Nelle università si parla di diseguaglianza in innumerevoli ambiti di quasi ogni corso di laurea, sotto differenti profili. Del resto, è un elemento biologico, vitale. Non si conosce eguaglianza tra gli ecosistemi e tra i fattori biotici, nemmeno fra gli individui di una medesima specie, somiglianti e affini, differenti e alternativi, in modo più o meno marcato, eguali (eventualmente) nei vincoli scelti reciprocamente nella propria specie (come sancito, per la nostra, dalla Dichiarazione universale dei diritti umani). Ognuno dei singoli diseguali individui non rappresenta l’intera specie. Accrescere o diminuire, acquisire o perdere le capacità espresse da qualcuno della specie non comporta che siano accresciute, diminuite, acquisite, perse da ogni altro individuo o dall’intera specie. Anzi, fra di noi, capacità e incapacità individuali possono aumentare le diseguaglianze sociali, trasformare l’ineccepibile diversità biologica e culturale in ingiusta diseguaglianza materiale ed esistenziale.
Una (inconsueta purtroppo) prospettiva che si sta rivelando molto fertile è quella evoluzionistica e storica, verificare le diseguaglianze nel tempo, il loro andamento nei vari ecosistemi umani, più o meno lineare, altalenante o ciclico, più o meno dipendente da scelte umane consapevoli o inconsapevoli. Uno storico austriaco da un ventennio insediato nel mondo accademico americano ha provato a farlo con un testo importante su una specifica rilevante disuguaglianza, quella di reddito e di ricchezza, proprio quella che ancor oggi più ci colpisce e indigna. Il testo è del 2017, da poco tradotto in Italia: Walter Scheidel, La grande livellatrice. Violenza e disuguaglianza dalla preistoria a oggi, Il Mulino Bologna, ottobre 2019 (pagine 639, euro 35). Vediamo titolo e sottotitolo. Leveler, il sostantivo indica appunto un’azione che appiattisce e limita grandemente (e qualcos’altro che viceversa possa accentuare). Inequality nel sottotitolo può essere tradotto indifferentemente “diseguaglianza” o “disuguaglianza”; in italiano eguaglianza e uguaglianza sono termini assolutamente interscambiabili, eguali uguali; la dizione usata nella Costituzione italiana è con la e, richiama le dichiarazioni dei diritti forgiate anche in altre lingue come originaria preventiva eguaglianza di specie umana. Violence è la causa principale che storicamente ha fatto maggiormente diminuire la diseguaglianza secondo la ricostruzione storica dell’autore. “Dalla preistoria” è l’opportuna interpretazione di from the Stone Age: anche in italiano ormai l’uso di “età della pietra” è pure metaforico, sinonimo di tutto quanto accaduto prima dell’egemonia del modo di produzione agricolo nel Neolitico o di quello industriale nell’Antropocene. Comunque, l’autore parte dal Paleolitico pre-umano e riflette scientificamente sui termini adatti.
L’introduzione del volume prende di petto le cifre incredibili dell’attuale disuguaglianza dei redditi. La disuguaglianza di ricchezza fra gli individui viventi della specie Homo sapiens è pericolosa e crescente. Vi sono oggi persone, famiglie, gruppi, Stati, continenti enormemente più ricchi di altri, capaci di concentrare la teorica ricchezza globale in un esiguo numero di mani. Il libro cita i dati tra il 2010 e il 2015. La tendenza alla concentrazione è stabile da decenni, confermata anche a fine 2019, come emerge chiaramente dal rapporto “Time to care”, reso pubblico il 20 gennaio scorso da Oxfam anche in vista di Davos, un appuntamento qui esaminato. A livello globale duemila (2.153) miliardari nel mondo detengono una ricchezza superiore al patrimonio di oltre quattro miliardi e mezzo di persone (4.600.000.000), mentre alla metà più povera della popolazione resta meno dell’1%. In Italia i tre miliardari più ricchi hanno molto più di quanto (poco) hanno ben 6 milioni di cittadini poveri (oltre 6.000.000, il 10% della popolazione).
Scheidel segnala subito che una simile significativa disuguaglianza ha una storia antichissima alle spalle, da millenni le eccedenze rispetto al minimo indispensabile per la sopravvivenza non sono condivise in modo equilibrato fra gli esseri umani e una prospettiva interculturale, comparativa e a lungo termine appare essenziale per la comprensione dei meccanismi che modellano la distribuzione del reddito e della ricchezza sulla Terra. Sia nell’introduzione che nell’appendice (e in vari passaggi della narrazione) emerge piena consapevolezza della difficoltà di confrontare dinamiche sociali a ere geologiche di distanza e della precarietà degli strumenti di misura validi in epoca moderna e contemporanea, come il coefficiente o indice di Gini di cui anche qui si è parlato. Tuttavia, la profondità degli studi sull’evoluzione dei primati, degli umani e dei sapiens oltre ad alcune evidenze documentali, come le differenze nelle sepolture, consentono all’autore di evidenziare a grandi linee seri spunti sulla disuguaglianza prima della fine dell’ultima glaciazione, nel periodo dei bipedi erranti e non stanziali.
