SOCIETÀ

Non ho paura dei robot, ma delle persone

Negli anni dei Piani impresa 4.0 il  dibattito italiano sul ruolo delle Intelligenze Artificiali nelle nostre vite e in particolare del loro impatto sul mercato del lavoro, è più vivo che mai; lo ha alimentato la notizia che l’economia mondiale entro il 2020 avrà una crescita dei profitti pari a 4,8 trilioni di dollari proprio per il boom dell’intelligenza artificiale, con conseguente disastri a breve medio termine per l’occupazione: così sostiene Accenture, la società di consulenza aziendale più grande al mondo con sede negli Stati Uniti, che in uno studio presentato a Davos in occasione del World Economic Forum, ha analizzato l’impatto dell’Intelligenza Artificiale (IA) sul business aziendale e sull’occupazione.

Uno studio condotto anche da Future of Human Institute e università di Oxford e Cambridge pubblicato lo scorso febbraio caldeggia stretta collaborazione tra politici (cui viene indirizzata una serie di raccomandazioni) tecnici e ricercatori per indagare, prevenire e mitigare il potenziale uso dannosi delle AI. Inevitabilmente  le capacità di intelligenza artificiale e di apprendimento automatico continueranno a crescere a un ritmo vertiginoso e l’unica cosa sensata da fare sarà cercare di governare al meglio un processo che, giocoforza, nella sua fase iniziale vedrà avvantaggiati soprattutto i grandi colossi dell’economia digitale (ma anche, si spera, qualche comune mortale salvato magari da un defibrillatore giunto in volo sulle ali di un drone). In attesa del futuro che si avvicina a grandi passi, uno sguardo al passato prossimo letterario d’America, il Paese dove i processi di automazione e la diatriba sulla medesima procedono più velocemente e parallelamente che altrove, offre alcuni spunti di riflessione sul tema.

Le capacità di intelligenza artificiale e di apprendimento automatico continueranno a crescere a un ritmo vertiginoso

1890: Chicago si aggiudica la Fiera Mondiale Colombiana, la prima esposizione globale con allestimento avveniristico di padiglioni ufficiali dei Paesi presenti, che la città del vento ospiterà dal 1° maggio al 30 ottobre 1893. A raccontarne le meraviglie c’era anche c’era lo scrittore, attore, drammaturgo, allevatore di polli e giornalista Frank Baum che descrisse tra le altre cose,  il padiglione del Palazzo dell’Elettricità pieno delle invenzioni di Edison dove l’ingegnere elettronico statunitense Nikola Tesla mostrava ai visitatori i prodigi della corrente alternata. Come spiega bene Chiara Lagani nell’introduzione dell’antologia da lei curata e tradotta dei quattordici “Libri di Oz” (Einaudi, i Millenni, 2017), Baum rimase tanto colpito dalle meraviglie del possibile da trasfonderle nel primo e più noto libro della sua poderosa saga; nella White City, un colossale allestimento in stile neoclassico manifesto dell’urbanistica per i secoli a venire, troneggiava una gigantesca ruota panoramica tanto risplendente da costringere «molti visitatori a indossare occhiali scuri per non restarne abbagliati». Se quest’immagine si impresse tanto nello scrittore che poi la usò  da stampo per forgiare la sua  Emerald City (e attribuì allo stesso Mago caratteristiche fisiche proprie di Edison) d’altro canto tutta l’esperienza dell’esposizione sortì in Baum un senso di profonda delusione. La città futuristiche risultavano a suo avviso spesso troppo artefatte e disconnesse dalla vita dell’uomo qualunque. Nondimeno  la fascinazione del deus ex machina, delle macchine  e degli automi continuò ad attrarre ed ispirare l’autore che con l’Uomo di Latta anchilosato ha creato un antesignano di tutti gli androidi a venire, dal C-3PO di Guerre Stellari in poi, ma che col  Tic – Toc del secondo libro di Oz ha programmato sostanzialmente un droide in cui movimento, parola e pensiero sono attivati da specifici comandi.

Non ho paura dei robot. Ho paura delle persone... Voglio che rimangano esseri umani. Si può aiutarli a restare umani con l'uso saggio edi libri, film, robot, usando mente, mani e cuore

La Fiera di Chicago e le città di Oz incarnavano ugualmente l’utopia di luoghi dove tentare di dare compimento alla piena realizzazione umana: qualcosa di molto simile a quanto creato da Walt Disney in tutti i suoi parchi a tema, segnatamente in Epcot (Experimental Prototype Community of Tomorrow), inaugurato nel 1982, città del futuro dedicata alla celebrazione dell’innovazione tecnologica. Mondi intrisi di speranza che in un nonnulla può precipitare nell’inquietudine distopica rappresentata da Michael Crichton in Westworld - Il mondo dei robot . Dal film del 1973 è stata tratta due anni fa una serie tv ancora in produzione, stesso titolo e quasi la stessa trama: le avventure di umani e robot dentro Westworld, un parco divertimento popolato da androidi  creato per consentire ai visitatori esperienze forti liberi da peccato, legge e sensi di colpa, dove ovviamente poi la situazione precipita.

Chi ha molto scritto e parlato di robot e futuri anteriori tra entusiasmo e malinconia è un altro  scrittore americano: Ray Bradbury. Ed è proprio l’autore crepuscolare di Cronache Marziane che si mostra, a sorpresa, strenuo difensore di Walt Disney da cui venne coinvolto nella progettazione di Spaceship Hearth, la struttura simbolo di EPCOT; evidentemente i parchi a tema non lo terrorizzavano  come invece i circhi, le fiere, il carnevale, vale a dire gli ingredienti principali di  “Something wicked this way comes” romanzo di frmazione che divenne un film prodotto proprio da Disney, l'unico horror della casa di produzione insieme a quello, guarda un po', dedicato al secondo libro di Oz. Durante il lavoro di adattamento cinematografico del libro (in Italia la pellicola e il testo portano il titolo "Qualcosa di sinistro sta per accadere") Bradbury affidò ad una lettera al collega Brian Sibley la sua difesa a Disney aggiungendo in un post scriptum queste parole: 

Non posso trattenermi dal commentare le tue paure sui robot Disney. Perché non hai paura dei libri, allora? […] Sono estensioni di persone, non persone stesse. Qualsiasi macchina, qualsiasi robot, è la somma totale dei modi in cui la usiamo. [...] Dovremmo bruciare tutti i libri perché alcuni libri sono terribili. Dovremmo schiacciare tutte le macchine perché alcune provocano incidenti a causa della gente che li guida.

Dovremmo bruciare tutti i teatri del mondo perché alcuni film sono spazzatura...

Non ho paura dei robot. Ho paura delle persone... Voglio che rimangano esseri umani. Si può aiutarli a restare umani con l'uso saggio edi libri, film, robot, usando mente, mani e cuore.

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