Torrente deriva dal latino, dal verbo torrēre. Ha un duplice significato: essere secco ed essere violento, impetuoso. Entrambi i significati si osservano in tutti i torrenti dolomitici. Spesso possono sembrare piccoli, non molto significativi, ma sono sempre l’inizio di grandi fiumi.
È proprio sull’analisi, lo studio e la conoscenza dei torrenti che si fonda il terzo episodio della serie Dolomiti. Dopo il racconto delle Foreste e dei Ghiacciai, Vincenzo D’Agostino, docente di Protezione dal rischio idrogeologico al dipartimento TESAF dell’università di Padova, ci accompagna alla scoperta dei corsi d’acqua presenti sulle Dolomiti. Partendo dal torrente Bòite, a monte di Cortina D’Ampezzo, il professore ne descrive la morfologia e le caratteristiche. “Quando parliamo di torrenti parliamo di acqua, ma acqua che modella l’alveo - spiega -. Modellando la sezione si spostano anche i sedimenti. Tra questi c’è anche il legname, elemento fondamentale dei nostri torrenti dolomitici”.
Qual è la differenza tra un torrente e un fiume? L’elemento peculiare, spiega D’Agostino, è la pendenza. Quando la pendenza longitudinale dell’acqua superano il 3/5% possiamo parlare di torrente. Questo è solo un primo elemento topografico. Il secondo è di tipo idrogeologico. Quando si parla di sicurezza, anche idraulica, si parte sempre da una scarsa percezione. Spesso si ignora il fatto che in un torrente montano possano passare diverse decine di metri cubi d’acqua al secondo o, addirittura, non ci si accorge del corso d’acqua stesso. Una percezione sbagliata che poi ha conseguenze sui paesi sottostanti.
A causa dei cambiamenti climatici, si presenteranno sempre più fenomeni estremi e, come abbiamo visto nella puntata dedicata ai ghiacciai, la montagna è una sentinella di questi cambiamenti. Vale anche per i fiumi. Ne abbiamo avuto riprova con la tempesta Vaia, ma anche con l’esondazione avvenuta a Rio Gere il 5 agosto 2017. In quel caso l'acqua esondata dal Bigontina uccise una persona e arrivò fino a Cortina D’Ampezzo.
“Siamo abituati a sentir parlare di alluvioni, intendendo un'alluvione di tipo liquido, in realtà quelle vere e più preoccupanti, quando si parla di torrenti montani, sono di tipo solido - continua D’Agostino -. La questione più importante del dinamismo dei torrenti è capire cosa succede quando transita un quantitativo d'acqua capace di trasportare sedimenti, quindi il vero problema da gestire in ambito di mitigazione della pericolosità idrogeologica sulle nostre montagne è legato all’intensità, le modalità e gli effetti con cui si verifica questo trasporto solido”.
“ Sulle Alpi stiamo assistendo a eventi dinamici più frequenti. La risposta dev’essere un monitoraggio capillare del territorio, una vigilanza attiva Vincenzo D’Agostino
Tra colate detritiche, sedimenti che modificano, ostruiscono o riempiono il corso del torrente, una corretta e costante gestione dei corsi d’acqua è fondamentale. Analizzarli, studiarli e creare opere atte a prevenire eventuali problematiche è una condizione senza la quale il rischio per la popolazione diventa molto alto. Come si fa questa prevenzione ce lo spiega Marco Martini, dottorando del TESAF dell’università di Padova. “Far convivere la funzione ecologica e la funzione di prevenzione del rischio di mitigazione del pericolo non è sempre facile - precisa Martini -. Il legname all'interno dei canali svolge importanti funzioni ecologiche. Durante gli eventi di piena alluvionale però il legname, sia quello presente sulle sponde che all'interno del canale, viene trasportato dal flusso d'acqua e può essere un componente di rischio. Può infatti essere intercettato da strutture, quali ponti o opere di trattenuta, andando a causare importante erosione del letto dei fiumi e fenomeni di avulsione. Durante gli anni infatti è stata posta molta attenzione su quello che è il pericolo che il legname può causare durante le alluvioni”.
Un’attenzione necessaria, ribadita dallo stesso D’Agostino: “Sulle nostre Alpi stiamo assistendo a eventi dinamici più frequenti. È ovvio che di fronte a ciò la risposta dev’essere un monitoraggio sempre più capillare del territorio. Un’azione alla quale siamo chiamati è quella di una vigilanza attiva: per esempio, nel caso dell'Emilia Romagna, abbiamo assistito a un evento che si è detto straordinario e legato al cambiamento climatico, però l'azione di rimozione della vegetazione legata ai fatti precedenti non è stata tempestiva ed è diventato un boomerang perché il legname, che era accatastato lungo il buffer fluviale, è stato trasportato amplificando alcuni effetti. Purtroppo il cambiamento climatico ci costringe da un lato a mettere in campo più forze, più energie per seguire nel tempo l'evoluzione, dall'altro a ripensare la presenza dell'uomo in certe situazioni esposte a rischio”.
Dolomiti, la serie
da un’idea di Massimo Pistore
interviste di Antonio Massariolo e Francesca Boccaletto
riprese e montaggio di Massimo Pistore
I protagonisti del terzo episodio:
Vincenzo D'Agostino, docente di Protezione dal rischio idrogeologico, TESAF - Università di Padova
Marco Martini, dottorando TESAF - Università di Padova
Francesco Bettella, tecnico TESAF - Università di Padova
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