CULTURA

Il pollo di Newton: scienza e cucina a braccetto

Abbasso la pastasciutta. “Crediamo anzitutto necessaria l’abolizione della pastasciutta, assurda tradizione gastronomica italiana… La pastasciutta, nutritivamente inferiore del 40% alla carne, al pesce, ai legumi, lega coi suoi grovigli gli italiani di oggi ai lenti telai di Penelope e ai sonnolenti velieri… Invitiamo la chimica al dovere di dare presto al corpo le calorie necessarie… in polvere o pillole, composti albuminoidei, grassi sintetici e vitamine”. Era il 28 dicembre 1930 e, a firma di Filippo Tommaso Marinetti, veniva pubblicato sulla Gazzetta del Popolo di Torino il Manifesto della cucina futurista

La scienza veniva convocata perentoriamente in cucina anche per sistematizzare pratiche nella preparazione del cibo rimaste, a loro parere, troppo approssimative. Solo qualche decennio dopo si affaccerà sulla scena la gastronomia molecolare, fino a tempi più recenti in cui attraverso tecnologie sempre più sofisticate, il cibo si stampa addirittura in 3D. 

È un connubio improbabile quello tra scienza e cucina? O a determinarlo sono ragioni storiche e sociali? A rispondere è Massimiano Bucchi nel suo ultimo libro Il pollo di Newton. La scienza in cucina pubblicato quest’anno dalla casa editrice Guanda. In uno stile veloce e ricco di aneddoti che vedono protagonisti scienziati come Bacone, Pasteur, Newton, Redi, l’autore dimostra come in realtà le intersezioni tra scienza e cucina siano molteplici e utili per comprendere l’evoluzione del rapporto tra scienza e società. 

Agli albori della scienza moderna il confine tra “cucina” e “laboratorio” era sfumato. Da un lato la preparazione dei cibi veniva presentata come capacità tecnica degna di conoscenza scientifica, dall’altro la scienza prendeva a prestito termini e luoghi del settore culinario: la preparazione dei farmaci e del cibo ad esempio si basava in entrambe i casi su “ricette” e gli esperimenti venivano condotti non di rado negli spazi domestici o in ambienti conviviali come le sale da caffè. Questo perché tra Seicento e Settecento la scienza non aveva ancora un ruolo sociale e luoghi caratteristici e, nella posizione di dover dimostrare la propria importanza, diventava strategico avvicinarsi alla cucina perché proprio attorno al cibo ruotavano gli interessi delle persone influenti dell’epoca.  

La situazione si inverte tra Ottocento e Novecento. La scienza acquisisce autorevolezza e diventa fonte di legittimazione culturale, anche per la cucina, che proprio in quel periodo reclama il proprio posto accanto alle altre scienze. Ed è alla scienza che si rifacevano ad esempio due libri come La fisiologia del gusto di Anthelme Brillat-Savarin pubblicato nel 1825 e La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi del 1891. “Quello tra pentole e fornelli resta tuttavia per la scienza un contesto da maneggiare con cura – sottolinea l’autore – dosando vicinanza e distanza per evitare di essere assimilati a pratiche troppo frivole”.

Ma la scienza è anche snob e a volte considera la cucina come distrazione indegna di competere con le attività della ricerca. “Come siamo distratti noi filosofi. Ero proprio convinto di non avere ancora mangiato” avrebbe esclamato Isaac Newton di fronte alle ossa del pollo che l’amico William Stukeley, stanco di aspettarlo a tavola, aveva mangiato. È il popolare episodio che dà il titolo al libro. E non mancano molti altri aneddoti, esempi del disinteresse per il cibo e della sobrietà nel mangiare e nel bere che hanno contribuito all’immagine pubblica dello scienziato. 

Bucchi scrive con ironia e leggerezza, pur senza trascurare la documentazione storica, e attraverso una serie di capitoli che si articolano come un menù, dall’Antipasto, seguito dal Primo e dal Secondo. La scienza del pollo fino al Dessert, seguito dal digestivo, lascia al lettore il sapore della scienza che ottiene tratteggiando, con veloci pennellate, il lavoro di studiosi altrimenti sconosciuto ai più. La cucina diventa in questo modo strumento di divulgazione scientifica, innanzitutto tra le pagine del libro. “Utilizzare la cucina e i suoi segreti per presentare e divulgare la scienza, oggi, è divenuto assai comune... Si abbassa la scienza al rango di altre pratiche quotidiane (specie la cucina) perché assuma connotati più familiari”. E la memoria va a La scienza in cucina, rubrica del celebre programma televisivo SuperQuark condotto da Piero Angela, che porta lo spettatore dietro ai fornelli per conoscere i processi fisici e chimici che si nascondono dietro la preparazione dei cibi. 

Monica Panetto

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