SOCIETÀ

Non di solo spread. Scuola, provvedimenti a rischio

Non esiste solo la parola spread nel dizionario della crisi di governo aperta in questi ultimi giorni in Italia. Se a preoccupare la politica nazionale e internazionale sono le sorti dei mercati, guardando più nel dettaglio diversi sono i campi rispetto ai quali la caduta del Governo potrà avere effetti considerevoli. In particolare, diversi sono gli aspetti che coinvolgono il mondo della scuola e della formazione e mettono in ansia i suoi operatori, i docenti precari in primis. Le dimissioni di Mario Monti e, a cascata, dei suoi ministri rischiano infatti di far diventare lettera morta porzioni rilevanti delle riforme avviate nel campo della scuola dal Miur, il dicastero di Francesco Profumo. 

Cosa si salva, e cosa rischia di venir meno? Non ci saranno ripercussioni per le decisioni già adottate per l’anno scolastico in corso, come non dovrebbero esserci rischi di sorta per il concorso a cattedra per i docenti recentemente bandito. Possono stare tranquilli gli oltre 321.000 candidati al primo test di ammissione in programma il 17 dicembre e che scremerà la mole di aspiranti insegnanti in vista della prova scritta prevista per febbraio 2013. 

La questione si complica, in realtà, se si va ad analizzare la situazione per il secondo concorso annunciato dal ministero. Il Miur infatti era pronto a indire un nuovo bando per la prossima primavera. Le intenzioni del dicastero erano chiare: portare all’assunzione altri 10.000 insegnanti, presi per la metà dalle graduatorie a esaurimento e per la metà, appunto dal concorso di primavera, che però rischia di essere cancellato dall’agenda di governo. Non ci sarebbero infatti i tempi tecnici per avviare e portare a termine l’iter necessario. Il decreto attuativo dovrebbe infatti ricevere almeno un’approvazione in prima lettura da parte del Consiglio dei ministri, ma è difficile, e riuscirci rappresenterebbe un po’ un miracolo della politica italiana. Il governo ha infatti di fronte a sé solo altri due Consigli in programma: nel primo dovrebbe andare in approvazione la legge di stabilità da sottoporre poi alle Camere. Nel secondo dovrebbero essere formalizzate le dimissioni ufficiali. Appare altamente improbabile che ci sia spazio per altro.

Risultato? Sfumerà la possibilità di regolarizzare una buona quota di precari della scuola. Ma non solo. A rischio concreto di cancellazione è la revisione dell’intero sistema che a sua volta dipende dall’approvazione del decreto governativo. Profumo aveva infatti in mente di bandire un concorso per la scuola ogni due anni. Questo avrebbe permesso da una parte di evitare il ripetersi di vuoti concorsuali (l’ultimo bando per docenti a cattedra risaliva a 13 anni fa), dall’altra di esaurire tutte le graduatorie, affrontando uno dei problemi più annosi della scuola italiana. Il risultato finale sarebbe stato quello di poter accedere alla professione dell’insegnamento solo attraverso i bandi di concorso, eliminando, di fatto, le graduatorie. Il percorso sarebbe stato lungo ma chiaramente definito, e l’idea di fondo era stata largamente condivisa. Ma questo impianto, con le dimissioni del governo in carica, rimarrà una chimera. Se poi, il Consiglio dei ministri dovesse comunque riuscire ad approvare il pacchetto, il testimone passerebbe al nuovo governo e il provvedimento rischierebbe in ogni caso di rimanere “parcheggiato” in attesa di nuove decisioni e/o revisioni.

Problemi anche per il Tfa (il tirocinio formativo attivo). Non tanto per quello ordinario, già avviato, ma per il percorso “speciale”, riservato cioè ai professori non ancora abilitati ma che hanno alle spalle “almeno 360 giorni di servizio”. In questo caso non è ancora stato scritto il regolamento attuativo che dovrebbe poi ottenere il parere favorevole del Consiglio di Stato e quindi delle commissioni parlamentari. Ma con le Camere pronte a sciogliersi entro gennaio, il provvedimento pare destinato a decadere. Stessa sorte per il contestato ridisegno delle norme di autogoverno della scuola. Il disegno di legge 953 infatti non vedrà proprio la luce. Il testo prevedeva l’autonomia statutaria delle scuole che si sarebbero in pratica dotate di un regolamento proprio a cui attenersi. A questo si aggiungeva la possibilità di ottenere da parte dei Consigli d’istituto finanziamenti da privati. Il disegno di legge è stato oggetto di dure battaglie e di revisioni incrociate da parte dei partiti che hanno impantanato, di fatto, il provvedimento. Rimane, infine, una certa attesa proprio per l’approvazione della legge di stabilità, l’ultima prima delle dimissioni ufficiali del governo Monti. Il testo del disegno di legge dovrebbe infatti contenere parte dei finanziamenti destinati all’edilizia scolastica, da molto tempo al di sotto del fabbisogno minimo. Il settore è particolarmente delicato: sono molti i plessi scolastici che necessitano di interventi non ulteriormente rimandabili e in alcuni casi ingenti, ancora di più alla luce degli eventi sismici che hanno colpito l’Italia nell’ultimo periodo. 

Mattia Sopelsa

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