SCIENZA E RICERCA

I segreti del sistema immunitario svelati dai moscerini

Se vi dicessero di passare qualche mese della vostra vita a osservare, una per una, 100.000 mosche per una singola ricerca, forse ve ne domandereste il senso. Un dubbio che non ha mai sfiorato Jules Hoffmann, l’immunologo francese premiato un paio d’anni fa con il Nobel per la medicina per le scoperte sull’immunità innata, che nella sua carriera ha dovuto combattere per ottenere fondi per le sue ricerche (per due volte il suo laboratorio è stato chiuso) perché – era opinione comune – non aveva senso occuparsi del sistema immunitario degli insetti.

Eppure questi ultimi hanno grandi pregi, e Hoffmann ne è sempre stato convinto. È ben vero che ogni anno un terzo dei nostri raccolti viene distrutto dagli insetti, e sempre a causa loro un terzo dell’intera popolazione mondiale è a rischio contagio di malattie insidiose e potenzialmente mortali; ma d’altra parte sono solo meno di 400 le specie di insetti responsabili di problemi per la nostra salute o le nostre attività, a fronte di 2 milioni di specie viventi finora classificate. Senza contare che sono proprio gli insetti a permettere la fecondazione di molte piante trasportandone i pollini e muovendo così, inconsapevoli, anche un giro d’affari (per noi umani) stimato in decine di miliardi di euro all’anno. Per un ricercatore hanno anche altre due grandi virtù. Primo: costano poco, si riproducono facilmente, il loro ciclo di vita è breve e quindi permette esperimenti e risultati in tempi relativamente veloci. Secondo, e più intrigante: rappresentano quasi il 90% delle specie animali conosciute – come dire, il mondo appartiene agli insetti – ed esistono da 420 milioni di anni, più vecchi e più duraturi dei dinosauri. 

Uno dei motivi di tanta resistenza è proprio il loro sistema immunitario, che consente loro di difendersi benissimo dalle infezioni producendo peptidi antimicrobici a largo spettro che combattono funghi e batteri. Peptidi prima scoperti nelle mosche dal gruppo di ricerca di Hoffmann e nelle farfalle da un gruppo di ricercatori svedesi, e ritrovati poi anche nei mammiferi. Anche l’uomo, sappiamo adesso, produce grandi quantità di peptidi, soprattutto sulla pelle, nel sistema digestivo e nei reni. E per meglio cogliere l’ordine (cronologico) con cui spesso si fanno queste ricerche (e relative scoperte) può essere utile ricordare che la molecola umana che ci difende dai funghi filamentosi si chiama drosomicina-like, perché è analoga alla drosomicina, un peptide isolato nel 1994 dal gruppo di Hoffmann e così battezzato perché scoperto proprio nella drosofila, il moscerino della frutta.

Moscerino tanto piccolo, quanto fondamentale per la ricerca, studiato già dal 1910 da Thomas Morgan (Nobel 1933) e base della teoria cromosomica dell’ereditarietà, e riutilizzato poi nei decenni successivi per studiare i meccanismi molecolari che determinano lo sviluppo di un organismo multicellulare complesso (ricerche che hanno portato un Nobel nel 1996 a Lewis, Nüsslein-Volhard e Wieschaus; quest’ultimo ha tenuto la sua Nobel lecture proprio sulla drosofila). Ma il moscerino ci ha svelato anche altro, e proprio sul nostro sistema immunitario. 

Noi siamo dotati infatti di due tipi di risposte immunitarie: una immediata e generica, l’immunità innata (un tipo che abbiamo in comune con la drosofila e gli insetti in genere), poco conosciuta fino a una decina d’anni fa; e una immunità adattiva, assente nella drosofila, più specifica e dotata di “memoria” (su cui si basa infatti il meccanismo del vaccino) ma che deve essere attivata dai segnali provenienti dalla risposta innata. E proprio studiando nella drosofila il meccanismo di questa attivazione – un recettore chiamato Toll, e studiato da Nüsslein-Volhard prima e Hoffmann poi – si è arrivati a capire come indurre una corretta risposta immunitaria anche nell’uomo grazie alla scoperta di un analogo recettore: Toll-like. Insomma, la drosofila come modello, usato ormai anche per lo studio di malattie neurologiche, distrofie muscolari, deficit cardiaci o alcuni tipi di cancro.

Se qualcuno tenta insistentemente di convincervi che studiare un insetto è fondamentale anche per la medicina umana, ascoltatelo con rispetto. Potrebbe vincere il prossimo Nobel.

Cristina Gottardi

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