SCIENZA E RICERCA
Marte: antico pianeta d'acqua, ora deserto
Foto: Nasa
Una distesa sconfinata di deserti di polvere, crateri e aride vallate, paesaggio marziano freddo e inospitale. Eppure tre miliardi e mezzo di anni fa Marte doveva apparire profondamente differente, solcato da fiumi e irrorato da laghi come quello un tempo ospitato nel Gale Crater, scoperto dalla sonda Curiosity atterrata sul pianeta già nel 2012 ma i cui risultati definitivi sono stati resi noti dalla Nasa solo alla fine dello scorso anno. L’ultima sonda arrivata su Marte ha rimandato sulla Terra immagini di linee che contrassegnano sinuose incisioni un tempo chiaramente letti di fiumi tortuosi; ma ha anche fotografato rocce composite contenenti ghiaie tipicamente fluviali e sferule che, poggiate sulla sua superficie, testimoniano con un ampio margine di sicurezza l’azione plasmante dallo scorrere dell’acqua.
“In questi giorni il dibattito su Marte non verte più sulla presenza o meno di acqua sul pianeta - ampiamente documentata dalle tracce rilevate dai rover - ma su quanta ce ne fosse miliardi di anni fa e quali siano stati i motivi che abbiano portato alla sua totale scomparsa” precisa Nick Schneider, docente all’università del Colorado e capo del gruppo di ricerca che ha elaborato lo spettrografo IUVS (Imaging Ultraviolet Spectograph) ora a bordo della navicella spaziale Maven, partita da Cape Canaveral lo scorso novembre. Durante i mesi di permesso sabbatico che sta trascorrendo al Cisas di Padova, Schneider segue i progressi di Maven che, assicura, “sta andando estremamente bene. Il suo arrivo su Marte è previsto per il 21 settembre e siamo fiduciosi”.
Lo spettrografo ideato a Boulder misurerà l’atmosfera di Marte: i gas di cui è composta saranno suddivisi in base alla lunghezza d’onda delle loro emissioni, così da essere visualizzati in colori diversi; una sorta di prisma in grado anche di indicare anche il livello di presenza di ogni componente al suo interno. “Il mio bambino”, precisa Schneider riferendosi a IUVS, “è stato ideato per studiare in dettaglio la parte superiore dell’atmosfera marziana, alla ricerca di una spiegazione per la scomparsa dell’acqua dal pianeta”. Poiché infatti non ne è stata rilevata traccia dai geologi nel suolo di Marte, è possibile che, in forma gassosa, sia entrata nella sua atmosfera. È nella sua parte più alta che gli studiosi puntano a rintracciare almeno qualche traccia di idrogeno che, molto leggero, è piuttosto semplice da misurare. Infatti determinare le quantità di idrogeno e di ossigeno entrate nell’atmosfera in seguito alla divisione degli atomi di acqua e di biossido di carbonio potrebbe essere la chiave per comprendere l’evoluzione dell’atmosfera marziana. Grazie a queste analisi potremmo forse capire con più precisione quali fossero le condizioni sul pianeta prima che, oltre quattro milioni di anni fa, l’atmosfera cominciasse ad assottigliarsi, probabilmente a causa di una diminuzione del campo magnetico che la teneva ancorata. Forse indebolito da movimenti tellurici profondi, il campo magnetico non fu più in grado di proteggere la superficie di Marte, che andò incontro a erosione e a un rapido consumo, producendo il paesaggio desolato che riconosciamo oggi nelle foto di Curiosity. Comprendere la connessione fra il grado di “abitabilità” di Marte e le sue condizioni atmosferiche oggi potrebbe anche aiutare a capire su quali tipi di pianeti focalizzare l’attenzione nel cercare segni di vita extraterrestre.
Conclude lo scienziato: “Certo fino a oggi le missioni marziane non sono state particolarmente fortunate. Non contiamo ancora Maven come un successo perché potrebbe accadere che il razzo fallisca e spedisca la navicella oltre Marte. Io riassumerei la storia delle esplorazioni su Marte così: Terra 16 – Griglia difensiva imperiale di Marte 22”.
Se Maven - “dita incrociate” suggerisce scaramanticamente lo studioso - sarà su Marte fra cinque mesi, il modello elettrico ingegneristico Dreams realizzato dal Cisas di Padova, in collaborazione con l’Inaf Osservatorio di Capodimonte, è già nelle mani dell’Agenzia spaziale europea (Esa), pronto per far parte della missione spaziale del 2016 Exomars: per la prima volta un lander europeo tenterà l’atterraggio – se così si può dire - su Marte. E speriamo di avere la meglio contro la griglia imperiale.
Chiara Mezzalira