CULTURA

Amori nel delta del Po

Torna all’università Nadia Scappini, entra nei suoi ricordi di studentessa e si emoziona: Padova è un tassello del suo passato, come Giacciano e Trieste, passato che entra prepotentemente nel suo primo romanzo. “Dopo la morte dei miei genitori non avevo più nessuno alle spalle: sentii l’urgenza di mettere nero su bianco, per non perdere i ricordi. La parola scritta mi aiuta a leggere la voce umana” (“Mi costruisco / giorno dopo giorno / parola dopo parola / la mia strada” aveva scritto qualche anno fa in La luna nuda, Travenbooks, 2007).

Si sentono le note autobiografiche, mescolate in una trama di luoghi, aneddoti, cibi con tanto di odori e colori. Le vicende di Livio e Cosetta si intrecciano, storie di persone con forti traumi alle spalle, lentamente superati fino all’arrivo, in età matura, del loro amore. Livio, insegnante itinerante come tanti, raggiunge l’età della pensione a Giacciano, frazioncina del Polesine. Qui decide di comperare casa: la sceglie piena di storia, totalmente da ristrutturare, per superare finalmente le abitazioni  tristi dell’infanzia. In un negozio di cucine incontra Cosetta, che in poche battute lo spiazza, interpreta al meglio i suoi desideri e sconvolge i suoi progetti: la cucina dei suoi sogni, con un grande tavolo e tanti amici, sarà fatta in modo diverso da come immaginava.

“La campagna è un luogo di azzeramento del dolore, il luogo dove il silenzio diventa ascolto, incontro; posso chiudere gli occhi e uscire dal tempo. Non è una fuga”, sottolinea l’autrice, “ma un luogo in cui ritrovare la propria memoria, per recuperare se stessi e rientrare più forti nella vita quotidiana. Quello che per i latini era l’otium contrapposto al negotium.” I due protagonisti, a turno, fanno da narratori: ne esce una polifonia, un alternarsi di voci che restituisce i fatti da diversi punti di vista, che porta l’autrice a rendere ogni sfumatura. Le storie vengono integrate gradualmente e il lettore può interpretare, per poi magari sorprendersi di un particolare che aveva immaginato diversamente.

Le ciliegie sotto il tavolo è pieno di aneddoti sul Polesine, di personaggi buffi, di racconti di vita quotidiana. Non mancano i momenti drammatici, la descrizione di tragedie che nella vita ci sono, che segnano e rimangono per sempre nei ricordi, oltre che nel presente di chi le ha vissute. Ma il tono non è mai disperato, lascia alla persona un margine di libertà, forse quella differenza che passa tra Livio e il fratello suicida: “Il mio vuole essere un libro di speranza: quello che salva sono gli altri, l’apertura al dialogo, le relazioni, fino all’accorgersi di essere creatura, vedere Dio negli altri. Livio e Cosetta si incontrano in una situazione calma, ormai sono maturi e possono finalmente innamorarsi, vivere fino in fondo. A cambiare la prospettiva sono il carattere personale e la fede nella vita, c’è la volontà di andare avanti, l’incontro con persone positive, il recupero della memoria. Non si colmano i vuoti del tempo, illuminarli però fa bene.”

 

Elisabetta Menegatti

 

Nadia Scappini, Le ciliegie sotto il tavolo. Marietti 2012

 

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