Garantire a tutti gli studenti e le studentesse che il loro ritorno tra i banchi di scuola avvenga in una dimensione inclusiva e partecipativa pur nel rispetto delle norme di sicurezza anti-covid è uno degli obiettivi del Piano scuola 2020/2021. Come recita il documento, infatti, “priorità irrinunciabile sarà quella di garantire, adottando tutte le misure organizzative ordinarie e straordinarie possibili, sentite le famiglie e le associazioni per le persone con disabilità, la presenza quotidiana a scuola degli alunni con Bisogni educativi speciali, in particolar modo di quelli con disabilità, in una dimensione inclusiva vera e partecipata”.
Si tratta di una questione da affrontare con attenzione dal momento che, per molti studenti, le attività scolastiche si sono concluse ben prima del mese di giugno. È stato inevitabile, infatti, che l'esperienza della didattica a distanza sia stata vissuta in modo diverso dagli studenti, a seconda della loro età, del contesto familiare, delle possibilità economiche e nel caso di bambini o ragazzi con bisogni speciali.
Per accogliere le esigenze di questi ultimi, il Miur ha anche predisposto il nuovo modello di Piano educativo individualizzato (PEI) in collaborazione con le Federazioni delle associazioni che rappresentano le famiglie degli studenti e delle studentesse con disabilità.
Tutto questo ci ricorda quanto sia importante che le linee guida e i provvedimenti da adottare quando si affrontano queste problematiche siano continuamente soggetti a controlli e vengano aggiornati in base al contesto e ai cambiamenti del mondo attorno a noi. Quando si parla di inclusione, infatti, non si può pretendere di risolvere certi problemi una volta per tutte, ma imparare a continuare ad operare avendo al centro i diritti umani, la giustizia sociale, la lotta alle disuguaglianze.
Abbiamo approfondito la questione con l'aiuto della professoressa Laura Nota, delegata del Rettore in materia di inclusione e disabilità.
“L'inclusione è un processo complesso di trasformazione e cambiamento, che riguarda diversi contesti, quello scolastico, lavorativo, universitario, comunitario. Non dobbiamo mai dimenticare che inclusione non vuol dire inserire la persona con disabilità in un contesto regolare (come la scuola); questo si chiama inserimento e questo oramai non va più messo in discussione, processo frutto delle lotte e delle contestazioni svoltesi alla fine degli anni 70, che porta alla chiusura delle “scuole speciali” e di quelle differenziali, ritenute giustamente dei ghetti sociali. L’inclusione, oltre a non mettere in discussione tutto questo, punta a dare enfasi alla molteplicità di differenze e a fare dell’eterogeneità il punto di partenza del nostro agire quotidiano. Ben sappiamo che le scuole e i contesti lavorativi sono ambienti eterogenei, in cui ci sono persone con disabilità, che sperimentano povertà, che hanno alle spalle storie di immigrazione, che attraversano difficoltà associate alla salute, al lavoro, ad esperienze difficili con la pandemia in corso, ecc.”
Si tratta quindi di un tema complesso che richiede di essere considerato da punti di vista diversificati e sottoposto a un'analisi stratificata.
Come precisa la professoressa Nota, infatti, “ci sono più livelli di analisi quando si affronta il tema dell'inclusione. Uno di questi è quello culturale-politico, che riguarda le decisioni prese a livello di governance, i modelli culturali di riferimento e le conseguenti che vengono effettuate. I modelli inclusivi danno valore alla qualità della vita di tutti e tutte e alla lotta alle disuguaglianze. Vi è poi un livello organizzativo-gestionale, che riguarda le azioni e le operatività che le istituzioni attuano per realizzare queste visioni politico-culturali di fondo. La formazione e la preparazione delle persone a costruire contesti inclusivi è frutto delle decisioni che vengono prese e così pure i processi di insegnamento”.
Progettare una ripartenza inclusiva nelle scuole richiede perciò un lavoro collaborativo a cui partecipino studiosi ed esperti provenienti da diversi ambiti di ricerca, nonché un'attenta valutazione per capire come applicare ai singoli casi le linee guida definite a livello nazionale.
“Promuovere l’inclusione all'interno delle scuole richiede l'adozione di un approccio interdisciplinare e multiruolo”, precisa la professoressa Nota. “Interdisciplinare nel senso che le linee guida vanno delineate prendendo in considerazione punti di vista diversi: educativo, psicologico, medico, giuridico, architettonico, ecc.. Multiruolo perché i processi decisionali dovrebbero considerare le voci di coloro che vivono nel contesto, insegnanti, personale della scuola, genitori, bambine e bambini. Questo vale a maggior ragione in questo periodo difficile, in cui bisogna considerare anche la variabile Covid, che aumenta la complessità della situazione dal punto di vista medico, giuridico e della sicurezza. Sono molte le questioni su cui è necessario riflettere e da considerare”.
Per ogni realtà scolastica e universitaria, infatti, le risposte a domande quali “come dev'essere organizzata la didattica a distanza perché sia accessibile a tutti ed efficace?” oppure “gli strumenti e i canali comunicativi messi a disposizione sono sufficienti per venire incontro alle esigenze di tutti?” possono essere molto differenti.
Come sottolinea la professoressa Nota, infatti, “l’inclusione richiede un approccio contesto-sensibile, che consideri le diverse componenti a livello micro, bambini e bambine e loro famigliari, a livello meso, personale scolastico, e a livello macro, politiche educative.
Le linee guida si inseriscono quindi in un contesto complesso e sono necessari coinvolgimenti via via più specifici affinché diventino vitali e il centro di una collaborazione attiva e vantaggiosa per tutti e tutte, nell'ambito di un dialogo costruttivo fra esperti ed esperte, insegnanti, dirigenti, alunni e alunne, genitori. Tutto questo è un processo che richiede tempo, riflessione e studio”.