UNIVERSITÀ E SCUOLA

Gli archeologi delle stelle

Fare archeologia con le stelle. In pratica, studiare gli ammassi stellari che osserviamo oggi per ricostruire eventi avvenuti 13 miliardi di anni fa, appena poco tempo dopo la nascita dell'universo. L’argomento dev’essere parso accattivante anche all’European Research Council se ha deciso di premiarlo con un finanziamento di 700.000 euro. A coordinare le ricerche sarà Antonino Milone che tra qualche mese rientrerà a Padova dall’Australian National University di Canberra dove lavora dal 2013.

Classe 1981, Milone si laurea all’università di Padova nel 2005 e, dopo due anni al dipartimento di Astronomia, nel 2010 si sposta all'Istituto di astrofisica delle Canarie a Tenerife in Spagna. Fin dall’inizio della sua carriera il giovane ricercatore studia il modo in cui si formano le galassie e come ha avuto origine, nell’universo primordiale, l’alone di stelle che avvolge la Via Lattea.    

“Abbiamo condotto intensi studi sugli ammassi globulari, enormi ammassi sferoidali di stelle che contengono gli oggetti più antichi della Galassia – spiega Milone – e i nostri risultati provano che le misteriose popolazioni stellari che essi ospitano conservano memoria della proprietà dell'universo primordiale e sono quindi la chiave per far luce su alcuni meccanismi di formazione della Via Lattea”. Diversamente da quanto si credeva, si è scoperto che questi ammassi contengono diverse generazioni di stelle che si sono formate in momenti successivi e questo permette di risalire alle proprietà dell’universo nel momento in cui quelle stelle sono nate.  

“Il premio della Erc – dice Milone – mi dà l'opportunità di trasferire in Italia il bagaglio di conoscenze scientifiche e tecnologiche acquisito all'estero e di dirigere all'università di Padova un gruppo di ricerca che presto assumerà un ruolo guida nella ricerca sugli ammassi globulari”. Il progetto dal titolo The formation of the Galaxy: constraints from globular clusters  prevede l’assunzione all’università di Padova di due post-doc e di un dottorando, oltre alla partecipazione di scienziati di oltre dieci nazionalità, e avrà inizio a tutti gli effetti il prossimo ottobre. I ricercatori lavoreranno con i più potenti telescopi del mondo come quelli dell'European Southern Observatory sulle Ande cilene e quelli dell'osservatorio anglo-australiano. Senza contare che la Nasa ha messo a disposizione il telescopio spaziale Hubble, investendo più di sette milioni di dollari per consentire questi studi. Dal punto di vista tecnico il gruppo di Milone analizza le immagini dello spazio catturate da questi telescopi servendosi di tecnologie innovative, di nuovi software sviluppati per l’esame dei dati. 

“In pochi anni – afferma il giovane ricercatore – quando avremo terminato di raccogliere e analizzare questa enorme mole di dati saremo certamente in grado di fare luce sugli eventi nell'universo primordiale che hanno contribuito alla formazione della Galassia così come la conosciamo oggi”. E si avranno dunque preziose informazioni sull'origine delle stelle e dei pianeti che essa ospita. 

Continua Milone: “Sono molto soddisfatto del finanziamento che ho ottenuto perché mi permette di tornare in Italia e di lavorare al mio progetto, anche se forse in Australia avrei avuto migliori opportunità di ricerca sul lungo periodo, come del resto avviene in molti altri Paesi esteri. Nel settore di ricerca di cui mi occupo però all’Università di Padova lavorano gruppi di ricerca all’avanguardia, punte di eccellenza che mi hanno spinto a scegliere questo Ateneo e non altre sedi”.  

Quello del ricercatore è un lavoro molto competitivo, secondo Milone, che richiede lo sforzo continuo di produrre il “progetto migliore” per attrarre finanziamenti. E si deve essere disposti a spostarsi, a cambiare istituto, a cambiare Paese. “Tutto ciò – argomenta – può essere utile e formativo, se circoscritto a un intervallo di tempo limitato come nel mio caso. Ma ci sono molte altre circostanze in cui non è così e i giovani ricercatori si trovano ad essere precari per anni. Costretti a cambiare sede di continuo e con una serie di svantaggi sul piano personale, innanzitutto, e scientifico”. Secondo Milone, infatti, la mancanza di un posto fisso non consente di pianificare progetti di ricerca a lungo termine e dunque impedisce di fare “ricerca di sostanza”. Si è costretti a pubblicare velocemente e dunque si predilige la quantità della produzione scientifica alla qualità. “Io sono stato fortunato – conclude –, ho ottenuto un finanziamento in Australia con cui ho potuto lavorare ai miei progetti di ricerca e ora, con un altro finanziamento, riesco a tornare in Italia. Questa però è un’eccezione e non la regola”.  

M. Pa.

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