CULTURA

Ritratto di donna, il sogno degli anni Venti

Le amiche si abbracciano, disinvolte, si stringono senza imbarazzo. Le braccia nude, gli abiti morbidi, la posa intrigante e sofisticata. Si stanno confidando un segreto o forse vogliono solo sedurre lo spettatore. Il dipinto, scelto per presentare la mostra Ritratto di donna. Il sogno degli anni Venti e lo sguardo di Ubaldo Oppi, curata da Stefania Portinari, alla Basilica Palladiana di Vicenza fino al 13 aprile, è stato realizzato nel 1924, eppure lo sguardo e il gesto di quelle due giovani donne potrebbe tranquillamente essere inserito in una fotografia contemporanea, oggi, un secolo più tardi. Solo dietro, in ombra, la statua dell'Amazzone rievoca la classicità, riportandoci indietro nel tempo. Siamo di fronte a una "classicità moderna".

Vorrei dei muri, dei muri, dei muri, e dipingere delle storie meravigliose Ubaldo Oppi, lettera a Ugo Ojetti, 2 giugno 1922

Le due donne di Oppi sono al centro dell'esposizione e della sezione dedicata al doppio: sorelle, amiche, donne allo specchio. Le figure femminili, immerse nell'atmosfera di meraviglia e attesa degli anni del Realismo magico, sono prima di tutto moderne, libere, intriganti, scandalose, ardite, eleganti e sempre più autonomescelte per raccontare gli anni Venti del secolo scorso - partendo dagli anni Dieci di Gustav Klimt (in mostra la Giuditta II, dalla veneziana Ca' Pesaro) e arrivando ai Trenta - nell'arte di Ubaldo Oppi, Felice Casorati, Massimo Campigli, Antonio Donghi, Guido Cadorin e Gino Rossi, intrecciando altre vite ed esperienze, come quella della prima donna critica d'arte, Margherita Sarfatti, sostenitrice già dal 1919 del gruppo dei Sette pittori di Novecento - ovvero, Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Piero Marussig, Mario Sironi e Ubaldo Oppi- e di Ugo Ojetti, altro grande protagonista del sistema dell'arte di quegli anni, che propone a Oppi di uscire dal gruppo per esporre da solo alla XIV Biennale del 1924.

Dall'amicizia femminile al rapporto rinnovato tra pittore e modella, dal doppio allo specchio al sogno di avventure, amori e viaggi, dalla nostalgia dei paradisi perduti agli echi dolorosi della guerra. Storie dentro altre storie, tutte segnate da donne con forti personalità, che intensificano la loro presenza in una società che sta cambiando e in un panorama culturale attraversato da immaginari nuovi. Coco Chanel rivoluziona la moda con gonne e capelli più corti, le nuove dive del cinema sono Louise Brooks e Greta Garbo, Amelia Earhart attraversa in volo l'Atlantico, i balli sfrenati di Josephine Baker infiammano Parigi, Virginia Woolf scrive e pubblica Una stanza tutta per sé.

Il protagonista maschile di questa mostra è certamente l'artista che di quelle donne "rivoluzionarie" fissa sulla tela, per sempre, lo sguardo e l'anima nuova. Ubaldo Oppi è autore di opere come Le amicheLe Amazzoni e Le tre bagnanti, di splendidi ritratti della moglie, della sorella e di Fernande Olivier, la Femmina rossa (la quale lasciò Picasso per lui). Cresciuto a Vicenza, ma formatosi a Vienna, Venezia, Parigi, Milano e Roma, Ubaldo Oppi raggiunge anche Padova nel delicato periodo segnato da una crisi personale dovuta alla difficoltà di trovare il proprio posto nel mutato sistema dell'arte. La presenza nelle Trivenete e la decorazione della cappella di San Francesco nella Basilica di Sant'Antonio sono documentate nel saggio di Virginia Baradel, contenuto nel catalogo della mostra Ritratto di donna. Ma a raccontarne il legame con l'Università di Padova è Giuseppina Dal Canton, docente di Storia dell'arte contemporanea dell'ateneo. 

Nel 1938, Oppi partecipa al concorso "su inviti" per la realizzazione dell'affresco a Palazzo Liviano, voluto dal rettore Carlo Anti per commemorare Tito Livio e illustrare la "continuità della cultura romana nella moderna attraverso l'esaltazione dei simboli di vita e poesia, di virtù eroica, di studio e lavoro". L'incarico viene affidato infine a Massimo Campigli, già indicato in precedenza e voluto fortemente da Gio Ponti, ma al concorso partecipano, oltre a Campigli, anche Guido Cadorin e Mario Sironi. Ubaldo Oppi consegna direttamente al rettore, portandoli a mano, i suoi bozzetti, ma fuori dai termini stabiliti. Un ritardo che lo esclude dal concorso, che comunque non lo avrebbe visto vincitore: la commissione infatti definisce il suo lavoro un nobile tentativo di interpretare il tema proposto ma non adatto, "per il carattere troppo minutamente narrativo e la grande vivacità dei colori". 

Il rettore Carlo Anti lo ricontatta nel 1940, per proporgli di decorare il portico del Bo su via San Francesco. Tra i due inizia uno scambio epistolare destinato a durare anni. Richiamato alle armi, Oppi non realizzerà mai quel progetto decorativo. La corrispondenza tra i due termina il 5 marzo 1942, mentre Oppi si trova di stanza a Lussino. Pochi mesi dopo l'ultima lettera scritta al rettore Anti, in seguito a problemi di salute, Oppi torna a Vicenza dove muore, il 25 ottobre 1942, a cinquantatré anni. 

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