Foto: Giorgia Salinitro
Con l’ultima domenica di ottobre torna l’ora solare, come sempre portandosi dietro anche qualche polemica. C’è chi nega ogni effetto negativo e chi invece accusa questo mini jet-lag periodico di ogni nefandezza (Il Bo Live ne ha scritto qui e qui). Arrivando a coinvolgere persino l’Unione Europea, che in seguito a un sondaggio on line e a una votazione dell’europarlamento sembrerebbe seriamente intenzionata, a partire dal 2022,a spingere gli Stati membri ad abbandonare l’ora legale. Una decisione che colpirebbe in particolare l’Italia, che grazie ai cambiamenti di orario risparmia ogni anno 5-600 milioni di kWh, equivalenti al consumo di 200.000 famiglie, con un controvalore di circa 100 milioni di euro e 2-300.000 tonnellate di anidride carbonica emessa in meno. Tanto che il nostro governo ha depositato a Bruxelles la richiesta formale di rimanere nella situazione attuale.
L’idea alla base dell’ora legale nasce dalla fervida mente di un genio come Benjamin Franklin, che durante gli anni trascorsi in Francia come ambasciatore fu a tal punto disgustato dalla pigrizia dei parigini da concepire di svegliarli ogni mattina a cannonate, pur di costringerli a sfruttare al meglio la luce solare. L’etica calvinista del lavoro contro il lassismo del vecchio mondo: un esempio di come il tempo e la sua misura siano sempre in qualche modo ricollegati a un’idea di ordine e di società, come si evince libro Le misure del tempo, appena pubblicato dal giornalista e divulgatore Paolo Gangemi per i tipi di Codice Edizioni.
Intervista di Daniele Mont D'Arpizio; montaggio di Elisa Speronello
Pochi argomenti sono allo stesso tempo sfuggenti e appassionanti come lo scorrere delle ore e dei giorni. Il tempo può essere la cosa in cui siamo immersi senza esserne consapevoli, come l’acqua per i pesci nella nota storiella citata da David Foster Wallace; altre volte al contrario, come per Dorian Gray, ci ossessiona nel suo fluire, avvertimento costante della nostra finitezza. Dal punto di vista della fisica relativistica il tempo è, assieme a quelle che delimitano lo spazio, una delle dimensioni della realtà di cui siamo parte, decelera o accelera in funzione di altre variabili come gravità e velocità e in certi casi estremi (come nei pressi dei buchi neri) può rallentare fin quasi ad annullarsi.
C’è poi il tempo sociale, condizione necessaria del vivere insieme, ed è questa l’angolatura scelta da Gangemi per la sua trattazione. “Cos’è il tempo? Faccio mia la risposta di Sant'Agostino, che per cavarsi impaccio diceva che se non me lo chiedi lo so, ma se me lo chiedi non lo so più. Per questo più che sul concetto di tempo in senso filosofico ho preferito concentrarmi sulla sua misura – spiega a Il Bo Live Paolo Gangemi –. Lo spunto per il libro è venuto proprio dalla questione dell'ora legale, che ha risvegliato in me una vecchia idea di una decina d'anni fa, quando ho scoperto la figura di Quirico Filopanti: un matematico idealista, romantico e amico di Garibaldi, che fu il primo a proporre l'idea dei fusi orari come li conosciamo oggi. Solo che per lui il meridiano fondamentale avrebbe dovuto passare per Roma e non per Londra”.
“ La misura del tempo è da sempre connessa al potere. Non è un caso che quando c'è una rivoluzione spesso si voglia anche cambiare il calendario
Il computo dei giorni e delle stagioni viene dall’osservazione della natura e alla scienza, ma è anche legato alla religione e alla politica. Lo si vede dai modi di contare gli anni, spesso collegati a eventi cosmici o religiosi, ma ne è rimasta memoria anche nei nomi nei giorni della settimana, in cui ebraismo e cristianesimo si mescolano alle antiche religioni pagane, e dei mesi. Per questo la misura del tempo è stata in cima alle preoccupazioni di imperatori e papi, e per lo stesso motivo anche fonte anche di contrasti e di divisioni. Come per l’introduzione nel 46 a.C. del calendario giuliano, ideato dall’astronomo alessandrino Sosigene, per il quale fu necessario un anno di 445 giorni (con due mesi mai più utilizzati, l’undecember e il duodecember) allo scopo di recuperare i ritardi accumulati. Gente pratica e poco amanti delle originalità, i romani non gradirono, e per loro rimase nella memoria come l’annus confusionis. Con l’introduzione del calendario gregoriano nel 1582 si ebbe invece un anno più corto di 10 giorni, passando direttamente dal 4 al 15 ottobre: una riforma che per secoli in Europa non fu accettata da diversi Stati protestanti e che tutt’ora viene respinta dalla chiesa ortodossa russa, che continua a celebrare il Natale all’inizio di gennaio.
“Regolare il tempo è sempre stato collegato al potere – continua Gangemi –: addirittura nell’antico Giappone i calendari erano così complicati che solo l'imperatore e la cerchia di sapienti che li elaboravano potevano di fatto utilizzarli. Questi calendari venivano poi venduti a caro prezzo, e questo ci dà l'idea di come la misura tempo possa essere un uno strumento di potere assoluto, tanto è vero che quando c'è una rivoluzione o comunque un cambiamento di regime spesso si vuole anche cambiare il calendario”.
E oggi? Mentre in una società sempre più globalizzata ci si pone il problema del tempo su internet, i viaggi spaziali e la prospettiva di esplorare nuovi corpi celesti suscitano nuovi interrogativi. Ha ancora senso contare i giorni terrestri sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), che viaggiando alla velocità di 27.580 km/h compie orbite di circa 92 minuti e 40 secondi intorno alla Terra, con una media di oltre 15 albe e altrettanti tramonti ogni 24 ore? Per le missioni su Marte per il momento si è deciso di usare il sol, che dura all’incirca 39 minuti e 35,244 secondi in più rispetto al giorno terrestre, ma che fare se le nostre esplorazioni ci dovessero un giorno portare in ambienti ancora più lontani e diversi? Tutti argomenti che, pur partendo da aspetti concreti, tornano in un certo senso a spingerci verso il mistero. Più affiniamo strumenti di misura precisi al miliardesimo, più il tempo continua a sfuggirci e ad ossessionarci. Perché in fondo, come scriveva Baudelaire, “c'è un solo modo di dimenticare il tempo: impiegarlo”.