UNIVERSITÀ E SCUOLA

Un disastro per poveri: le vacanze scolastiche negli Usa

Se il rientro a scuola dopo tre mesi di vacanze estive è difficile per tutti, le cose ad alcuni vanno peggio. È vero in particolare negli Stati Uniti, paese di grande disuguaglianza economica e sociale. Una serie di ricerche condotte negli ultimi anni evidenzia infatti il divario tra le diverse classi sociali, che cresce di anno in anno. Da un lato ci sono i giovani provenienti dalle famiglie povere che, di ritorno sui banchi dopo l’estate, hanno dimenticato molto di quanto appreso nell’anno scolastico precedente;  dall’altro i figli delle famiglie più abbienti, i quali mantengono e talvolta addirittura approfondiscono le conoscenze acquisite prima della chiusura estiva. Si innesca così una futile rincorsa da parte degli scolari meno privilegiati e degli insegnanti che cercano di aiutarli per recuperare il tempo perduto.

“Molti bambini poveri hanno un solo genitore – dice Catherine Augustine, ricercatrice nel settore dell’istruzione presso la Rand Corporation – L’estate per loro è assai meno idilliaca di come la si immagini: non è fatta di corse nei campi e viaggi di famiglia ma di tanto divano e tanta televisione. Senza alcuna supervisione degli adulti e magari con la responsabilità di fratelli o sorelle più piccole”. 

In un’analisi della letteratura sull’argomento condotta nel 2011 e commissionata dalla Wallace Foundation (organizzazione filantropica con sede a New York e dedicata a migliorare l’offerta educativa per i bambini meno privilegiati) Augustine e colleghi concludono che, in media, gli studenti delle elementari e delle medie si trovano, alla riapertura delle scuole in autunno, circa un mese indietro rispetto al livello raggiunto a fine primavera. La media, in questo caso, dice poco. Gli scolari provenienti da famiglie con limitati mezzi finanziari, infatti, pagano tre mesi di ritardo rispetto ai compagni più ricchi. E se tutti perdono terreno in matematica, sono solo gli studenti poveri a fare passi indietro nella lettura e nella comprensione dei testi.

“La matematica richiede conoscenze di tipo procedurale che vanno praticate costantemente. Quasi nessun genitore, indipendentemente dal livello di reddito, riesce a farsene carico durante l’estate – spiega Augustine – Con la lettura e il vocabolario invece, le famiglie benestanti sono più in grado di aiutare, leggendo ai figli, comprando loro i libri desiderati, portandoli ai musei o in biblioteca o iscrivendoli ai campi estivi”. 

Attività che implicano comunque un alto livello d’istruzione da parte dei genitori o, più semplicemente, la disponibilità di risorse finanziarie. Il giornalista Matthew Yglesias, ha notato recentemente sul sito di informazione Slate che il campo estivo da lui frequentato da bambino costa ora, per otto settimane di corsi e intrattenimento, circa 11.500 dollari.

La questione sta attraendo sempre più interesse da parte degli esperti, proprio nel momento in cui il differenziale di ricchezza tra l’1% più facoltoso del Paese e l’altro 99% è il più elevato degli ultimi cento anni e la relazione tra livello di istruzione e reddito è ormai indiscussa. E gli effetti cumulativi della perdita di conoscenze da parte degli studenti più poveri nel corso delle vacanze estive contribuisce a questo circolo vizioso. 

Fin qui gli approcci suggeriti per tamponare l’emergenza sono stati di tre tipi diversi. Alcuni studiosi suggeriscono il prolungamento dell’anno scolastico per tutti, eliminando le vacanze estive, sostituite magari con qualche pausa breve in più durante l’anno. Questo intervento richiederebbe investimenti maggiori da parte delle pubbliche amministrazioni, che di soldi naturalmente non ne hanno mai abbastanza. Ma darebbe la possibilità a tutti non solo di preservare l’abilità di leggere ma anche l’apprendimento della matematica. 

Altri ricercatori, come ad esempio Augustine, preferirebbero invece che le risorse, statali e private, fossero usate in maniera più mirata attraverso corsi estivi per gli studenti più poveri, quelli che richiedono maggiore attenzione. 

La terza ipotesi sperimenta sistemi più snelli e meno costosi, nella speranza che possano più facilmente essere copiati in tutto il Paese. James Kim, professore ad Harvard, ha lanciato in North Carolina un programma estivo che incoraggia i bambini delle elementari alla lettura. Agli studenti vengono assegnati, prima della chiusura dell’anno scolastico, una serie di libri e di attività di comprensione associate alla lettura. Una volta completate, le risposte vengono spedite alla scuola via posta. Per incoraggiare i genitori a monitorare il lavoro dei figli, gli insegnanti rimangono in contatto con le famiglie via sms e via telefono, ricordando le scadenze e informandole della mancata consegna dei compiti. “È un programma che costa poco e sta già dando risultati positivi, anche se solo preliminari – dice Kim – Certo il prolungamento dell’anno scolastico offrirebbe maggiori possibilità di arricchimento per i bambini più bisognosi, ma è meno replicabile come soluzione”.  Semplicemente mancano le risorse. Anche per trasformare la scuola in un surrogato dei genitori. Benestanti, ovviamente. 

Valentina Pasquali

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