CULTURA

Hack, come io vedo il mondo

È la storia di una donna e la sua vita, scienza compresa, al di là della fama che di norma la precede. È una storia raccontata attraverso i luoghi e gli oggetti del vivere quotidiano, in una conversazione con il lettore dai toni franchi e confidenziali. Un dialogo che, a volte, non tralascia dichiarazioni scomode al sentire comune. È questo, al confine tra biografia e divulgazione, il filo rosso che attraversa Hack! Come io vedo il mondo pubblicato da Barbera editore. Astrofisica di fama internazionale, toscana di nascita e triestina d’adozione, Margherita Hack è stata membro dell’Ente spaziale europeo e della Nasa e la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico. 

“Mi piacerebbe costruire una mia Wunderkammer – esordisce la scienziata nelle prime pagine del libro – in cui riporre gli oggetti che sono stati per me meravigliosi e importanti. La prima cosa che ci metterei dentro è una trottola. Ogni anno i miei genitori me ne regalavano una per Natale e io poi ci giocavo per mesi fino all’estate”. E attraverso gli oggetti scelti per questo suo spazio ideale, la vediamo in bicicletta per tutta la Toscana, nonostante la guerra, nonostante i bombardamenti e le strade deserte e buie, e poi in motocicletta. “Una Ducati con un motore di 65 centimetri cubi… Era l’inizio del 1953”. La troviamo in prima linea su temi come il rispetto degli animali e il vegetarianesimo. La vediamo lavorare con il telescopio, usare la “Brunsviga a manovella”, antenata della moderna calcolatrice, e ascoltare la “radio a galena”. E, nel 1941, classificarsi prima sia in salto in alto che in salto in lungo ai campionati nazionali universitari.   

La storia continua attraverso la descrizione di alcune fotografie. Ma le fotografie, nel libro, non ci sono. Spetta al lettore immaginare e ricostruire contorni e profili. La scienziata, attraverso i ricordi evocati dalle immagini, racconta la sua opposizione al regime fascista. “Nel maggio 1940… mi ero proclamata contraria all’entrata in guerra. Fui deferita dal preside, bollata come disfattista e antifascista… Mi sentivo un eroe per essere stata sospesa e per aver affermato la mia opinione… già allora ero un po’ pecora nera, autonoma e testarda”. Ripercorre il momento dell’iscrizione alla facoltà di Lettere, scelta che si rivelò sbagliata dopo solo un’ora di lezione. Descrive il matrimonio con Aldo, nel 1944, nonostante non avesse nessuna voglia di sposarsi. “Considero il matrimonio una cosa inutile. In chiesa poi! Mi vergognavo come un cane. Ma i genitori di Aldo erano religiosi, erano credenti, ci tenevano. Il mio abito da sposa fu un cappotto rivoltato. Celeste, credo”. Ricorda nel 1945 la tesi in astrofisica con una ricerca sulle Cefeidi svolta all’osservatorio di Arcetri, il primo impiego nel 1947 alla Ducati di Milano, che cominciava a occuparsi di ottica e produceva macchine fotografiche, e nel 1964 la cattedra di astronomia all’istituto di fisica teorica dell’università di Trieste. Fino all’incarico di dirigere l’osservatorio astronomico di Trieste. 

In casa incontriamo Tatjana, albanese, arrivata in Italia nel 1991, con i suoi libri di matematica e chimica e una bambina di un anno, “fedele custode e amica che… si prende cura di tutti”. Nel giardino passeggiano indisturbati otto gatti. Dentro, in un angolo la televisione, dappertutto pile di libri fino quasi al soffitto. Almeno 30.000, stipati ovunque, in un disordine apparente. Kerouac, Lewis Carrol, Arrigo Boito, Heinrich Böll, Ismail Kadaré, Bassani, Piovene, Dante, Pavese, Papini. E in una sezione a parte le opere di divulgazione scientifica alle quali la scienziata si dedicò accanto all’attività accademica. È del 1959 il primo libro, Le nebulose e gli universi isole, fino al più recente Perché le stelle non ci cadono in testa, edito nel 2010 in collaborazione con Federico Taddia con cui condusse anche il programma Big Bang! In viaggio nello spazio con Margherita Hack, in onda qualche tempo fa su DeA Kids. 

Margherita Hack poi ci guida nello spazio, ci spiega l’universo, come facesse tutt’uno con la stanza delle meraviglie, le vecchie foto e la sua casa. “Siamo davvero ‘figli delle stelle’. Siamo un prodotto dell’evoluzione dell’universo”. In uno stile semplice, assolutamente privo di tecnicismi, racconta le galassie e le nebulose, parla del sole e dei pianeti, dei buchi neri e delle supernove. Si sofferma, in un intero capitolo, sul bosone di Higgs e sulla velocità della luce. 

E chiude, nelle ultime pagine, andando quasi oltre l’universo e interrogandosi sulla vita e sulla morte. “L’idea che esista Dio mi sembra talmente assurda! Secondo me non c’è né Dio, né l’aldilà, né l’anima. Quello che noi chiamiamo anima è il nostro cervello”. La religione è un pensiero consolatorio, “un po’ come credere a Babbo Natale” e la Chiesa, pensa, in molte situazioni limita la libertà dei cittadini. Difende uno Stato laico, non teocratico, che dovrebbe riconoscere il diritto all’eutanasia, alla ricerca sulle staminali embrionali, ai Pacs. Sottolinea l’importanza di investire nella ricerca, perché dire che “con la cultura non si mangia è una grossa bischerata. In un Paese poi in cui si spende qualcosa come 30 miliardi di euro per 35 caccia-bombardieri”. E perché la conoscenza ci rende liberi.  

Monica Panetto

Margherita Hack, Hack! Come io vedo il mondo, Barbera editore 2012

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