SOCIETÀ
Self-publishing di qualità: la scommessa degli editori
In rete si pubblica e si legge sempre di più. Dopo gli smottamenti del 2013 sul terreno dell'e-book con il definitivo decollo dell'editoria digitale, che ha visto ampliarsi sensibilmente anche il fenomeno del self-publishing, qualcuno ha cominciato a chiedersi se il mercato dell’editoria fai-da-te possa essere qualcosa di diverso da un affare di nicchia basato sul desiderio di vedere pubblicati i propri scritti da parte di molti, e la disponibilità conseguente a pagare per potersi dire "autore". In che direzione si sta evolvendo questa modalità di pubblicazione? Può diventare un vivaio di nuovi talenti e un business redditizio per le case editrici "vere", quelle la cui attività è stata fin qui su carta, magari con un'apertura – spesso recente, e favorita dalla crisi – agli e-book pubblicati in parallelo alla versione tradizionale cartacea?
Alcuni editori ne sono convinti, e stanno attrezzando piattaforme per autori-fai-da-te con servizi di rete alternativi che creino un bacino in cui fare scouting editoriale: un'attività essenziale che in questo contesto assume connotazioni differenti rispetto a quanto consueto, e va completamente ripensata. Se tradizionalmente la figura dello scout editoriale, solitamente presente nelle case editrici più grandi, è quella del cacciatore di libri e autori in Paesi diversi dal proprio, scouting oggi significa sempre più aprire canali personalizzati su determinate categorie di utenti/autori. E nascono così figure nuove come il “concierge”, che si occupa di fare da guida passo dopo passo nella fasi della pubblicazione e nel processo di produzione del libro.
Da qualche tempo in Italia alcuni editori come il gruppo Gems si stanno muovendo attraverso il meccanismo del concorso letterario, mentre Piemme da subito ha attivato un servizio di self-publishing rivolto ai piccoli lettori di Geronimo Stilton. Se agli inizi del 2013 era parso che anche Mondadori si stesse dirigendo su una piattaforma per il self-publishing, legata all’e-book reader Kobo, nell’ottobre scorso Edoardo Brugnatelli, l'editor responsabile del progetto, dichiarava a Wired che l’orientamento era verso una community specializzata, una specie di scuola dove gli appassionati di scrittura incrociano i professionisti dell'editoria. È nato così il portale scrivo.me, un punto di riferimento che guarda anche verso altri Paesi, in Germania dove gli esperimenti del self-publishing tedesco sono spesso fruttuosi, o nelle librerie degli Stati Uniti dove è possibile stampare il proprio libro in 5 minuti.
In sintesi il portale si divide in tre sezioni: la Palestra, l’Officina, il Salotto. In palestra ci si allena, nell’officina si trovano gli strumenti di lavoro e in salotto si tengono le discussioni letterarie. Una corniceessenziale perché il progetto abbia successo: “Per me il concetto fondamentale è quello del gioco. Il gioco è una cosa terribilmente seria, fatta di immaginazione e regole",afferma il responsabile Brugnatelli. Se da una parte Riccardo Cavallero, direttore generale libri trade di Mondadori, sottolinea l’importanza di pubblicare solo in digitale perché nel self-publishing “l'edizione cartacea vuol dire solo vendere illusioni”, Franchini, editor narrativa della casa editrice, sostiene che “leggere per la prima volta uno scrittore ignoto e non pubblicato è come dividere la stanza da letto con uno sconosciuto”: un’impresa decisamente di non facile avvio. Per questo Edoardo Brugnatelli prevede di organizzare incontri di Extreme Writing, una sorta di esperimenti di improvvisazione letteraria, in una sezione appositamente predisposta.
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Ma l'auto-pubblicazione non porta, in prospettiva, a un superamento della figura editoriale? Degli editori c'è ancora bisogno, sostiene Giovanni Peresson, responsabile Ufficio studi dell'associazione italiana editori.
Oltre alla cura dei passaggi con i quali il testo di un autore arriva a un lettore, il lavoro editoriale prevede un’attività redazionale, un intreccio di voci dove autori, critici, intellettuali, case editrici e lettori sono la trama di una narrazione più ampia. Secondo Peresson sono gli interventi prettamente legati alla cura editoriale che danno forma a un testo trasformandolo in un libro, e va sottolineato come il sistema di self-publishing che si sta affermando oggi sia piuttosto un self-printing, proprio perché non vi è la presenza della mano dell’editore. Da qui, esperimenti di integrazione come quello sopra ricordato.
Se in Italia il 2013 ha segnato una crescita del mercato degli e-book, il mercato del self-publishing non è ancora riuscito a ingranare più di tanto. A differenza degli Stati Uniti, dove sembra che vi siano svolte assai interessanti. Subito dopo la Pearson, proprietaria della Penguin con la sua piattaforma Authors Solutions, anche Simon & Schuster, uno dei più grandi editori statunitensi, è entrato nell’arena del self-publishing con Archway Publishing, marchio che include oggi servizi di editing, design, distribuzione e marketing tramite creazione di booktrailer con costi dai 2 ai 25.000 dollari.
Sembra, insomma, che – almeno negli Stati Uniti – il self-publishing non sia solo "pubblicazione di vanità", ma una vera e propria realtà parallela. Un mondo inesplorato, dove pubblicare da sé non sempre è sinonimo di bassa qualità o dilettantismo. Anzi.
Antonella De Robbio