UNIVERSITÀ E SCUOLA

Il genio di Majorana non è scomparso

Majorana approda a Lipsia nel 1933. È stato Fermi a spingerlo in questo viaggio all’estero, vincendo le sue titubanze. Nella città tedesca  interagisce fecondamente con Heisenberg e finalmente si decide a pubblicare il suo lavoro sul nucleo fatto da positroni e neutroni (un importante affinamento del modello proposto da Heisenberg). Sembra sereno, e nelle lettere alla madre racconta della città, che gli piace e frequenta, e scherza sull’Istituto di fisica “posto in posizione ridente, un po’ fuori mano, tra il cimitero e il manicomio”. Da Lipsia va poi a Copenhagen, dove intrattiene rapporti con Bohr e con i molti scienziati che a Copenhagen fanno tappa. Poi di nuovo a Lipsia. L’articolo di Majorana del 1933 sul nucleo a protoni-neutroni viene ampiamente valorizzato da Heisenberg sia nei seminari di Lipsia sia al Congresso Solvay a Bruxelles dell’ottobre del 1933. Il modello di nucleo di Heisenberg e Majorana aprirà la strada agli sviluppi tra il 1933 e 1934 della teoria di Fermi del decadimento beta: gli elettroni non esistono nel nucleo ma vengono creati nel decadimento di un neutrone in tre particelle: un protone, un elettrone e un neutrino. La nuova centralità riconosciuta al neutrone sarà alla base delle ricerche della scuola romana sulla radioattività indotta da bombardamento di neutroni, che porteranno al Nobel del 1938.

Majorana, tuttavia, rientrato a Roma perde contatto con l’Istituto, frequentandolo solo saltuariamente. Non pubblica più nulla per anni. Studia a casa. Sembra che coltivi in particolare i suoi interessi filosofici, leggendo specialmente gli scritti di Schopenauer. E probabilmente a questo periodo risale il manoscritto, pubblicato postumo (1942) a cura di Giovanni Gentile jr., sul “valore delle leggi statistiche nella fisica e nelle scienze sociali” che sottolinea la sua sensibilità per temi di tipo epistemologico. Tornato a Roma, Majorana non stava bene in salute, come scrive Amaldi, “una gastrite, i cui sintomi si erano già manifestati in Germania, ma sulle cui cause non si sa molto, salvo che i medici la collegarono a un inizio di esaurimento nervoso”. Certo in Germania aveva vissuto vicende che non l’avevano lasciato indifferente, per quanto si fosse sforzato di analizzare con lucidità e distacco i caratteri che andavano palesandosi del regime nazista anche confrontandolo con quello fascista. Molte polemiche sono state sollevate in seguito sulle sue presunte simpatie nei confronti del regime hitleriano, ma sono polemiche sterili. Majorana cercava di capire e cercava, nei limiti del possibile, vivendoli dall’interno, di trovare motivazioni razionali a comportamenti che stavano portando l’Europa alla catastrofe della guerra. Inoltre aveva fatto scalpore la tragica vicenda del suicidio di Ehrenfest del settembre dello stesso anno (1933).

Nel 1937 viene bandito un nuovo concorso di fisica teorica (a distanza di più di dieci anni da quello precedente, un malvezzo che l’Italia ha sempre avuto quello di non dare certezza di progressione di carriera in ambito universitario). Majorana, inizialmente restio, si decise a partecipare, e forse proprio per presentarsi al concorso si decise anche a pubblicare uno dei suoi lavori più importanti: “teoria simmetrica dell’elettrone e del positrone”. Sempre facendo leva sui gruppi e, quindi, sulle simmetrie, Majorana introduce un nuovo approccio alla teoria dell’elettrone e positrone alternativo a quella di Dirac. La teoria di Dirac, tra l’altro, prevede che il neutrino e il suo corrispettivo antineutrino siano due particelle distinte, come l’elettrone e il positrone, mentre nella teoria di Majorana, il neutrino e l’antineutrino sono la stessa particella. Le ricerche sperimentali per confermare le previsioni di Majorana sono ancora oggi vive. La conferma delle sue previsioni potrebbe avere importanti ricadute in vari settori, e in particolare in ambito di cosmologia, per capire qualcosa di più sulla materia oscura o sul perché il nostro universo è fatto di materia e non di antimateria.

