UNIVERSITÀ E SCUOLA

Laurea, concorso, triennio formativo: le nuove regole per insegnare

Vuoi diventare insegnante? Dovrai essere “Fit”. Nel mare magnum degli acronimi ministeriali, per indicare il nuovo percorso verso la cattedra nelle scuole medie e superiori, il Miur ha escogitato un monosillabo dinamico e anglicizzante: Fit, “in forma” nella lingua d’oltremanica, a Trastevere varrà “formazione, inserimento e tirocinio”. È il triennio di formazione teorico-pratica riservato a quanti vinceranno il rinnovato concorso nazionale, che sarà indetto ogni due anni. La riforma dell’accesso alla professione entrata in vigore poche settimane fa prevede infatti uno schema che al ministero amerebbero definire “C + 3”: concorso più triennio formativo (retribuito), al termine del quale si sarà assunti in ruolo.

Si partirà già l’anno prossimo, con la prima selezione condotta con i nuovi criteri. Ma, cancellata la vecchia abilitazione, quali saranno i requisiti per partecipare? Il decreto legislativo 59/2017 richiede, oltre alla laurea magistrale o a ciclo unico, il conseguimento di 24 crediti formativi universitari in “discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche”. Di questi 24 crediti, almeno 18 dovranno essere ottenuti (6 per ciascuno) in tre ambiti a scelta tra pedagogico, antropologico, psicologico e metodologico-tecnologico. La riforma richiede quindi che gli atenei predispongano un’offerta didattica ad hoc per gli aspiranti docenti, e in fretta, visto che il concorso si terrà nel 2018. Sarà un decreto applicativo, che il Miur ha annunciato per la fine di luglio, a stabilire quali saranno i settori scientifico-disciplinari interessati, e come questi nuovi crediti dovranno essere inseriti negli ordinamenti degli attuali corsi di laurea.

Acquisiti i 24 crediti e ottenuto il titolo, i neolaureati si iscriveranno al concorso: sarà per titoli ed esami, su base regionale, e il numero di posti si baserà sulla previsione delle cattedre vacanti nel terzo e quarto anno successivi a quello della selezione. Ulteriori decreti applicativi Miur stabiliranno i criteri di valutazione di esami e titoli, le commissioni giudicatrici, le procedure organizzative.

Gli scritti saranno due: il primo su una materia scelta dal candidato tra quelle comprese nella classe di concorso; il secondo (cui accederà chi supera il primo) sulle ancora indefinite discipline “antropo-psico-pedagogiche” e “metodologie e tecnologie didattiche” già oggetto dei 24 crediti propedeutici. Infine l’orale, cui accederà chi supera il secondo scritto: la prova riguarderà tutte le discipline della classe di concorso, una lingua straniera “europea” (sarà richiesta una conoscenza di livello B2), abilità informatiche di base. I vincitori della selezione sceglieranno, nella regione in cui hanno sostenuto le prove, un ambito territoriale di riferimento per il percorso Fit.

Come funzionerà il cammino verso la cattedra? I futuri docenti firmeranno un contratto triennale con l’ufficio scolastico competente. In attesa che le condizioni contrattuali vengano definite con accordi collettivi, sarà il Miur a stabilire il compenso, che il primo anno dovrebbe ammontare a circa 600 euro al mese, il secondo anno verrà integrato dalle supplenze previste, e il terzo anno sarà pari allo stipendio pieno per una cattedra annuale.

Il percorso Fit prevede un primo anno riservato interamente alla formazione: si dovrà frequentare un corso di specializzazione istituito dalle università. L’ordinamento didattico sarà stabilito con un decreto del Miur, e comprenderà 60 crediti tra lezioni, tirocini scolastici, attività opzionali. Superato l’esame finale, gli allievi conseguiranno il diploma.

Nel secondo e terzo anno i futuri insegnanti, guidati dai tutor, dovranno svolgere un “progetto di ricerca-azione” che comporterà tra l’altro l’acquisizione di 15 crediti “collegati alla innovazione e sperimentazione didattica”. Nel secondo anno si potranno tenere supplenze per un massimo di 15 giorni complessivi, mentre l’intero anno finale (cui si accederà avendo superato una seconda valutazione) vedrà i candidati in cattedra per una supplenza annuale, in una sede a scelta tra quelle disponibili. Al termine della supplenza ogni candidato verrà valutato da una commissione, che sarà presieduta dal dirigente scolastico della scuola dove ha prestato servizio. In caso di valutazione positiva si verrà assunti in ruolo nell’ambito territoriale dove si è svolta la supplenza.

L’intero percorso Fit sarà ideato, organizzato e disciplinato dalla Conferenza nazionale per la formazione iniziale, che verrà istituita dal Miur e sarà formata da esperti provenienti dalle università e dal mondo della scuola.

La riforma non manca, ovviamente, di regolare la fase transitoria, con una serie di norme di salvaguardia per i precari “storici” e gli idonei dei concorsi già conclusi. In particolare, d’ora in poi il 50% dei posti disponibili verrà coperto scorrendo le graduatorie ad esaurimento fino a che non resterà alcun idoneo da assumere; il rimanente 50% dei posti dovrà essere suddiviso tra gli idonei del concorso 2016 (fino a scadenza della graduatoria), quelli dei nuovi concorsi ordinari e tra gli idonei di due nuovi concorsi speciali, riservati ai docenti già abilitati e ai precari con almeno tre anni di servizio. Queste due categorie potranno partecipare senza dover acquisire i 24 crediti aggiuntivi. È da notare che i due concorsi riservati non daranno diritto, per gli idonei, all’assunzione diretta, ma piuttosto a un “Fit abbreviato” rispetto a quello ordinario.

Il primo concorso, quello per gli abilitati, verrà bandito una sola volta, entro febbraio 2018, e consisterà nella valutazione dei titoli e in una prova orale “di natura didattico-metodologica”. Tutti i partecipanti verranno inseriti in graduatoria, e chi verrà chiamato (sulla base dei posti disponibili) verrà ammesso direttamente al terzo anno del Fit.

La seconda selezione (per precari non abilitati con almeno tre anni di servizio, anche non consecutivi, maturati negli otto anni precedenti) verrà bandita ogni due anni: oltre alla valutazione dei titoli, i candidati dovranno sostenere uno scritto (“di natura disciplinare”) e un orale didattico-metodologico. Gli idonei, secondo lo scorrimento della graduatoria, saranno ammessi a un “Fit abbreviato” biennale: un anno di specializzazione e uno di tirocinio e supplenza, con valutazione finale e immissione in ruolo. Dal 2019, infine, verranno chiamati ai Fit triennali gli idonei del concorso ordinario 2018, che andranno in ruolo tre anni dopo.

Siamo quindi vicinissimi al primo atto della riforma, il decreto che farà partire i corsi per i 24 crediti da acquisire per partecipare al concorso 2018. Bisognerà però attendere il 2019 perché la nuova procedura sia a regime, e i Fit possano davvero iniziare. Vista la complessità del nuovo meccanismo, nonché la passione nazionale per la scaramanzia, c’è da sperare che nessun candidato scopra che “fit”, in campo medico, significa “convulsioni”.

Martino Periti

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