Vi sono segni certi e qualità specifiche di disuguaglianza pure precedenti il Neolitico, quando certamente (seppur lentamente) la produzione di cibo tramite agricoltura e pastorizia creò una scala quantitativamente tutta nuova di ricchezza e di eccedenze. L’addomesticamento delle fonti alimentari comportò anche l’addomesticamento delle persone. La disuguaglianza politica rafforzò e amplificò la disuguaglianza economica. Per migliaia di anni quasi mai la “civilizzazione” progressiva e le varie civiltà diffuse si caratterizzarono per forme pacifiche di perequazione. Nell’intero arco della storia documentata i momenti di livellamento più marcato sono stati invariabilmente il risultato solo di potenti shock. Ecco perché Scheidel concentra l’attenzione sulla violenza. Secondo l’autore quattro diversi tipi di rotture violente hanno appiattito la disuguaglianza: le guerre generali, le rivoluzioni trasformative, i crolli degli stati, le pandemie letali. Considerando la complessiva storia umana del pianeta, solo una o più di queste quattro violente forze (terribili e mortifere) hanno compresso la disuguaglianza materiale.
Grazie a una sterminata bibliografia comparata, a un enorme massa di dati e documentazione, a una limpida riflessione critica globale lo storico Walter Scheidel (Vienna, 1966), dal 1999 trasferitosi negli Usa e da tempo docente presso l’autorevole californiana Stanford University, studia alcuni nessi cruciali per comprendere la distribuzione delle risorse materiali all’interno delle società, lasciando consapevolmente in secondo piano alcune questioni definibili oggi come geopolitica: gli aspetti climatico-geografico-ecologici e la disuguaglianza fra le nazioni. Come accennato, due sono le metriche di base utilizzate: il coefficiente o indice di Gini (ben noto agli scienziati economisti), le percentuali totali di reddito di mercato e netto (disponibile) o di ricchezza (aggiornate da Piketty e ben note agli scienziati sociali). A ragionare di disuguaglianza è però primariamente uno storico, non un filosofo o economista o giurista o statistico, questo è il grande interesse culturale del volume. Tanto più che la scansione narrativa opportunamente non si condiziona a una convenzionale cronologia.
La prima corposa parte del libro segue l’evoluzione della disuguaglianza dall’epoca dei nostri antenati primati fino agli inizi del XX secolo. Non a caso gli spunti “primordiali” sono dapprima gerarchie e territorialità per bonobo e scimpanzé, poi il potenziale egualizzatore del linguaggio e della morale umani sapienti. Impossibile sintetizzare oltre cento dettagliate pagine di storia evolutiva delle domesticazioni antichissime antecedenti il (più diseguale) Neolitico. Le successive parti trattano dei quattro differenti tipi di shock (violenza livellatrice), la seconda (guerre) e la terza (rivoluzioni) affrontando subito di petto il cruento Novecento e risalendo poi indietro nel tempo per cercare eventuali simili antecedenti. La quarta parte esamina specifici casi storici di fallimento dello stato e di collasso sistemico (moderni o antichi). Egualmente la quinta parte documenta esempi molto o poco conosciuti (comunque ad ampia distanza per tempi e luoghi) di mortalità epidemica di massa. Arriviamo così alle domande contemporanee: esistono o possono esistere fattori alternativi (ovvero non violenti) per ridurre le disuguaglianze (sesta parte)? Che cosa ci riserva o potrebbe riservarci il futuro (settima)? Forse le risposte non ci piaceranno, però è meglio valutarle con attenzione. Manca purtroppo un indice degli argomenti (solo i nomi propri), inevitabilmente di migrazioni spesso si parla (più o meno forzate esse stesse).
Certo, le diseguaglianze umane di reddito e di ricchezza andranno misurate nel lungo periodo della storia e della geografia del diseguale pianeta in parallelo ai fenomeni della natalità e della mortalità, della salute e dell’istruzione, delle politiche economiche e fiscali e dei tanti aspetti sociali della nostra convivenza sul pianeta spesso esaminati all’interno de Il Bo Live per la situazione contemporanea. Come anche rispetto ai biomi e ai cambiamenti climatici, agli ecosistemi e alle nazioni, ai sistemi politici e alle religioni. Oppure a quanto non è misurabile del nostro malessere e benessere. Una cosa è l’eguaglianza in matematica, altra cosa in arte e letteratura. Una cosa è l’aspirazione a dinamiche più egualitarie socialmente, meno “ingiustamente” diseguali, altra cosa sarebbe l’impossibile eguaglianza biologica. Per alcuni caratteri è utile fare una media, ma colori di pelle e occhi, pesi e altezze, a esempio, vanno confrontati lungo quanti anni, attraverso quali luoghi e in relazione a quali ricchezze e povertà della nostra storia?