UNIVERSITÀ E SCUOLA

Mi serve andare a scuola?

“La perdita di un’enorme massa di studenti che abbandona la scuola rimane un luogo comune accettato quasi con rassegnazione, dimenticando che in questa zona d’ombra si nascondono non solo i destini individuali di ragazzi e ragazze ma anche le prospettive di crescita del nostro Paese”. Il 16 ottobre scorso è stata presentata alla Camera dei deputati un’indagine conoscitiva, avviata dalla VII Commissione cultura, scienza e istruzione e svoltasi dal 23 aprile al 10 giugno 2014. All'interno dello studio non solo la fotografia della situazione attuale ma anche le possibili strategie di azione per contrastare la dispersione scolastica, "nodo storico del nostro sistema di istruzione e di formazione".

La riduzione dei tassi di abbandono scolastico precoce al di sotto del 10% figura tra i cinque obiettivi di Europa 2020 (attualmente la media europea è dell’11,9%). Le indicazioni europee si riferiscono agli Early school leavers (Esl), ovvero “i giovani dai 18 ai 24 anni che non dispongono di titolo di studio o qualifica superiore a quello ottenuto a conclusione del primo ciclo di istruzione e non attualmente in formazione”, che in Italia sono il 17,6%. Con miglioramenti al Nord, situazioni allarmanti al Sud e qualche eccezione degna di nota. “Alcune regioni – si legge nell’indagine - registrano percentuali vicine alla media europea, che è del 12,8% (Friuli Venezia Giulia, Lazio e Abruzzo); mentre il Molise presenta un valore del 9,9%. Altre, come la Toscana sono in linea con la media nazionale (17,6%), altre ancora, come la Valle D’Aosta, hanno un tasso del 21,5% di giovani tra i 18 e i 24 anni che non riescono a conseguire un diploma o una qualifica di scuola secondaria superiore. La situazione nel Mezzogiorno appare generalmente peggiore rispetto al resto d’Italia, registrandosi un tasso del 25,8% in Sardegna, del 25% in Sicilia, del 21,8% in Campania e del 19,8% in Puglia (dati Miur aggiornati a giugno 2013), pur dovendosi ricordare che, in quest’ultima regione, il tasso di early school leavers, nel 2006, era del 27%. È anche vero che la Calabria, con il 17,2% è in linea con la media nazionale, mentre la Basilicata, con il 13,8%, è sotto la media nazionale. Le differenze a macchia di leopardo, inoltre, valgono anche all’interno delle singole regioni”. 

La dispersione risulta maggiore negli istituti tecnici e negli istituti professionali e ha profonde radici in quelle scuole situate nelle zone ad alto rischio di esclusione sociale. Ma allora cosa fare? Quali strategie adottare? Per abbattere la dispersione scolastica il Miur intende puntare su tre strategie: azioni costanti nel tempo e valutazione dei risultati, personalizzazione degli apprendimenti e approccio basato sulle competenze, stretta collaborazione tra scuola, famiglia, territorio e altre agenzie educative. 

Il Thematic workgroup on early school leaving della Commissione Europea, nel rapporto finale Reducing early school leaving: key messages and policy supportdel novembre 2013 sugli abbandoni precoci nella scuola, ha indicato che le azioni contro la dispersione scolastica vanno collocate a tre livelli: azioni di prevenzione, azioni dirette e misure di recupero. Sulla base di questo rapporto, vengono individuate le priorità che dovrebbero caratterizzare un’efficace strategia di lotta alla dispersione scolastica in Italia. Tra queste, l’incremento dell’accesso agli asili nido e alla scuola dell’infanzia: la mancanza di esperienza prescolare presenta infatti una correlazione significativa con il numero dei possibili abbandoni futuri, soprattutto nelle regioni del Sud Italia e nelle isole. E ancora, si legge nell’indagine della VII Commissione, la strutturazione di un’anagrafe nazionale dello studente che andrebbe a incrociare le informazioni in possesso del Miur con la banca dati Invalsi, per riuscire a valutare così un rischio basso, medio o alto di abbandono precoce degli studi; il potenziamento dell’orientamento nel primo biennio della secondaria di secondo grado (perché da tempo la secondaria di primo grado non rappresenta più la fine del percorso dell’obbligo), l’attuazione piena dell’autonomia scolastica che consentirebbe di disegnare un progetto di scuola adatta al territorio (pur rispettando i termini generali di un sistema di istruzione nazionale), lo sviluppo di percorsi triennali di istruzione e formazione professionale, investendo sulla formazione dei docenti e sulle partnership territoriali, la creazione di ambienti d’apprendimento stimolanti “per una scuola più aperta, cooperativa e senza zaino”, una maggiore attenzione alle fasce a rischio dispersione, a partire dagli studenti di cittadinanza non italiana. Nell’indagine si parla anche di “riordino dei cicli e del progetto di un anno in meno del sistema formativo, con la possibilità di introdurre una anno-ponte tra scuola secondaria e istruzione post-secondaria, con una eventuale riduzione delle prove d’esame di maturità a due o tre discipline”.

