CULTURA

Il dramma dell’adolescenza nei romanzi di formazione

Il romanzo di formazione è il tema scelto quest’anno per l’incontro che la Fiera delle Parole, in collaborazione con il Progetto Giovani, dedica alle tematiche che riguardano le nuove generazioni di lettori. Gli scrittori invitati per quest’incontro moderato da Matteo Giancotti, assegnista presso l’università di Padova e profondo conoscitore della letteratura italiana contemporanea, sono giovani esordienti: Valentina d’Urbano, autrice de “Il rumore dei tuoi passi”, Marco Porru col suo L’eredità dei corpi (Nutrimenti, 2012) e Letizia Pezzali con L’età lirica (Baldini Castoldi Dalai Editore, 2012). Tre libri molto diversi, ma accomunati dall’avere al loro centro storie di ragazzi che cercano di districarsi in un mondo che non sempre riescono a comprendere. L’adolescenza è una fase della vita dalle molte sfaccettature: molti non riescono mai a venirci a patti veramente, nemmeno a posteriori, forse perché, come dice Marco Porru, è l’ultimo periodo davvero sincero di ognuno di noi. Secondo lui i ragazzi non sentono ancora quell’esigenza di protezione tipica degli adulti, e questo permette loro di essere meno calcolatori. Letizia Pezzali aggiunge che è comunque un’età caratterizzata dalla fragilità di chi è appena uscito dall’infanzia, ma ha interiorizzato anche una ferocia fortissima. L’adolescenza è un momento in cui gli esseri umani sono preda di dicotomie strazianti, come accade alla protagonista del libro di Valentina d’Urbano, divisa fra il suo amore carico di conflitto per un amico fraterno e il desiderio di controllarlo e indirizzare i suoi passi. E’ un momento in cui l’individuo si sente al centro del mondo e non riesce o non vuole analizzare lucidamente la realtà, un momento di rifiuto nei confronti di chi ci ha generato: perché per la prima volta i ragazzi colgono le imperfezioni dei loro genitori, ed essi diventano ai loro occhi esseri umani come tutti gli altri, con limiti e difetti che da bambini nessuno di loro avrebbe potuto immaginare.È un momento di emarginazione, talora fortemente voluta, come nel libro della d’Urbano, nel quale i due protagonisti si chiudono nel loro quartiere, che da condanna inevitabile prende a volte i contorni di un bozzolo protettivo. Talora, invece, subita: come accade a Raniero, il protagonista del libro di Porru, che a causa di una malattia genetica percepisce il suo corpo come intollerabilmente deforme e ha bisogno della protezione di Gabriele, che invece è perseguitato da un disturbo della psiche che gli impedisce di dormire bene e lo porta ad essere dominato da una fortissima ostilità nei confronti del padre. Savinio intitolava un suo libro “tragedia dell’infanzia”; qui, possiamo sicuramente parlare di dramma dell’adolescenza: un dramma per cui l’individuo non sa più separare la sua interiorità dal mondo esterno e si scaglia ciecamente contro gli altri, guidato da personali conflitti e in nome di un ideale che prima o poi inevitabilmente si scontrerà con la realtà. Sopravvive chi riesce a reinventarsi e rinascere con una nuova coscienza di sé. Ognuno cerca di uscire dal vortice come può. Alcuni riescono, altri soccombono. Mario, il protagonista de L’età lirica cerca di arrivare all’anima delle cose, di andare oltre la loro superficie, e combatte il vuoto interiore con un’ironia feroce nei suoi momenti di profondità. La Beatrice della d’Urbano cerca una propria autonomia, ma per tutto il libro rimane visceralmente legata ad Alfredo, che minaccia di trascinarla nel suo baratro. Alla fine la ribellione a questa dipendenza arriva, ma è resa possibile solo dal fatto che Alfredo ha finito per soccombere e lei è costretta suo malgrado a lasciarselo alle spalle. E poi ci sono quei personaggi che l’adolescenza non la superano mai, come Rosaria, la zia-mamma del libro di Porru, che non è mai veramente cresciuta e non a caso si innamora di un ragazzo molto più giovane. Non è detto, d’altronde, che l’unica cosa buona dell’adolescenza sia lasciarsela alle spalle: come notano i tre scrittori, avere un’adolescenza completamente risolta può bloccare quella ricerca interiore che spesso costituisce uno stimolo fondamentale, nella scrittura come nella vita. Anche se, dice Marco, gli scrittori a loro disposizione hanno un’arma in più: la fantasia.

 

Anna Cortelazzo

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