terzo mandato. Ma c’è di mezzo un’inchiesta dell’Ufficio centrale anticorruzione, avviata a marzo (i primi sospetti risalgono all’estate 2022) e ancora in corso, che sta scavando tra le pieghe dell’attività di diversi consolati polacchi (a Hong Kong, Taiwan, in India, negli Emirati Arabi Uniti, in Arabia Saudita, Singapore, Filippine e Qatar). E dall’indagine risulta che quei consolati avrebbero rilasciato, in cambio di denaro, visti di lavoro temporaneo a migranti provenienti dall’Africa e dall’Asia. Si parla di circa 250mila visti rilasciati dal 2021 a oggi, ma la stima potrebbe essere per difetto. Come quella del compenso, delle tangenti che sarebbero finite nelle taste dei funzionari dei consolati: 5mila dollari per ogni visto, ma c’è il sospetto che la cifra possa essere assai maggiore.

Tre arresti e un tentato suicidio

Sette persone sono state accusate per lo scandalo e tre di loro sono finite in carcere. Ma, soprattutto, il governo polacco ha deciso di “licenziare” su due piedi il vice ministro degli Esteri, Piotr Wawrzyk, che aveva la delega di controllo sulle attività dei consolati, cancellando peraltro il suo nome dall’organigramma del governo e dalle liste per la prossima tornata elettorale. Formalmente la decisione è stata presa per “una mancanza di cooperazione soddisfacente”, in realtà perché è forte il sospetto che Wawrzyk abbia aiutato i suoi associati a creare un canale illegale utilizzato per il contrabbando di migranti dall’Asia e dall’Africa verso gli Stati Uniti, passando attraverso l’Europa. Venerdì scorso l’ex vice ministro è stato ricoverato in un ospedale psichiatrico, a Varsavia, probabilmente in seguito a un tentativo di suicidio. Nel suo appartamento gli agenti hanno trovato una lettera: «Non voglio e non posso vivere con lo stigma di chi prende tangenti, di un criminale. Semplicemente non me lo meritavo», ha lasciato scritto. Eppure c’è chi sostiene che la “mente” della cellula corrotta all’interno della struttura diplomatica polacca fosse proprio Wawrzyk. Secondo il portale di notizie polacco Onet, l’ex vice ministro avrebbe personalmente facilitato il rilascio di visti di lavoro temporanei a gruppi di persone provenienti dall'India che si sono finti una troupe per una compagnia cinematografica indiana. Gli indiani avrebbero pagato, ciascuno, tra i 25mila e i 40mila dollari per i visti, sperando di usarli per raggiungere gli Stati Uniti attraverso il Messico.

Spetterà all’inchiesta stabilire fin dove arriva la verità e dove si spinge la denigrazione. Ma le conseguenze per il governo polacco, anche diplomatiche, non finiscono qui. Zbigniew Rau, il ministro degli Esteri in carica, ha deciso di licenziare il capo del suo dipartimento legale e di conformità, Jakub Osajda, e di annullare tutti i contratti che i vari consolati avevano stipulato con società esterne per l’elaborazione dei visti. I responsabili dei consolati polacchi in tutto il mondo saranno convocati a breve a Varsavia, per un “audit straordinario”. Il governo comunque ha ammesso che “centinaia” di visti sono stati venduti illegalmente, ma ha sostenuto che i numeri reali erano molto inferiori a quelli rivendicati dall’opposizione. La Germania ha chiesto “chiarimenti” sul numero di visti rilasciati.

L’opposizione: «Il governo sapeva e ha taciuto»

Opposizione che, ovviamente, s’è lanciata con ferocia sulla vicenda. Dunald Tusk, ex presidente del Consiglio europeo e attualmente leader del partito di centrodestra liberale ed europeista Piattaforma Civica (Platforma Obywatelska) ha definito l’inchiesta «il più grande scandalo in Polonia del 21esimo secolo», accusando il governo di essere stato a conoscenza dei casi di corruzione e di non aver mosso un dito per bloccare gli illeciti. «Chiunque voglia andare dall’Africa alla Polonia va alla nostra ambasciata, compra un visto timbrato in uno stand speciale, compila i loro dati e via! PiS - partito di governo - politica migratoria», ha scritto Tusk su X (l’ex Twitter). Un comizio di Tusk davanti alla sede della televisione TVP, proprio ieri, è stato a lungo disturbato e infine interrotto da un giornalista dell’emittente,  Michał Rachoń. «Il tuo lavoro oggi assomiglia a quello di una polizia politica», lo ha accusato il leader dell’opposizione. «Molti polacchi – ha poi aggiunto - provano nausea quando vedono le gesta di questo tipo di pseudo-giornalisti della televisione governativa».

È invece toccato al presidente del Senato, Tomasz Grodzki, anche lui esponente di Piattaforma Civica, affondare il coltello, in un discorso in diretta tv: «Guardiamo con incredulità alle informazioni che stanno venendo alla luce in relazione allo scandalo dei visti del governo PiS», ha detto Grodzki. «I visti polacchi, documenti che autorizzavano ad entrare nel nostro paese, venivano venduti presso bancarelle in Asia e Africa. Grazie a questa procedura, centinaia di migliaia di migranti sono arrivati nella nostra patria. Il trasferimento è avvenuto praticamente senza alcun controllo, il che avrebbe potuto comportare l’ingresso nell’Unione europea di centinaia di terroristi, minacciando la nostra sicurezza. Questo è il più grande scandalo che abbiamo affrontato nel ventunesimo secolo. Corruzione ai più alti livelli di governo. Da persone che hanno la bocca piena di banalità sulla sicurezza e che hanno portato una concreta minaccia a tutti noi».

