CULTURA

L’economia e le leggi della termodinamica

È la termodinamica, bellezza. Se in libreria tra la Clerici e la Parodi spunta il libro di ricette di un professore universitario, non è stravaganza, ma solo colpa della termodinamica. Che a sua volta non è solo il principio per cui il fuoco del fornello fa bollire l’acqua della pasta, ma qualcosa di molto più complesso e imprescindibile.

Il professore è Andrea Segrè, la termodinamica è quella che invocano ogni giorno gli ecologisti della decrescita, quelli per cui l’economia non è la “scienza triste” fatta solo di numeri, ma il modo che l’uomo ha creato per rapportarsi e gestire la realtà del mondo. E se la scienza economica degli ultimi secoli parla solo di crescita illimitata, la termodinamica ci spiega che il pianeta ha dei limiti oggettivi, e non è fisicamente possibile estrarre energia infinita da una risorsa finita.

Il discorso vale per i combustibili, l’acqua, l’energia – cavalli di battaglia della green economy  - ma vale anche per il cibo. Dal momento che non è infinita la superficie coltivabile, il numero delle bestie da allevamento, l’energia disponibile per produrlo, nemmeno il cibo è infinito. Eppure ogni anno buttiamo letteralmente nella spazzatura il 27% di quel che comperiamo, un tesoro di 40 miliardi di euro solo in Italia, circa il 2.4% del PIL nazionale. Utilizziamo energia – e quindi lavoro - per produrlo, raccoglierlo, impacchettarlo, distribuirlo, ritirarlo dagli scaffali e… distruggerlo. Dal surplus di produzione che resta nei campi a marcire alla scorretta interpretazione delle date di scadenza fino alla pessima gestione del nostro frigorifero, l’occidentale medio sembra non capire che “c’è qualcuno oltre a noi che spinge il carrello quando andiamo a fare la spesa”. Considerato ad esempio che oltre il 70% dell’acqua dolce (risorsa sempre più preziosa e costosa) è utilizzato per usi agricoli, ogni spreco alimentare implica inutile spreco di acqua. Gli allevamenti – origine della nostra bistecca quotidiana – sono tra i maggiori produttori di CO2. L’abuso di prodotti fuori stagione o la mancata adesione alla filosofia del chilometro zero ingolfa di camion le nostre strade. L’apoteosi del packaging riempie di spazzatura i nostri cassonetti e crea il business dei rifiuti. Troppo cibo o cibo di scarsa qualità comportano sul lungo termine notevoli costi medici e sociali.

Se la definizione di food waste data dalla FAO comprende genericamente ogni sostanza sana e commestibile che non arriva al consumo umano perché si perde per vari motivi nelle fasi della filiera agroalimentare, secondo lo Swedish Institute for Food and Biotechnology il fenomeno dipende anche da fattori comportamentali che si annidano nelle fasi di distribuzione, vendita e consumo finale. I dati di Segrè sono contestati  da chi non accetta di caricare la colpa dello spreco sulle spalle dei consumatori. La grande bouffe non è solo colpa loro, e Segrè lo dice con chiarezza: quella che stiamo attraversando non è la ciclica crisi economica, ma una vera crisi strutturale, per cui è necessario ripensare integralmente il sistema di produzione, distribuzione e consumo. È tempo di elaborare una wasting review, che stia a monte di una corretta spending review – concentrarsi solo sulla seconda non porterebbe a risultati a lungo termine, così come regalare gli avanzi ai poveri aiuta le nostre consumistiche coscienze ma non elimina il problema della povertà generata da un sistema palesemente difettoso.

Tra risoluzioni europee  e campagne di comunicazione,  sarebbe ottima cosa – insiste Segrè – che si riprendesse nelle università la vecchia materia di economia domestica, per imparare a ricominciare dal basso e a ripristinare un corretto consumo dei prodotti materiali e immateriali. E poiché lo spreco avviene prima di tutto in cucina, ecco la provocazione delle ricette inaspettate: gratin di bucce di patate, salse di foglie di carota, fagottini di cotiche, plum-cake alla frutta con gli scarti della centrifuga. Tutte ricette di cucina che nascondono ricette per la buona economia, per capire che la vera “riforma Eco” è ecologica ed economica insieme, in quanto l’economia deve necessariamente essere parte dell’ecologia, e non viceversa.

Affinché la nostra società continui a esistere, l’orizzonte del Mondo Nuovo deve essere lo spreco zero. A partire dallo yogurt scaduto per lucidare gli ottoni di casa.

Cristina Gottardi

Andrea Segrè, Cucinare senza sprechi. Contro lo spreco alimentare: azioni e ricette. Ponte alle Grazie, 2012

 

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012