CULTURA

I seicento anni di un capolavoro: la Cupola di Brunelleschi

Architettura e arte, tecnica rigorosa e immaginazione libera, ingegno matematico e pensiero innovatore convivono in un capolavoro che, nel 2020, compie 600 anni: la Cupola del Brunelleschi del Duomo di Firenze, la più grande in muratura mai costruita, il cui punto più alto è raggiungibile in 463 scalini. Un'opera che si offre come risultato di un'impresa collettiva straordinaria, che segnò l'inizio del Rinascimento, di una sfida da molti considerata impossibile, di un progetto complesso e ardito realizzato in sedici anni e portato avanti con determinazione e coraggio da Filippo Brunelleschi (Firenze, 1377-1446).

Il 20 agosto 1418 viene bandito un concorso per la costruzione della cupola di Santa Maria del Fiore, cattedrale progettata nel 1296 da Arnolfo di Cambio. Brunelleschi ottiene l'incarico e i lavori iniziano il 7 agosto 1420. Il 25 marzo del 1436 la cattedrale viene consacrata da Papa Eugenio IV.

Il progetto di Filippo Brunelleschi rappresenta una vera e propria rivoluzione. Costituita da due calotte di forma ogivale, tra loro collegate, la cupola ottagonale è costruita senza centine. La cupola interna, autoportante, è realizzata con una struttura di mattoni a spina di pesce, quella esterna è di copertura. Nel punto più alto e prossimo al cielo vi è la lanterna, completata nel 1461 - modello disegnato da Brunelleschi stesso, approvato alla fine del 1436 ma realizzato dopo la sua morte, avvenuta il 15 aprile 1446 -, e in cima la palla dorata, con la croce, opera di Andrea del Verrocchio. Il 5 aprile 1492 un fulmine danneggia la lanterna, l'evento viene letto come presagio della morte di Lorenzo il Magnifico, avvenuta l'8 aprile. E il 27 gennaio 1601, si abbatte un altro fulmine, che questa volta fa precipitare la palla in Piazza Duomo. La decorazione della cupola, con il tema del Giudizio universale, viene realizzata ad affresco tra il 1572 e il 1579, prima da Giorgio Vasari e infine da Federico Zuccari.

Abbiamo chiesto a Elena Svalduz, docente di Storia dell'architettura del dipartimento dei Beni culturali, ed Edoardo Narne, docente di Progettazione architettonica del dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale, entrambi dell'Università di Padova, di riflettere sulla straordinarietà dell'impresa di Brunelleschi. Così Elena Svalduz, per prima cosa, ne sottolinea l'incredibile e immutata capacità di attrazione: "Se la maggior parte degli studenti cui chiedo all’inizio dell’esame di storia dell’architettura di esporre un argomento a piacere rispondono, senza esitazioni, la cupola di Brunelleschi! non è certo casuale. Insieme al suo autore, che può essere considerato il padre fondatore del Rinascimento - donato dal cielo per dar nuova forma all’Architettura, già per centinaia d’anni smarrita, scrive Vasari - la cupola esercita un fascino del tutto particolare. Nonostante i dati a nostra disposizione - oggi sappiamo che si tratta di una struttura del peso di 40.000 tonnellate, due milioni di ore lavorative impiegate, 500.000 mattoni annualmente prodotti e posati per più di quindici anni -, non si è ancora compreso del tutto il metodo tecnico-costruttivo adottato". E Svalduz continua, rivolgendo l'attenzione alla figura del suo ideatore e sottolineandone il ruolo chiave nella storia dell'architettura: "Con Brunelleschi nasce il mito dell’architetto, mito che è legato proprio all’eroica impresa: una cupola talmente ampla da coprire con sua ombra tutti e' popoli toscani, fatta sanza alcuno aiuto di travamenti o di copia di legname. Sarà Leon Battista Alberti nel De Pictura a registrarne l’eccezionalità, mettendo in evidenza l’ingegnosità dell’architetto, la sua capacità di trovare soluzioni innovative, dalle tecniche costruttive all’organizzazione del cantiere, all’invenzione di macchine per sollevare i pesi. Come hanno evidenziato gli studi più recenti, l’idea davvero rivoluzionaria consiste tuttavia nell’aver realizzato una cupola di rotazione nonostante l’aspetto di un padiglione a pianta ottagonale: i mattoni non sono disposti su piani orizzontali, ma sono inclinati verso i loro centri di curvatura giacendo su superfici coniche".

"Chi mai sì duro o sì invido non lodasse Pippo architetto vedendo qui struttura sì grande, erta sopra e' cieli, ampla da coprire con sua ombra tutti e' popoli toscani, fatta sanza alcuno aiuto di travamenti o di copia di legname, quale artificio certo, se io ben iudico, come a questi tempi era incredibile potersi, così forse appresso gli antichi fu non saputo né conosciuto?" (Leon Battista Alberti, De Pictura, Prologo).

Tra tradizione e innovazione (ricordando che si deve a lui l'introduzione della prospettiva), studiando l'antichità classica e portandone con sé il prezioso bagaglio -partendo dal Pantheon di Roma, assunto come modello-, Brunelleschi spalanca le porte di una nuova epoca, il Rinascimento, e rappresenta ancora oggi una figura di riferimento e di svolta nella storia dell'architettura mondiale.

Edoardo Narne racconta un aneddoto che aiuta a definire e comprenderne la personalità, l'arguzia e la determinazione: "Nella costruzione della cupola si intrecciano varie storie con al centro sempre un grande protagonista, Filippo Brunelleschi, un vero demiurgo in grado, in ogni circostanza, di rimettere ordine alle situazioni più complesse. C'è un aneddoto che, a parer mio, più di ogni altro ne mette in risalto le doti del gran progettista: in un momento molto delicato del cantiere molti capomastri decidono di scioperare per ottenere uno stipendio molto più vantaggioso, immaginando di poter mettere Brunelleschi alle corde. Ecco che, in quel preciso frangente, si esprime tutta la sagacia e l'arguzia di cui un grande architetto-ingegnere deve essere dotato per gestire opere così fuori dall'ordinario. Con un colpo di mano licenzia tutti i suoi avidi capomastri per sostituirli con una decina di maestri lombardi chiamati in gran fretta per concludere la costruzione della cupola. Alcune settimane dopo, Brunelleschi permetterà il reintegro dei dissidenti, costringendoli però ad accettare uno stipendio inferiore a quello pattuito inizialmente. Questa vicenda ci permette anche di sfatare un terribile fraintendimento. Da troppo tempo è purtroppo opinione comune pensare al grande architetto solo come grande artista, riferendosi principalmente alla sua dimensione creativa, alla sua sensibilità estetica. In realtà gli autentici progettisti delle grandi imprese architettoniche del passato e del presente, quali Brunelleschi, Palladio, Mimar Sinan, Wright, Renzo Piano o Norman Foster, sono figure molto più complesse, in grado di di offrire soluzioni ad ogni scala e soprattutto di esaltare il proprio talento nelle circostanze più sfavorevoli".

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