CULTURA

Al servizio della memoria

“Your story started before you”. La tua storia è iniziata prima che tu nascessi, prima che i tuoi genitori iniziassero a immaginarti. La fotografa americana Rachel LaCour-Niesen ha deciso di sfruttare i vantaggi del digitale per tramandare ricordi ed emozioni passate alle generazioni future, conservando in un album virtuale la memoria di centinaia di vite. Si chiama Save family photos ed è un archivio online (che racconta soprattutto storie americane, ma in realtà già raccoglie foto da tutto il mondo), “un luogo dove le famiglie possono celebrare e proteggere la loro storia – spiega – Sono capsule del tempo”. Il profilo Instagram conta quasi 26.000 follower: lì sono conservate storie che partono da molto lontano, dagli inizi del Novecento. C’è il matrimonio dei bisnonni, c’è il risveglio pieno di meraviglia dei bambini il giorno di Natale, ci sono le prime vacanze al mare, i sorrisi al ballo del diploma, i giocatori stanchi e felici al termine della partita di football, le passeggiate in montagna e i pic-nic, le pigre mattine tra le lenzuola in un giorno di festa. Sono attimi rubati alla vita vera, foto vintage che ci ricordano “come eravamo”. Prima che il mondo iniziasse a mettersi in posa, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, perdendo di vista il senso profondo di un ricordo autentico. Molto prima del selfie, quando ancora una fotografia era un tesoro da sviluppare con pazienza e conservare, poi, dentro un album ingiallito dal tempo. Il fotoreporter britannico Don McCullin diceva: “Photography for me is not looking, it’s feeling” e questo progetto segue la lezione alla lettera, è puro sentimento.

È il 1966 e, nel negozio di un barbiere, un bambino si fa tagliare per la prima volta i capelli. L’emozione di quella prima volta si può chiaramente leggere negli occhi del piccolo protagonista. L’autore dello scatto è il fratello maggiore, che oggi ha deciso di condividere quel momento e raccontarne il dietro le quinte: I took this photo in 1966 with my first camera […] My little bro was getting his first real haircut, by Mr. Dewey Armour in Madison, Tn. He was our Floyd the Barber. I was 7 years old”.

E ancora, una fotografia in bianco e nero degli anni Trenta ritrae una donna sorridente a bordo di una Ford Model A. Lei si chiama Mary Pearson e sta viaggiando col marito Hal. Entrambi amano la natura e la vita avventurosa. A svelare i dettagli della loro storia è il nipote. “My grandparents shared a love for nature and adventure. This is my grandmother, Mary Pearson, sitting in a Ford Model A, fully packed with camp gear against a backdrop of the North Cascades. This incredible image was shot by my grandfather, Hal Pearson, in Mt. Baker National Forest, around 1930. My grandparents have hundreds of photos from their adventures in the Pacific Northwest using this vehicle from 1930 through 1950’s. You can see piles of firewood in the backdrop. I’m guessing this was a type of campground as there are tents scattered about the field. Before their marriage in 1928, my grandfather arrived as a Swedish emigrant in 1910, spending his childhood and young adult years in Pacific Northwest logging camps”.

The New Yorker ha dedicato un articolo al progetto, raccontandone l’origine: “Quando la fotografa Rachel LaCour Niesen perse il nonno, nel settembre 2013, decise di ricordarlo pubblicando vecchie foto di famiglia sui social. Su Instagram, Rachel caricò un’immagine del nonno Billy da giovane, raggiante in uniforme della Marina, con gli stivali allacciati stretti”. Per l’occasione, scelse di accompagnare la foto con una breve biografia (The Virginia boy was sent to a naval base in California, where he met the love of his life, my grandmother Eleanor), spiegando anche che quell’immagine, che lei stessa non aveva mai visto prima della morte del nonno, era stata fino ad allora conservata in un portagioie della nonna. “È stato come scoprire un tesoro nascosto”. A quel punto, condividendo un pezzo della sua storia familiare, Rachel iniziò a riempiere la capsula del tempo. Ad oggi ha ricevuto più di 10.000 fotografie.

Francesca Boccaletto

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