A dirci, poi, quanto ci costa la dispersione scolastica è la ricerca Lost, promossa dalla ong WeWorld Intervita, con associazione Bruno Trentin e Fondazione Giovanni Agnelli. Analizzando lo sforzo economico degli enti che - attraverso molteplici attività, dall’aiuto nei compiti scolastici alla creazione di centri di aggregazione giovanile, passando per le attività di socializzazione - si occupano di lotta alla dispersione scolastica nel territorio di quattro comuni metropolitani (Milano, Roma, Napoli e Palermo, con l’inclusione della prima cintura di comuni limitrofi per quanto riguarda Milano e Palermo), è emerso che il terzo settore, da solo, andrebbe a investire, ogni anno, “60 milioni di euro per contrastare la dispersione scolastica. Uno sforzo comparabile a quello del ministero dell’Istruzione – segnala lo studio - che investe circa 55 milioni di euro ogni anno in progetti attivati nelle scuole, principalmente con finalità di recupero”. Le attività degli enti, che lavorano in maniera indipendente rispetto alla scuola, sono potenzialmente raccolte nell’area dell’istruzione e della ricerca e in quella dell’assistenza sociale, “basti pensare all’accompagnamento dei bambini rom o alla presa in carico dei minori in situazioni problematiche”. 

Assenze ingiustificate, ritardi, bocciature ripetute: i segnali d’allarme che possono preannunciare un abbandono scolastico sono molteplici e la prevenzione risulta dunque fondamentale. In questo senso agisce, e in questo panorama si inserisce, il programma Fuoriclasse, un intervento integrato e multi-situato di contrasto alla dispersione scolastica, avviato da Save the children e Fondazione Giovanni Agnelli e proposto alle classi IV e V delle primarie e II e III delle secondarie di primo grado a Napoli, Crotone, Scalea, e - più recentemente - a Bari, Milano e Torino, con l’obiettivo specifico di accompagnare gli alunni e gli studenti nel passaggio alla scuola di grado successivo. “Una delle domande di fondo a cui i bambini e ragazzi a rischio dispersione rispondono negativamente è: mi serve andare a scuola? - si legge nel programma di Save the children – A rischio dispersione è il ragazzo che non attribuisce un senso alla propria frequentazione del percorso scolastico, che si pone in maniera apatica  rispetto a ciò che la scuola gli offre come contenuti e metodi didattici, che sviluppa un senso di inadeguatezza come conseguenza del suo non sentirsi all’altezza di ciò che gli viene richiesto”. 

Nel tentativo di contrastare e prevenire questo rischio, dal 2011 è in corso una analisi del fenomeno e una definizione di intervento efficace, in collaborazione con le scuole, con attività da sviluppare all’interno degli istituti scolastici e nei centri educativi nel doposcuola. Dai laboratori motivazionali in orario scolastico per rinforzare l’autostima a quelli ludico-ricreativi, passando per il sostegno nello studio con il supporto di tutor (insegnanti in pensione e peer educators) e i campi scuola con attività di gruppo da svolgere in contesti non formali. Ma anche attraverso la creazione di consigli consultivi, ovvero spazi di dialogo permanente tra docenti e studenti con l’obiettivo di costruire una solida comunità scolastica, e ancora attraverso incontri di formazione per docenti o per genitori, al fine di stimolare la partecipazione attiva, la riflessione su temi quali il diritto allo studio, la legalità, la cittadinanza responsabile e consapevole. Per promuovere nei ragazzi e nelle loro famiglie il valore della scuola come agenzia educativa in termini di progettualità della vita futura.

Francesca Boccaletto

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