CULTURA

Le altre narrazioni del grande scrittore Jean-Claude Izzo

Jean-Claude Izzo è stato uno straordinario indimenticabile scrittore francese, autore di vari capolavori, poeta giornalista addetto-stampa sceneggiatore drammaturgo romanziere, operatore culturale e viaggiatore con il corpo e con la mente, strabico e affascinante, gran fumatore e precoce malato, nato a Marsiglia il 20 giugno 1945, figlio di Gennaro, immigrato lì dall’Italia, Castel San Giorgio (vicino Salerno), e di Isabelle Navarro, detta Babette (casalinga francese, figlia di immigrati lì dalla Spagna). L’apprendistato lavorativo avvenne con il giornalismo-comunismo (PCF) nella Marseillaise (non senza galera e altri lavoretti), poi in libreria e biblioteca, finché non abbandonò compagna e figlio, verso Parigi e altrove, altri lavori e amori, tornando però presto a Marsiglia e dintorni e scrivendo sempre molto: articoli, poesie, romanzi, saggi, sceneggiature, pièces, racconti, note.

In Italia Izzo è stato ben conosciuto e apprezzato grazie alla trilogia noir con protagonista Fabio Montale (anche lui con padre italiano, di poetico cognome), pubblicata in patria fra il 1995 e il 1998 (uscita in italiano 1998 - 2000), poco prima della morte dell’autore per un tumore ai polmoni a cinquantaquattro anni, il 26 gennaio del 2000. Abbiamo già iniziato a parlarne, a partire dai gialli e da Marsiglia. Si può ora approfondire l’alta qualità letteraria complessiva di Izzo, non strettamente legata a un genere. Partiamo dalla fine: in parallelo con lo straordinario clamoroso successo della serie Montale, negli ultimi quattro anni di vita (scrivendo infine anche in ospedale), l’autore francese pubblica altre otto opere (non tutte tradotte in italiano), una diversa dall’altra e una più interessante dell’altra, segno di notevoli talento, vitalità, versatilità, fantasia, passione.

Nel 1997, dopo la seconda avventura della trilogia, Izzo presenta ai lettori una raffinata raccolta di poesie, Loin de tous rivages, e un bellissimo tragico romanzo senza tempo: Les marins perdu (Marinai perduti, Edizioni e/o Roma 2001, traduzione di Franca Doriguzzi). Il titolo della fiction è dirimente; il mare, suo loro nostro, rende ancor più meticci i destini del comandante libanese Aziz, del relativo secondo greco Diamantis (anche poeta), dell’altro marinaio turco Nedim, di tante donne incontrate, amate e perse nei porti, talora una lei verso uno di loro “come una nave verso un marinaio perduto”. Ventotto struggenti capitoli, finché “è mezzogiorno a Marsiglia e la vita continua”, insieme alcuni dei sopravvissuti.

La storia è inventata ma, spiega l’autore nella postfazione del febbraio 1997, “resta la realtà. Il dramma sempre più frequente vissuto da tanti marinai in tanti porti francesi. Da Marsiglia a Rouen, numerosi cargo sono ancora oggi bloccati. Gli equipaggi, spesso stranieri, vivono a bordo in condizioni difficilissime, nonostante un’immancabile solidarietà. Ci tenevo a rendere omaggio al loro coraggio e alla loro pazienza”. Izzo leggeva e studiava molto, aveva preliminari giornalistici, valori umanitari e stesure liriche: sul nostro caro Mediterraneo, lucente e nero, rifugio di mille esili ed esiliati, dichiara di essersi ampiamente ispirato agli scritti di Braudel e Matvejević.  Nel 1998, subito prima del terzo della trilogia, esce Vivre fatigue (Vivere stanca, Edizioni E/o 2001, traduzione di Franca Doriguzzi). Torniamo al noir (se così si può dire), una raccolta di sette brevi racconti già editi in opere collettive o in riviste, perlopiù appositamente riscritti (illustrati con bei cupi disegni in bianco e nero).

Vivere è stancante, lo sappiamo: sono storie di uomini e donne non in carriera; doppi suicidi e assassini di “diversi”, così per amori e odi non contemplati da Agatha Christie, forse nemmeno dal primo hard-boiled americano, moderni e contemporanei, spesso razzisti; pugni allo stomaco affibbiati con stile; la fatica del vivere e la semplicità del morire, specie quando non si lavora, si è poveri e soli, magari pure “stranieri”. Sono storie di attimi sfuggenti, ancora con protagonisti “perduti”: la prima dà il titolo al volume; l’ultima ha come protagonista un Fabio Montale d’inverno (l’unica in prima persona); una sola prospetta un qualche futuro, ambientata a Nizza. La colonna sonora è di musica brasiliana e jazz, con tanti poeti sparsi. Il cibo è quello dei bar, poco alla moda. Il sesso non può mancare, anche nella finzione.

