CULTURA

Arriva la Comune 2.0

Commonspace è un nuovo modo di vivere, lavorare, essere connessi con altre persone. È rivoluzionario nella sua semplicità, ma perfettamente allineato con l’animo umano. Siamo creature sociali, e la migliore versione di noi stessi viene fuori quando ci troviamo all’interno di in un gruppo”. Queste le linee guida del progetto che sta per sorgere a Syracuse, New York. Troy Evans, l’ideatore di questo nuovo disegno abitativo, è un trentacinquenne americano che ha ampliato ciò che aveva creato nel 2012, il Syracuse CoWork: un network di lavoratori indipendenti, imprenditori e liberi professionisti, progettato per incoraggiare la collaborazione tra le diverse attività e aiutare così i lavoratori a espandere la loro creatività.

Entrambi i progetti sono stati pensati per i Millennials: i figli della globalizzazione, dei social media, che cercano di uscire dalla recessione con dinamismo e nuove intuizioni ma che allo stesso tempo, spesso, ne rimangono imprigionati. Questa generazione fatica a trovare un proprio posto all’interno del mondo che velocemente cambia e la risposta di Evans - tentando di partire dall’idea di uno spazio condiviso, aperto e per questo stimolante - potrebbe rappresentare una giusta intuizione per vari motivi.

Con il Commonspace, Evans e il suo collega John Talarico stanno costruendo qualcosa di unico: una sorta di “dormitorio” per i Millennials, composto da 21 micro unità, ognuna delle quali dotata di cucina, bagno e camera; questi mini appartamenti (completamente arredati) circondano l’area comune fornita di una grande cucina e un’area ricreativa con televisione e giochi. Rispetto ai dormitori universitari, questa esperienza di co-living permette agli inquilini di avere la propria indipendenza e la propria privacy, essi sono infatti liberi di poter scegliere se stare da soli e rifugiarsi nel loro spazio privato (gli appartamenti sono insonorizzati), oppure socializzare all’interno dello spazio comune, spiega Evans ad Alana Samuels su The Atlantic. L’idea dell’ingegnere americano capita al momento giusto poiché, come fa notare Semuels: “I Millennials restano single più a lungo rispetto alle generazioni precedenti, sono dunque sempre più numerose le persone che scelgono di vivere da sole nel proprio appartamento, piuttosto che sposarsi e comprare casa. Questa generazione, tuttavia, è notoriamente social, essendo cresciuta con internet e la comunicazione digitale”. Il Commonspace diventa quindi, al contempo, luogo privato in cui rifugiarsi e antidoto sociale contro la solitudine.

Il costo degli appartamenti, che va dai 700 ai 900 dollari al mese e comprende tutte le utenze, internet e anche il bike sharing, risulta essere molto conveniente se si pensa che il costo di una singola nel centro di Syracuse è leggermente superiore a quella cifra. Il basso costo dell’affitto, inoltre, incentiverebbe un ritorno dei giovani al centro della città, abbandonato poiché troppo costoso. In questo modo ne gioverebbero sia l’economia del centro cittadino, sia la qualità della vita dei giovani che non dovrebbero spendere praticamente tutto il loro stipendio in affitto – un grande aiuto per i Millennials che, a causa degli stipendi inadeguati ai costi della vita, sempre più spesso ricorrono ad aiuti esterni. In America come in Italia: uno studio del Censis, infatti, sottolinea che nel 2014 "948.000 giovani, sui 4,4 milioni che vivono da soli, non coprono le spese mensili con il proprio reddito". Una problematica che non conosce frontiere e per la quale il co-living potrebbe rappresentare una valida soluzione.

La necessità di un posto privato e a prezzi accessibili in cui poter vivere sta portando alla nascita di nuovi spazi pensati per i diversi stili di vita che si stanno delineando. Questa tendenza è confermata dal boom di richieste mandate nei giorni scorsi per i “cubicoli-alveare”: 14 micro appartamenti tra i 24 e i 33 metri quadrati in un edificio, il Carmel Place, nel centro di New York. Le unità verranno affittate ad un prezzo stracciato per la media newyorkese - 950 dollari al mese. Le persone che hanno fatto domanda fino ad ora sono 60.000 (circa 4.300 domande per appartamento). Sono dati importanti, ma riflettere sul loro significato lo è ancora di più: “C’è questa idea per cui più grande è una casa, meglio è, e secondo questa idea noi abbiamo bisogno di questi alloggi per metter su famiglia” spiega Sarah Watson, vice direttrice del Citizens Housing and Planning Council e manager dell’iniziativa Making Room, in un articolo per The New York Times. “Ma le persone cambiano, gli stili di vita si modificano, le tecnologie si evolvono e le abitazioni devono adattarsi al cambiamento”.

È proprio in questo cambiamento a tutto tondo che si inserisce il progetto di Evans che sarà ultimato nel 2016, e sorgerà sui piani superiori dell’edificio al cui interno si trova anche il CoWork. Una innovazione che, come sempre, si nutre di idee precedenti. La vita dell’uomo all’interno dello spazio è infatti oggetto di studio fin dai tempi più antichi. La verticalità dello spazio di co-working e co-living si potrebbe ricondurre alla città ideale di Leonardo articolata su due livelli secondo un criterio di rigida separazione fra attività produttiva e occupazioni gentilizie. Progettata in un’ottica classista lontana dai nostri tempi, la città di Leonardo rappresenta comunque un tentativo di divisione dello spazio improntato sulla funzionalità. Il secondo aspetto del Commonspace, invece, potrebbe essere ricondotto ad un periodo successivo della storia dell’uomo, per la precisione alla seconda metà del ‘700, quando contributi illuministici danno forma a modelli di città creati dalla fusione di idee di riforma architettonica e di trasformazione della collettività. Étienne-Louis Boullée, su tutti, si concentra sull’elaborazione di in un nuovo spazio fisico e sul valore sociale cui è preposto: la sua architettura coinvolge la comunità in maniera totalizzante. In ultimo, l’idea di Evans potrebbe far tornare alla mente il Falansterio di Fourier, in cui si svolgeva la vita dei membri dell'unità sociale da lui teorizzata. Un socialismo utopico per molti aspetti lontano da noi, che tuttavia fa riflettere sulla nuova concezione di socialità, che a sua volta torna a far discutere vista la crescente alienazione verso cui i Millennials sono stati spinti dalla nuova economia e dai nuovi metodi di comunicazione digitali.

Martina De Camillis

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