È il 3 luglio 2022 quando un grande seracco si stacca dalla cima della Marmolada e travolge 11 escursionisti. Una massa di 64.000 tonnellate di ghiaccio e rocce che accende l’attenzione sul ghiacciaio della Regina delle Dolomiti, un’attenzione che in poco tempo svanisce. A svanire, o meglio, a sciogliersi oggi è il ghiacciaio stesso. Lo sta facendo a una velocità tale che tra 15 anni non ci sarà più traccia. E ciò accadrà se i ritmi di fusione, che sono passati da una riduzione media di 2 ettari l’anno nel corso del XX secolo ai 13 ettari tra 2022 e 2023, resteranno invariati, altrimenti il ghiacciaio della Marmolada sparirà anche prima.
"Il ghiacciaio è un termometro, è una sentinella dei cambiamenti climatici in corso perché restituisce in maniera rapida e chiara le variazioni climatiche a livello locale, ma è anche un patrimonio culturale e una risorsa idrica importante - ha dichiarato Mauro Varotto, docente di geografia all’università di Padova -. È un segnale d'allarme e quello che noi dobbiamo capire e far capire è che non è tanto la conservazione del ghiacciaio stesso l'obiettivo, ma che quel ghiacciaio deve insegnarci una lezione che va molto lontano".
Proprio il Museo di Geografia dell’università di Padova, il 7 e l'8 settembre 2024, ha organizzato la sesta edizione della Campagna glaciologica partecipata in Marmolada. Da quella due giorni è nato un manifesto pubblicato dalla Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile da titolo Manifesto per un’altra Marmolada: quando il ghiacciaio non ci sarà più.
La Marmolada, si legge, è emblema delle montagne del Novecento: è montagna-confine aspramente contesa sin dal primo conflitto mondiale, di cui emergono tuttora ordigni e resti; è montagna-playground, anticipatrice del modello di sviluppo ski oriented che qui vide nel 1947 la costruzione di uno dei primi impianti di risalita in Italia, da cui ha preso avvio una lunga contesa confinaria tra Veneto e Trentino per lo sfruttamento del suo “oro bianco”; è montagna-sublime, sulle cui pareti rocciose sono state scritte pagine memorabili di storia dell’alpinismo.
“ Il ghiacciaio non è solamente un accumulo di neve, è soprattutto un archivio climatico Mauro Varotto
Per quanto riguarda i ghiacciai delle Dolomiti invece, come ricorda Varotto, la prima ricognizione fu effettuata intorno agli anni dieci del Novecento da Giovanni Marinelli, geografo all'Università di Padova. “All'epoca, Marinelli aveva conteggiato 39 ghiacciai nell'area dolomitica. Il primo catasto di ghiacciai italiani, realizzato tra il 1958 e il 1960, invece parla di 56 ghiacciai in area dolomitica, dei quali però 22 estinti. Oggi parliamo di 75 corpi glacializzati, quindi non propriamente ghiacciai, nell'area dolomitica”.
Ma come mai questo aumento del numero dei ghiacciai in realtà è un segnale della loro diminuzione? “Perché di fatto i grandi ghiacciai si sono frammentati in tanti piccoli ghiacciai o addirittura glacionevati - spiega Varotto -. Questi sono degli accumuli di ghiaccio relitto, che non si muove più, quindi di fatto sono residui di una fase glaciale, diciamo più intensa dei secoli passati. Quindi attualmente noi abbiamo piccoli corpi glaciali. Il principale ovviamente è quello della Marmolada che però si sta riducendo molto rapidamente e che ora che misura circa 100 ettari, cioè un chilometro quadrato”.
Noi siamo saliti proprio sul ghiacciaio più importante delle Dolomiti, per capirne di più. Ad accompagnarci sono stati Mauro Varotto e Francesco Ferrarese, tecnico del DiSSGeA dell’università di Padova, con cui abbiamo ripercorso la storia dei ghiacciai delle Dolomiti e cercato di capire quale sarà il loro futuro, consapevoli che dalle terre alte alla pianura è sempre tutto molto più interconnesso di quanto potremmo immaginare. Il secondo episodio si intitola Ghiacciai.
Dolomiti, la serie
da un’idea di Massimo Pistore
interviste di Antonio Massariolo e Francesca Boccaletto
riprese e montaggio di Massimo Pistore
I protagonisti del secondo episodio:
Mauro Varotto, docente di Geografia - DISSGeA - Università di Padova
Francesco Ferrarese, tecnico GIS, Geographic Information Systems, DISSGeA - Università di Padova
Location dell'intervista a Mauro Varotto:
Museo di Geografia, Palazzo Wollemborg - Università Di Padova
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