Nel mirino delle critiche sono naturalmente finiti anche i due “pesi massimi” del partito Diritto e Giustizia: il premier, Mateusz Morawiecki, e dell’ex primo ministro polacco, Jarosław Kaczyński, attuale presidente di PiS, di cui è stato co-fondatore nel 2001. Soprattutto quell’accusa di aver saputo e di non essere intervenuti è una macchia che difficilmente sarà cancellata in così breve tempo (prima del voto, domenica 15 ottobre) e con un’inchiesta aperta che potrebbe rivelare particolari ancor più sgradevoli. Uno schiaffo per chi ha impostato la campagna elettorale sullo slogan sempreverde “Un futuro sicuro per i polacchi”, e per chi da anni sostiene di essere «l’unico partito in grado di salvare la Polonia, e l’Europa, dall'essere inondati da migranti illegali provenienti dall’Africa e dall’Asia». L’unico a commentare pubblicamente, in queste ore di estremo imbarazzo, è stato il ministro degli esteri, Zbigniew Rau. Che ha negato tutto: «Non mi sento complice, non c’è nessuno scandalo sui visti e non ho alcuna intenzione di dimettermi», ha dichiarato da New York, dove ha partecipato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. «Se questo è lo scandalo del secolo, preferisco parlare del diluvio di false notizie». Lo stesso Kaczyński, durante un comizio elettorale, ha battuto sul tasto della menzogna: «Tusk parla di centinaia di migliaia di visti venduti: questa è una bugia, una vera e propria bugia», ha detto il leader del PiS.

Battaglia elettorale il PiS è ancora in vantaggio

Le prossime ore saranno decisive per capire cosa potrebbe accadere alle urne, il prossimo 15 ottobre. L’ultimo sondaggio pubblicato da Politico dice che PiS ha ancora un consistente margine di vantaggio (39% contro 29%) nei confronti dell’alleanza Coalizione Civica. Ma le percentuali, in casi del genere, possono variare con estrema facilità. E comunque, se questo fosse il risultato, nessuna delle due forze avrebbe i numeri per guidare in autonomia il prossimo governo. Comunque vada sarà un rebus, perché bisognerà raggiungere intese con altre forze, al momento marginali. Come gli estremisti di destra della Confederazione Libertà e Indipendenza, oggi accreditati di un 11%) o l’alleanza di sinistra (Lewica), che dai sondaggi potrebbe ottenere il 9%. L’esito della consultazione avrà comunque profonde ripercussioni, anche al di fuori dei confini polacchi. Perché la Polonia è un fedelissimo partner degli Stati Uniti, con un ruolo centrale nel contrasto alla guerra russa in Ucraina. Ma al tempo stesso è la “pecora nera” dell’Unione Europea, visti i rapporti sempre più tesi con Bruxelles, che sopporta sempre meno volentieri le sue politiche sovraniste e illiberali: dalla riforma antidemocratica della giustizia alla sistematica trasformazione dei media pubblici in canali di propaganda, fino alla legge che vieta quasi completamente l’aborto, scatenando letteralmente una caccia alle donne in cerca di cure mediche per aborti spontanei. Come riassume Hillary Margolis, ricercatrice senior sui diritti delle donne presso Human Rights Watch: «La spietata ricerca da parte delle autorità polacche di persone che cercano di ottenere o fornire assistenza sanitaria di base può essere descritta solo come una caccia alle streghe. Il governo della Polonia sta abusando della polizia e dei tribunali per portare avanti la sua agenda anti-diritti, portando le sue politiche abusive in case private, stanze d’ospedale e studi medici».

Il PiS, nel tentativo di recuperare un’immagine autorevole, attacca l’opposizione pubblicando parti di un piano di difesa top secret elaborato nel 2011 dal governo dell’allora primo ministro Donald Tusk, secondo il quale il premier, in caso di attacco della Russia in Polonia, sarebbe stato pronto a cedere metà del territorio polacco al Cremlino. «Il sistema di difesa polacco, che era in vigore durante il governo di Donald Tusk, avrebbe provocato tragedie per la popolazione civile» ha dichiarato l’attuale ministro della Difesa, Mariusz Blaszczak. «Stiamo rafforzando l’esercito polacco per scoraggiare l’aggressore in modo che la Russia non attacchi la Polonia. Solo il PiS garantisce la sicurezza del nostro paese». Un’altra parlamentare del PiS, Elżbieta Witek, ha riassunto così lo scontro elettorale: «Far vincere Tusk significa portare Lampedusa in Polonia». Argomenti che potrebbero far presa soprattutto sull’elettorato più suggestionabile, anche se non sarà semplice cancellare la vergogna dello scandalo “cash for visas”. Con molti polacchi che cominciano a chiedersi quali potrebbero essere le conseguenze qualora l’inchiesta confermasse i peggiori sospetti. «Se le accuse saranno confermate, la Polonia potrebbe essere espulsa dall’area Schengen», ha preannunciato l'ex ambasciatore polacco in Lettonia e Armenia, Jerzy Marek Nowakowski.

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