SOCIETÀ
L'usato digitale spaventa le major discografiche e scuote i colossi del Web
Foto: Denis Allard/Rea/contrasto
Il concetto di eMarketpace è ormai noto ai più: con questo termine si definiscono, generalmente, i siti che garantiscono la vendita di prodotti sul web. Oggi è possibile effettuare i propri acquisti in rete con estrema facilità, avendo a disposizione una svariata gamma di articoli fra cui scegliere, sia in forma concreta che digitale: libri, oggetti di ogni tipo, capi di abbigliamento, Dvd e Cd, app e programmi, singoli o interi album di artisti del mondo musicale. Sono degli eMarketplace, per citare solo due esempi, Amazon e eBay, fra i “giganti” del variegato business della compravendita online.
Se il download e lo streaming rappresentano le tecniche più diffuse per la fruizione di musica, una nuova ed economica alternativa al tradizionale acquisto di Cd nei sempre meno frequentati negozi di musica ma anche alle principali piattaforme on line è stata però di recente lanciata dalla start up americana ReDigi – Recycle Digital Media. Lanciata nell’ottobre 2011, per iniziativa di John Ossenmacher, ReDigi è una piattaforma digitale basata sulla tecnologia Cloud e adibita alla compravendita di file mp3 di seconda mano. Un qualsiasi utente, stanco dei brani musicali che aveva precedentemente acquistati, potrà decidere di condividerli sul cloud di ReDigi; in questo modo essi saranno disponibili in streaming e potranno essere acquistati da un nuovo acquirente al prezzo di circa 60 centesimi, contro i 99 di iTunes.
Per evitare problemi di pirateria, ReDigi è dotato di un software in grado di analizzare i file condivisi e di riconoscere quelli acquistati regolarmente: in questo modo soltanto i brani mp3 scaricati legalmente da iTunes o da ReDigi stesso potranno essere trasferiti e comprati a un modico prezzo da altri utenti di questo social. La tecnologia ReDigi prevede inoltre che, ogniqualvolta si concluda la vendita di un brano musicale, la copia di quel file venga immediatamente rimossa dal Pc del primo proprietario. Al termine della transazione, i venditori ottengono dei crediti che potranno in seguito monetizzare, mentre gli artisti, stando alle parole dei responsabili della start up, ricevono una percentuale su ogni brano venduto. In questo modo, la piattaforma si propone di arrivare a costituire un vero e proprio "mercato digitale dell'usato". Un usato garantito, beninteso, in quanto i software di ReDigi vegliano sulla regolarità degli acquisti come delle vendite.
Nonostante l’apparente ineccepibilità di questa piattaforma e l’immediato successo che essa è riuscita a riscuotere - più di 11 milioni di file sono stati scambiati nel giro di pochi giorni dal suo lancio - ReDigi non ha mancato di suscitare malcontenti e critiche nell’ambito del business musicale, come era prevedibile. Fra chi ha apertamente osteggiato il progetto di Ossenmacher c’è la Capital Records. La storica casa discografica statunitense, appartenente al gruppo Emi, ha citato in giudizio ReDigi nel gennaio 2012 presso la United States District Court for the Southern District of New York (Sdny) con l’accusa di violazione di copyright. la start up americana, non pagando alcun diritto alla casa discografica (a differenza di quanto fa iTunes), sarebbe colpevole di violazione dei diritti d’autore. ReDigi si è difesa appellandosi alla cosiddetta first sale doctrine, ossia il principio dell’esaurimento del diritto di distribuzione, in base al quale il copyright di deve applicare solo al primo acquirente di beni fisici come libri, Cd e Dvd, il quale potrà poi rivendere il supporto a suo piacimento senza per questo incappare in alcuna violazione.
Un secondo punto su cui verte l’accusa riguarda il metodo di diffusione dei file; la casa discografica sostiene che, nel momento in cui si effettua la compravendita sul sito internet, vengano necessariamente realizzate copie non autorizzate dei brani mp3: in un primo momento, quando essi vengono caricati dal computer del potenziale venditore sul “cloud” del sito e, in un secondo momento, quando il file viene “scaricato” sulla memoria del computer del compratore al termine del processo di compravendita. Anche in questo caso Ossenmacher si è prontamente difeso: la piattaforma ReDigi, ha controbattuto, è dotata di un software in grado di trasferire, e non copiare, i file mp3 – esclusivamente quelli scaricati legalmente da iTunes - dal computer di un utente sul cloud del sito. Al termine di questo processo il brano viene automaticamente rimosso dalla memoria del Pc del venditore. Successivamente un acquirente potrà decidere di comprare on line il brano che troverà nel Marketplace della piattaforma: esso passerà così dal cloud all’hard disk del compratore.
Come sottolinea Ossenmacher, il brano è sempre uno, poiché non vi è stata un “copia” bensì un semplice “trasferimento”. Tale distinzione è parsa tuttavia ben poco convincente alla Corte Distrettuale dello Stato di New York, la quale nella sentenza finale ha dichiarato che le riproduzioni che avvengono sul sito, non essendo autorizzate, violano il copyright di Capital Records: la rivendita di file mp3 acquistati legalmente su iTunes è stata pertanto dichiarata illegale.
Nonostante questo polverone giudiziario, il servizio, benché momentaneamente bloccato nello Stato di New York, resta comunque attivo, e Ossenmacher assicura che entro il 2014 ReDigi si espanderà anche nella maggior parte degli Stati europei, come il sito della internet company evidenzia. Stiamo quindi assistendo alla nascita di un mercato dell'usato per la musica on line, potenzialmente in grado di rivoluzionare uno dei pochi settori che, grazie alla vigente legislazione sul copyright, non ha finora visto alternative legali all'acquisto di contenuti "di prima mano" e a prezzo pieno? La via per un "secondary market" della musica su mp3 e in prospettiva dei contenuti digitali in genere non è, per ora, del tutto sgombra, ma l'evoluzione prevedibile è questa, grazie anche alle potenzialità – e alla crescente centralità – delle tecnologie Cloud.
È indubbio comunque che la possibile proliferazione di mercati dell'"usato digitale” comporterà grosse conseguenze per quelle aziende che da anni si sono distinte come protagoniste del commercio elettronico e che ora corrono il rischio di perdere importanti quote di mercato. Non è certo un caso che anche Apple e Amazon abbiano già chiesto brevetti per la rivendita di beni digitali di seconda mano, come e-book, film e brani mp3: un segnale, con ogni evidenza, che ritengono il cambiamento non evitabile, e si preparano a giocarvi con tutto il loro peso.
Teresa Bovo