Nel 1999 escono altre due meditate raccolte di poesie, L'Aride des jours e Un temps immobile, mentre Izzo riesce a fatica a terminare l’ultimo romanzo, quel capolavoro che si chiama Les soleil des mourants, uscito in Francia nell’autunno 1999, il quarto tradotto in Italia (Il sole dei morenti, Edizioni E/o 2001, traduzione di Franca Doriguzzi), dedicato alla moglie fotografa Catherine (che aveva anche illustrato il secondo volume di poesie), da poco incontrata e sposata a febbraio, oltre che, pensando plausibilmente a sé stesso molto malato, “agli uomini feriti, e alle donne che sopravvivono loro, bene o male è così”. Qui il nero sta tutto nella vita reale, è la storia di un clochard che da Parigi decide di andare a morire a Marsiglia, un viaggio fisico e introspettivo.

Quando i pompieri portano via il corpo dell’unico amico da due anni rimastogli (Titì è morto di freddo in una stazione del metrò), Rico decide di ripartire verso il sud, forse più caldo e assolato, tanto lui non ha più niente a parte il freddo, quell’ultimo inverno. Era stato felice, poi la fine dell’amore, il divorzio, l’alcol, la disoccupazione, i debiti, la perdita anche dell’alloggio, il ricordo di Lea laggiù. Viaggiando incontra altri disperati, ognuno con una disperazione soltanto propria, qualcuno più sodale, qualcuno più cattivo. Narrazione in terza al passato, fissa su Rico; gli ultimi capitoli in prima persona, al presente e al passato, parla il 13enne algerino ustionato Abdou, che lo incontra a gennaio a Marsiglia.

Nel 2000, l’anno della scomparsa già a gennaio, escono in Francia due testi no fiction di Izzo sul Mediterraneo, sul quale stava riflettendo con sentimento da una vita e ai quali stava lavorando da un poco. Tutti i porti ponti del Mediterraneo tendono a essere comparabili per dinamiche storiche e sociali, Marsiglia è una città aperta e plurale, punta settentrionale del bacino e, come le altre località in quella fascia latitudinale collega il Sud con l’Europa del Nord, degli Stati e dei colonizzatori di incarnato bianco, ma ha sotto un mare vasto (non stretto come l’Adriatico) connesso con tanta altra Europa e l’intera Africa del Nord.

Izzo apparteneva al Mediterraneo: “questo mare lo vivo, lo respiro, lo sogno, lo penso da un solo punto di vista. Quello di Marsiglia. La città dove sono nato per un caso dall’esilio di mio padre, napoletano e da mia madre, andalusa. Rivendicando tale appartenenza, rientro - ne ho piena coscienza e voi avete il diritto di saperlo - nelle categorie delle nuove «classi pericolose», così come sono definite da un importante rapporto (importante per l’avvenire dell’Europa) della Banca Mondiale. E poi ancora, arbitrari, fanatici, violenti. E anche, evidentemente, miserabili. Questo rapporto dice che siamo, noi del Mediterraneo, numerosi, indisciplinati certo migranti”.

A inizio 2000 la Maison méditerranéenne des Sciences de l'homme di Aix-en-Procence, centro di ricerca connesso all’Università di Aix-Marsiglia, pubblica La Méditerranée en fragments di Izzo, un breve saggio letterario. Gli è stato chiesto dal ricercatore Thierry Fabre. Esce in contemporanea in italiano per il secondo dei dieci volumi previsti dalla casa editrice Mesogea per Rappresentare il Mediterraneo, dedicato al “punto di vista francese”. Izzo sottolinea il nostro mare di mezzo come «geografia dei piaceri possibili». Accanto a lui, Fabre illustra il viaggio minuzioso attraverso gli archivi di tutta la Francia, dalle dichiarazioni di Tayllerand, alla geografia di Reclus, dai versi di Valery, alle prose di Camus, da F. Braudel a J. Berque, ma anche dalla Provenza di Mistral al Mediterraneo coloniale e in particolare all’Algeria (traduzioni di Costanza Ferrini ed Egi Volterrani).

