SCIENZA E RICERCA

Pontecorvo, lo scienziato che scelse l'Unione sovietica

È il febbraio del 1955: a quasi cinque anni dalla scomparsa di Pontecorvo  appare sulla Pravda e sulle Izvestija una dichiarazione del fisico italiano a favore della campagna dei Partigiani della Pace per la distruzione di tutte le armi atomiche del mondo e il divieto di costruirne di nuove. Da quel momento la notizia della fuga in Urss di Bruno Pontecorvo diviene ufficiale e fa il giro del mondo suscitando da un lato reazioni negative anche in molti dei suoi vecchi amici (uno per tutti Emilio Segré) e, dall’altro, sospetti da parte di autorità e servizi segreti su sue presunte responsabilità nel passaggio di informazioni riservate all’Urss relative alla costruzione di armamenti nucleari. A distanza di anni questi sospetti hanno dimostrato di essere privi di fondamento, come per altro più volte affermato da Pontecorvo: “Non c’entra niente l’atomica”, si legge nel libro della Mafai, L’Urss aveva già l’atomica, da oltre un anno. Io volevo lavorare per il progresso e per la pace, aiutare. Per questo sono partito. La sua scelta va collocata nel contesto della storia di quegli anni, gli anni nei quali la guerra fredda era ormai conclamata, e nelle sue radicate convinzioni politiche comuniste, che non ha senso giudicare con il semplicismo revisionistico così diffuso ai nostri giorni. “Solo in quel paese, pensavo”, si legge ancora nel libro della Mafai, “la mia passione scientifica e i miei sentimenti profondi non sarebbero entrati in contrasto”. Il suo atteggiamento cambierà negli anni successivi. Non nel 1956, con l’invasione sovietica dell’Ungheria che pure aveva spinto il fratello Gillo (il grande regista) ad abbandonare il Pci, ma nel 1968 con l’invasione sovietica che mise fine alla “primavera di Praga”. Ma la scelta di Pontecorvo ha anche un’altra motivazione, spesso trascurata, riconducibile a una grande utopia proposta con forza nel dopoguerra da Bohr, che Pontecorvo aveva conosciuto personalmente nel 1938. Il ragionamento che Bohr propone in più sedi, anche in una lettera aperta alle Nazioni Unite del 1950 (pochi mesi prima della fuga di Pontecorvo), può essere riassunto nel seguente modo. Le armi nucleari creano una situazione di pericolo mai incontrata prima dal genere umano. Ma proprio perché queste armi minacciano ugualmente tutte le nazioni, esse offrono un’opportunità unica per il raggiungimento di un universale accordo a non farne uso, da cui può scaturire un’era di pace duratura. Condizione essenziale però per attuare un simile accordo è, secondo Bohr, il libero accesso a tutta l’informazione scientifica e la possibilità di una supervisione internazionale di ogni impresa. Una posizione internazionalista condivisa anche da Einstein.

A Dubna Pontecorvo prosegue i suoi studi occupandosi in particolare dei neutrini, ma i risultati delle sue ricerche saranno conosciuti in occidente solo molto tempo dopo. Al 1957 risale la sua proposta che i neutrini, in analogia con quello che avviene per altre particelle (i kaoni), possano “oscillare” tra stati diversi e cioè cambiare in volo la loro natura da un tipo di neutrino a un altro. La presenza di oscillazioni dei neutrini implica tra l’altro che questi, fino allora considerati di massa nulla, debbano avere una massa (per quanto piccola). Nel 1959 un suo articolo congettura l’esistenza di un neutrino dell’elettrone (νe) diverso dal neutrino del muone (νμ) (

nell’iscrizione sulla sua tomba al Cimitero Acattolico di Roma si legge proprio νμ ≠ νe). La verifica sperimentale della proposta di Pontecorvo dell’esistenza del neutrino del muone sarà fatta nel 1962 da Lederman, Schwarz e Steinberg e varrà a questi il premio Nobel per la fisica del 1988. Grazie anche a questi risultati delle ricerche di Pontecorvo è stato possibile in seguito confermare il modello solare standard. Questo sembrava essere messo in crisi dal fatto che prevedeva l’emissione da parte del Sole di un numero di neutrini dell’elettrone molto maggiore di quelli che venivano osservati. In realtà se si ammette, come proposto da Pontecorvo tra il 1967 e il 1969, che parte dei neutrini dell’elettrone emessi dal Sole si trasformino in volo in neutrini diversi, allora i “neutrini mancanti” non sono più un mistero, semplicemente non vengono rilevati da dispositivi disegnati per osservare i neutrini elettronici. Va d’altra parte evidenziato che molti dei risultati di Pontecorvo, in larga parte ignoti fuori dall’Urss, venivano nel frattempo indipendentemente ottenuti da altri fisici in occidente.

Tre osservazioni per concludere. La prima riguarda il fatto che le ricerche su cui si è concentrato Pontecorvo sono tuttora un fiorente campo di ricerca. In particolare la fisica dei neutrini è una delle frontiere della fisica del futuro. La seconda osservazione è relativa ai dubbi, ancora troppo diffusi, sulle motivazioni che spinsero Pontecorvo a fuggire in Urss. Anche di recente si cerca di utilizzare questo presunto alone di mistero per pubblicizzare nuove uscite editoriali. In realtà, anche ricorrendo ad archivi dei servizi segreti, è chiaro che Pontecorvo non andò in Urss per portare informazioni atte allo sviluppo della bomba atomica. Lo fece semplicemente per le sue convinzioni comuniste. Infine, la terza osservazione concerne  quella frase, sopra riportata e tratta dal libro della Mafai: “Solo in quel paese, pensavo, la mia passione scientifica e i miei sentimenti profondi non sarebbero entrati in contrasto”. Troppo spesso oggi i giovani che fanno ricerca la fanno spesso senza radici. Pensano che sia prioritario (se non esaustivo) trovare un posto, quale che sia, dove poter svolgere il loro lavoro, pubblicare il più in fretta possibile, fare la loro carriera, eventualmente vincere il premio Nobel. Per Pontecorvo, invece, fare scienza è contribuire allo sviluppo culturale, politico, morale dell’umanità, e questo non può essere disgiunto da un’armonia tra la passione della ricerca e i propri sentimenti profondi di uomo, un’armonia che dipende anche dal Paese nel quale ci si trova. Una lezione che fa di Pontecorvo un uomo rinascimentale. (2/fine)

Giulio Peruzzi

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