SCIENZA E RICERCA

Oncologia: farmaci a misura di bambino

Protocolli lunghi e farraginosi e scarsità di finanziamenti per un “mercato” che sembra essere poco redditizio per le case farmaceutiche. Eppure nonostante le difficoltà, negli ultimi anni la ricerca nel campo dell’oncologia pediatrica sta facendo passi avanti, grazie anche a una legislazione europea più attenta ai bisogni di questa fascia di età. In tale ambito Padova sta dando il proprio contributo, con la sperimentazione di nuovi farmaci per il trattamento, tra le altre, di patologie come i sarcomi, i melanomi o il linfoma di Hodgkin.

La terapia standard per la cura dei bambini con tumore prevede oggi la chemioterapia che tendenzialmente uccide le cellule tumorali. È necessario tuttavia continuare a migliorare le terapie a disposizione per cercare di guarire chi ora non supera la malattia e per ridurre gli effetti collaterali a breve e lungo termine, particolarmente importanti in un bambino che una volta guarito dal tumore ha una lunga vita davanti. 

Negli ultimi anni numerosi nuovi farmaci si sono aggiunti all’“armamentario dell’oncologo”. In particolare farmaci che cercano di bloccare i meccanismi molecolari che permettono alle cellule tumorali di svilupparsi e proliferare. In buona parte diversi da quelli utilizzati finora e che in alcuni casi hanno già ricevuto l’approvazione a essere impiegati per determinati tipi di tumore nell’adulto. “Adesso – spiega Gianni Bisogno che coordina, nella clinica di oncoematologia pediatrica di Padova, un gruppo di ricerca attivo a livello internazionale per promuovere la sperimentazione profit e non profit su nuovi farmaci – si tratta di capire se sono efficaci nei tumori pediatrici e come devono essere utilizzati, se da soli o insieme alla chemioterapia standard, se alla prima diagnosi oppure quando la malattia recidiva”. 

L’università di Padova, in particolare, fa parte di otto consorzi internazionali che hanno al vaglio altrettanti farmaci per la cura dei tumori in età pediatrica. “Tra gli altri – illustra Bisogno – stiamo testando un farmaco (ipilimumab) da utilizzare per il trattamento del melanoma, molto diffuso nell’adulto, più raro nel bambino”. Attualmente infatti di fronte a una patologia di questo genere non si sa bene come muoversi: il bambino non avrebbe accesso agli stessi farmaci dell’adulto, poiché manca la sperimentazione in questo settore. L’attenzione del gruppo di ricerca si sta concentrando anche sul linfoma di Hodgkin e sugli anticorpi monoclonali che sembrano essere molto efficaci contro questo tipo di patologia (immunoterapia con ANTI-PD1). Oggi la percentuale di guarigione è molto elevata, ma chi non supera la malattia con le terapie convenzionali ha bisogno di farmaci ulteriori. “E di pazienti così ne abbiamo” sottolinea Bisogno. Infine, sempre per citare qualche esempio, è giunta quasi al termine l’analisi di un farmaco antiangiogenetico (bevacizumab) per il trattamento dei sarcomi in età pediatrica.   

In generale esistono già delle evidenze che dimostrano come alcuni farmaci utilizzati nella cura dei tumori dell’adulto siano molto promettenti anche nel bambino (tra gli altri il crizotinib, impiegato in determinati tumori del polmone nell’adulto, sembra risultare efficace in patologie molto rare dell’età pediatrica). Tuttavia non sempre questi farmaci sono disponibili in oncologia pediatrica perché la sperimentazione in questa fascia di età segue percorsi  più complessi e il valore economico del “mercato” pediatrico è molto limitato, attirando quindi scarsi investimenti da parte delle aziende farmaceutiche. Che, in più, difficilmente finanziano ad esempio studi di paragone. “Quando due aziende sviluppano due farmaci differenti, entrambi efficaci per lo stesso tipo di tumore – spiega Bisogno – l’interesse è di ottenere l’autorizzazione a utilizzare il rispettivo farmaco. Il medico però vorrebbe sapere anche quale dei due farmaci sia più efficace o meno tossico, ma difficilmente l’azienda finanzierà questo tipo di ricerca con il rischio di non vendere più il proprio prodotto nel caso risultasse il meno utile in terapia”. Trovare i finanziamenti non è semplice. Il supporto delle associazioni e del volontariato è molto importante, anche perché la ricerca non profit è la più indipendente e centrata sul malato, senza nessun risvolto economico. “Il grosso problema però è che le regole in questo settore sono le stesse che vengono applicate nel settore profit, dunque farraginose e molto difficili”. Non si dimentichi d’altra parte che fino a qualche tempo fa i bambini venivano esclusi dalle sperimentazioni per un “senso di difesa” nei confronti di soggetti più deboli, salvo poi rendersi conto che in questo modo ci si precludeva la possibilità di testare farmaci promettenti anche in età pediatrica.  

Negli ultimi anni la situazione è migliorata anche grazie a una legislazione europea più attenta alle esigenze dell’età pediatrica. Le aziende farmaceutiche oggi hanno infatti l'obbligo di sviluppare tutti i nuovi farmaci anche per uso pediatrico, presentando all’European Medicines Agency (Ema) un piano di investigazione pediatrica (pediatric investigation plan – Pip). Bisogno spiega che questo è un passo in avanti molto importante. Prendiamo ad esempio il tumore al polmone che, essendo molto diffuso nell’adulto, costituisce un mercato importante per le case farmaceutiche: se prima l’azienda si fermava allo sviluppo del farmaco specifico per questa patologia, ora deve necessariamente valutarne le potenzialità anche in età pediatrica. Sempre in questa direzione, lo scorso anno l’Ema ha lanciato un progetto pilota che prevede consulenze gratuite agli sviluppatori di farmaci pediatrici prima della presentazione dei piani di investigazione pediatrica. Una possibilità di cui ci si può avvalere ancora per qualche mese. 

Monica Panetto

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