SOCIETÀ

Il mercato dei videogiochi italiano cresce, ma l’industria mondiale ha qualche difficoltà

In Italia continua a crescere il giro d’affari che riguarda il mondo dei videogiochi, mostrando un settore solido. Infatti, nonostante un calo dell’8% della comunità di chi videogioca rispetto all’anno precedente, il giro d’affari si è assestato oltre i 2,3 miliardi di euro, contro i poco meno di 1,8 dell’ultimo anno prepandemico, il 2019. Sono i dati del nuovo rapporto I videogiochi in Italia nel 2023 pubblicato da IIDEA, l’associazione di categoria dell’industria videoludica nel nostro paese. Per dare un’idea del peso specifico dei videogiochi in Italia, nello stesso anno l’industria musicale (vendita supporti fisici e streaming) ha fatturato 440 milioni di euro e gli incassi dei cinema sono stati di 495 milioni (solo biglietti, al netto di tutto il resto, dall’home video allo streaming). Sono numeri però che fanno capire quanto sia importante il settore a dispetto di una sua sostanziale invisibilità nei mezzi di comunicazione mainstream.

I 2,3 miliardi di euro contengono sia il valore delle vendite di software - i videogiochi propriamente detti - sia la componente hardware. Quest’ultima ha registrato un incremento molto forte (+63% sul 2022) che secondo il report di IIDEA è da imputarsi ancora alla disponibilità delle nuove console. Ma Playstation 5 di Sony e Xbox Series X/S sono uscite in realtà alla fine del 2020.

Per quanto riguarda invece il software, nel 2023 sono aumentati del 6% gli acquisti di nuovi videogiochi. Sono diminuiti invece gli acquisti in-game (-42%), cioè quegli acquisti che si fanno dopo l’acquisto di un videogame, come per esempio espansioni, servizi speciali on demand o sottoscrizioni a servizi.

Il 2023 è anche il primo anno completamente “normale” dopo la pandemia e lo si vede da due indicazioni nel report di IIDEA. La prima è il calo di coloro che videogiocano: nel 2023 sono 13 milioni di persone, segnando un calo dell’8% rispetto all’anno precedente. Ma a calare sono soprattutto coloro che giocano occasionalmente, mentre le persone che giocano molto sono calate meno e, in generale, sono la maggioranza.

Il secondo fattore che indica un ritorno alla normalità è il numero di ore giocate dai videogiocatori italiani. Dopo il picco di oltre 8 ore e mezzo alla settimana del 2021, il 2023 si è assestato su valori addirittura più bassi del 2019.

A giocare sono soprattutto giovani tra i 15 e i 24 anni e adulti tra i 45 e i 65: queste due fasce di età coprono da sole il 49% della comunità dei videogiocatori italiani. Per quanto riguarda la distribuzione tra i sessi, gli uomini sono 8 milioni sui 13 del totale, mentre le donne sono quasi 5 milioni: comunque una cifra che almeno in parte smonta lo stereotipo per cui i videogiochi siano un hobby esclusivamente maschile.

Il mercato globale

Non deve stupire il dato elevato della fascia più anziana, perché spesso si dimentica che nel mercato generale dei videogiochi una fetta importante è quella che riguarda il mobile, e non solo in Italia. Lo attestano i dati globali prodotti dall’ultimo report dell’agenzia di analisi economica Newzoo e intitolato Global Market Report uscito a gennaio del 2024. Quasi la metà del mercato globale dei videogiochi è dato dal mobile, per un giro di affare di oltre 90 miliardi di dollari.

Questa tendenza si riflette in parte anche sul peso delle diverse aziende del mercato. A occupare la prima posizione nella classifica di Newzoo è infatti Tencent, il gigante cinese che non si occupa solo di videogiochi, ma gestisce praticamente qualsiasi tipo di applicazione digitale nell’immenso mercato cinese, spesso in diretta collaborazione con il governo. Sul fronte videogiochi Tencent, sviluppa prodotti soprattutto per dispositivi mobile, leggasi i “giochini” che si fanno sullo smartphone. 