A fine 2000 esce una sorta di guida di Marseille firmata da Izzo e Daniel Mordzinski per l’editore parigino Hoebeke, parzialmente riproposta in francese e poi presentata in italiano qualche anno dopo: Jean-Claude Izzo, Aglio, menta e basilico. Marsiglia, il noir e il Mediterraneo, Edizioni e/o, traduzione di Gaia Panfili). Nell’introduzione Massimo Carlotto ricorda l’immediata simpatia “per quell’uomo minuto dallo sguardo attento e curioso con l’eterna sigaretta tra le labbra”, al momento del loro primo incontro nel 1995 al festival di Chambéry du Premier Roman (esordivano entrambi, Carlotto non è minuto). Dopo aver riassunto biografia e bibliografia (soprattutto di genere giallo noir), Carlotto riconosce a Izzo la grande fertile intuizione: “l’individuazione dell’area mediterranea come centro geografico della rivoluzione dell’universo criminale”. Lo stesso editore di Carlotto pochi anni più tardi pubblicò con grande successo Izzo per i lettori italiani e lanciò la collana “Nero Mediterraneo”. È storia.

L’agile ultimo volumetto (postumo) di Izzo è diviso in tre parti tematiche: il Mediterraneo (qui “delle felicità possibili” grazie alla “creolità mediterranea”) e il suo noir (da Caino e Abele alla tragedia greca, da Edipo re a Lo straniero, da Montalbán alle decine di autori suoi contemporanei, molti italiani ovviamente); Marsiglia (non provenzale, lo si vede dalla cucina che arrangia quel che si trova al mercato, con molto aglio, menta e basilico, da cui il titolo, e dalla musica che fa cantare e sognare in lingue diverse, illuminati dal profondo esteso mare); Fabio Montale (con un racconto natalizio inedito del 1996, gusti e passioni del personaggio come i posti preferiti, le musiche dei romanzi, i libri). Conclude: “scrivere gialli non è un altro modo di militare. È solo una maniera di trasmettere i miei dubbi, le mie angosce, le mie felicità, i miei piaceri. È una maniera di condividere… Come cittadino, come militante, non ho più grandi speranze”. Il fatto che alla fine il valoroso protagonista muore è appunto “un segnale d’allarme”.

Nel recente libro autobiografico su E/o l’editore Sandro Ferri dedica ampio spazio a quel decennio a cavallo del millennio (decisivo anche per la sua attività) e molte pagine toccanti a Izzo: “Ho conosciuto poco Jean-Claude. Non perché non avessi voluto, né perché lui non ci avesse cercati. Perché è morto troppo presto. Siamo riusciti a incontrarci solo due volte…la prima a Torino… poi a Roma, dove di fermò alcuni giorni con il suo nuovo amore, in una fugace luna di miele… Chi come noi aveva letto i suoi libri… indovinava subito nel suo sguardo dolce e dolente una vita tormentata di domande e di passioni”. Avevano poi programmato un Capodanno privato a Marsiglia e una manifestazione pubblica con Camilleri (“che voleva presentarlo al pubblico italiano”) al Teatro Argentina, ma lo scrittore peggiorò, morì.

Izzo aveva molto vissuto e scritto bene anche prima di Montale, non solo e permanentemente articoli e reportages. Tre anni fa è stata pubblicata in Francia un’accurata biografia: Jean-Marc Matalon, Jean-Claude Izzo. Les vies multiple du créateur de Fabio Montale, Éditions du Rocher 2020. In italiano è uscita oltre un decennio fa una biografia di emozionanti approfondite impressioni: Stefania Nardini, Jean-Claude Izzo. Storia di un marsigliese, Perdisa Bologna 2010. Occorre tener presente che l’autore fu uomo di azione e scrittura politica, nel nostro paese fu ed è amatissimo (della trilogia si vendono ancora migliaia e migliaia di copie ogni anno), viene di continuo studiato e citato in convegni e tesi di laurea, risulta quasi mitizzato via via che la storia recente delle traversate mediterranee ha tristemente confermato il quadro delle sue narrazioni e il suo appello all’apertura, all’incontro, alla libertà.

Negli anni Ottanta il grande scrittore visse soprattutto come un girovago operatore culturale multimediale, testi quindi non incasellabili in un singolo volume pensato come letteratura. Tuttavia, negli anni Settanta, accanto all’attività da giornalista impegnato e professionale, aveva ancora pubblicato molteplici volumi di poesie e un romanzo (Clovis Hughes, un rouge du Midi) uscito in Francia nel 1978, subito dopo la sua rottura con il Partito Comunista Francese (PCF) e la separazione dalla moglie, opere mai tradotte. La letteratura lirica di Izzo è praticamente sconosciuta al pubblico italiano e le sue raccolte di poesie sono ormai di difficile reperibilità anche in Francia.

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