Ma torniamo al concorso. I posti erano tre. Ma alla fine si arrivò a inserirne un quarto utilizzando la chiamata per “meriti speciali” (come era stato fatto per Marconi, nel 1935). Le versioni su come si arrivò a questa soluzione sono discordanti, ma è poco significativo ripercorrerle. Sta di fatto che Majorana “per alta fama di singolare perizia” (come si legge nella comunicazione del Rettore che ironicamente Majorana riporta in una lettera alla madre) riceve la nomina diretta come professore ordinario di fisica teorica all’Università di Napoli nel novembre del 1937, e si trasferisce a Napoli dove insegnerà dal 13 gennaio al 25 marzo. A Napoli stringe amicizia con Antonio Carrelli, professore di Fisica Sperimentale, inizia le sue lezioni di cui restano appunti che ci fanno capire la sua impostazione, difforme da quella dell’epoca e molto più simile a quella attuale, e forse difficilmente comprensibile ai suoi studenti. A Napoli conduce una vita estremamente riservata.

A questo punto la scomparsa. I fatti. Il 25 marzo 1938, Majorana parte con il postale da Napoli per Palermo, dopo aver inviato una lettera a Carrelli dove sembra adombrare il suicidio. Una lettera che Carrelli riceverà solo alle 14 del 26 marzo. Ma il 26 marzo, Carrelli riceve, prima della lettera, un telegramma da Palermo nel quale Majorana scrive “Non allarmarti. Segue lettera”. Sempre in data 26 marzo viene spedita a Carrelli da Palermo una seconda lettera che Carrelli riceve la mattina del 27, dove Majorana scrive: “il mare mi ha rifiutato” [..] “tornerò all’Hotel Bologna a Napoli viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunciare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana, perché il caso è differente”. Sempre il 26, Majorana scrive un telegramma da Palermo all’Hotel Bologna chiedendo di “conservargli la stanza”. Avrebbe dovuto arrivare a Napoli il 27 marzo con il postale delle 5.45, ma da allora non si è più saputo nulla. Il romanzo di Sciascia “La scomparsa di Ettore Majorana” del 1975, è per l’appunto un romanzo, nel quale i fatti vengono cuciti dalla fantasia, e come tale può piacere o meno, ma poco o nulla dice su ciò che realmente sia accaduto. Le fantasiose presunte prove di un Majorana in fuga in America latina con criminali nazisti di qualche anno fa, insieme a quelle di questi giorni che lo identificano in Venezuela negli anni 1955-59, chiudono questo cerchio di illazioni.

Infatti la conclusione del procuratore aggiunto di Roma, Pierfilippo Laviani, si basa in primis sull’analisi dei tratti fisionomici ricavati da una fotografia scattata in quegli anni nel paese sudamericano e messa a confronto con precedenti immagini di Ettore Majorana e di suo padre. Un’identificazione, insomma, caratterizzata da ampi margini di incertezza. Ad avvalorarla, secondo il procuratore, è Francesco Fasani che in quegli anni viveva in Venezuela ed era l’autista di un certo Bini (quella che si ritiene, oggi, essere la falsa identità di Majorana). Fasani fornisce sia la fotografia utilizzata per il confronto, sia una cartolina del 1920 firmata da Quirino Majorana (zio di Ettore), indirizzata a un americano, un certo W. G. Conklin, e ritrovata (a dire di Fasani) nella macchina di Bini. Elementi conclusivi? Ma chi era Conklin? Che c’entra una cartolina scritta a Conklin nel 1920 con Ettore Majorana nel 1955? E quali altre notizie certe si hanno della permanenza di Majorana in Sud America negli anni ’50? A nessuna di queste domande sembra esserci risposta. Con il risultato che le reiterate rivelazioni su presunte novità relative alla scomparsa di Majorana accrescono la sua notorietà (e spesso la notorietà di chi fa queste rivelazioni).

La scomparsa di Ettore Majorana come scrive Amaldi è una grave perdita per tutti quelli che lo hanno conosciuto, per l’umanità. La sua eredità è tuttora viva. Sulla sua scomparsa accettiamo il silenzio, rispettoso e riservato. Quello al quale probabilmente Ettore Majorana aspirava con il suo gesto. (3/fine)

Giulio Peruzzi

Parte 1: Majorana, uno studente fuori dal comune Parte 2: L'ultima sigaretta di Majorana

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