Nel resto della classifica, invece, troviamo tutte le principali aziende del settore. Oltre a Sony. Microsoft e Nintendo, che producono console, e a Google e Apple, che è sono recentemente entrati nel mondo dei videogiochi ma avendo ancora il proprio core business in altri settori, le altre aziende sono grandi software house. Activision Blizzard è il produttore della serie di World of Warcraft (un gioco di strategia fantasy di enorme successo) e del celebre Candy Crush. Electronic Arts è il produttore del più importante gioco di calcio degli ultimi anni, ossia le varie versioni di FIFA che sono uscite per praticamente qualsiasi tipo di piattaforma. Mentre Take-Two Interactive controlla Rockstar, lo studio che ha sviluppato Grand Theft Auto, una delle saghe di maggior successo della storia dei videogiochi. Il nome meno noto è forse NetEase, un’azienda cinese che oltre a produrre giochi mobile, è anche il partner che gestisce le versioni cinesi di alcuni giochi occidentali che hanno avuto molto successo in Cina, come il già citato World of Warcraft e Overwatch, un videogioco sparatutto in prima persona di grande successo negli ultimi anni.

Sul mercato mondiale però pesano alcune incertezze per il futuro. A dare voce alle difficoltà è stato all’inizio dell’anno Shawn Layden, ex presidente di Sony Interactive Entertainment (SIE) Worldwide Studios, una divisione di Sony che si occupa dello sviluppo internazionale dei videogiochi. Layden ha dichiarato che “il mercato dei videogiochi tripla A non è sostenibile”. Nel gergo del settore, la dicitura ‘tripla A’ identifica i videogiochi più costosi da produrre e tecnicamente complessi. Per fare un paragone, i tripla A stanno ai videogiochi un po’ come i blockbuster di Hollywood stanno al cinema: produzioni che costano centinaia di milioni di dollari e che hanno bisogno di anni di lavorazione prima di arrivare sul mercato. I tripla A sono oggi videogiochi che costano attorno ai 70-80 dollari/euro, ma spesso garantiscono oltre cento ore di gioco prima di venire completati da chi li gioca. Per garantire questa durata, è necessario che i contenuti del videogioco siano moltissimi, aumentando i costi di produzione, già elevati per la ricerca della migliore grafica possibile, oggi spesso vicina al fotorealismo.

Per Layden questo modello non è sostenibile perché diventato troppo costoso, oltre a costituire un rischio molto elevato per le aziende. Se gli investimenti per produrre un tripla A sono così alti, servono vendite massicce anche solo per ripagare le spese - e non sempre le cose vanno in questa direzione. Layden suggeriva di ridurre la quantità di contenuti dei singoli tripla A, cercando di assestare l’esperienza di gioco attorno alle 15-20 ore. Così facendo si potrebbe snellire i costi di produzione e contenere anche i costi di vendita dei singoli prodotti.

Che la situazione sia a un potenziale punto di svolta che determinerà l’andamento dei prossimi anni dell’industria a livello globale lo attesta anche il numero di licenziamenti del settore. Come riportato da Everyeye.it, testata specializzata italiana, nel 2023 i licenziamenti sono stati oltre 9 mila, il numero più alto mai registrato. Segno che le grosse aziende hanno intrapreso una politica di ristrutturazione per il contenimento dei costi. Sul fronte più strettamente creativo, Layden sottolineava che i costi così elevati potrebbero spingere le aziende a puntare sempre di più sui sequel dei prodotti che hanno riscosso successo e così poter essere più sicuri di poter rientrare dei costi. Ma questa scelta potrebbe portare con sé due effetti negativi. Il primo è la minore varietà di tipologie di gioco proposte dall’industria; il secondo è che mancando una spinta innovativa il mercato possa rispondere con un minor interesse. Sono grandi sfide che l’industria dei videogiochi deve affrontare e non è ancora chiaro in che direzione i grandi marchi abbiano deciso di andare.

 

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