CULTURA

“Qui formiamo sognatori”

Quelli che ce l’hanno fatta si mostrano, con orgoglio, all’ingresso. “Ogni volta che il nome di un bigrocker compare nei titoli di coda di un nuovo film con effetti speciali, noi organizziamo una visione speciale per i nostri studenti e appendiamo la locandina all’ingresso della scuola. Come vedi, abbiamo esaurito lo spazio sul muro. Ora aggiorniamo l’elenco nel nostro sito”. Un centinaio di titoli, tra cui spuntano Frozen, Toy Story 3, Paddington, Spider Man 2, Big Hero 6, Happy Feet I e II, Maleficent, Robocop. Non chiamateli nerd e non chiamateli tecnici: “Qui noi formiamo artisti. E soprattutto cerchiamo di insegnare ai nostri studenti che tutto è possibile”. Anche ritrovarsi nei titoli di coda di un campione d’incassi della Pixar, per esempio. Dieci anni fa, con un budget ridotto e molte idee, Marco Savini, di professione pilota militare e una grande passione per le nuove tecnologie, fonda BigRock, Institute of magic technologies. Come sede, sceglie una cascina immersa nelle campagne trevigiane, a Ca’ Tron, Roncade. Lontana dal traffico e dal caos delle grandi città. Lì decide di fermarsi per dare vita a una scuola d’eccellenza per futuri maghi della computer grafica.

 

Gli studenti di BigRock. Foto: Massimo Pistore

Ottanta bigrockers ogni sei mesi per un master in computer grafica di ventuno settimane (con frequenza obbligatoria dal lunedì al venerdì, da mattina a sera), una retta che non raggiunge i seimila euro, iMac che vengono cambiati ogni anno, un ambiente accogliente che presto diventerà più grande (Savini sta portando avanti un progetto di campus insieme alla vicina H-farm) e, infine, un lavoro (quasi) sicuro. Al master si aggiungono poi una serie di altri corsi, dalla concept art al compositing, passando per i summercamp dedicati ai bambini e i workshop con professionisti del settore. “Partiamo da zero, al master ci si può iscrivere anche senza saper disegnare o avere nozioni di computer grafica. Il 70% dei ragazzi che escono da qui iniziano a lavorare subito, in Italia ma anche all’estero. Alcuni arrivano alla Disney Pixar, altri alla Dreamworks”. C’è un filo rosso che collega la sede trevigiana agli Stati Uniti, le prove – dicevamo – sono appese alla pareti della scuola e si sviluppano in visioni e progetti concreti per il prossimo futuro. “Non facciamo molta pubblicità per farci conoscere, i ragazzi arrivano qui principalmente grazie al passaparola, mossi da una forte motivazione”. C’è una frase che Savini riporta con un certo orgoglio e sistema all’inizio di ogni presentazione per dare il benvenuto e motivare le matricole: “Al pari di ingegneri, dottori, costruttori o inventori, i sognatori sono coloro che ispirano il futuro con le loro visioni. A BigRock formiamo sognatori”. Sognatori a cui viene richiesta assoluta disciplina: “Hanno un badge – spiega – Devono registrarsi al mattino quando arrivano. È richiesta la puntualità: se sforano di qualche minuto, saltano la lezione. Qui si studia tanto e ci sono precise regole: una volta che hai imparato a rispettarle, puoi anche decidere di cambiarle”. 

È venerdì mattina, a scuola regna un silenzio quasi irreale. Nessuno è in giro, son tutti nelle aule (non esistono compiti per casa, tutto si svolge a scuola, “perché in un prossimo futuro lavorativo, ogni cosa fatta in extra-orario non verrà pagata”). Gli studenti hanno tra i venti e trent’anni, “spesso giungono qui dopo aver fatto altre esperienze, intrapreso altre strade. Quando si rendono conto di cosa vogliono davvero, arrivano a BigRock”, spiega Savini. I sei mesi di studio stanno volgendo al termine, hanno frequentato le lezioni, fatto pratica, affrontato la sfida della Classe X, ovvero il contest proposto da un’azienda esterna per la realizzazione in soli cinque giorni di un prodotto, la prima volta con un vero cliente. Ora è il momento di accelerare, dopo aver scelto la propria specializzazione, per poter presentare la tesi finale: un cortometraggio in computer grafica da realizzare, tutti insieme, in sei settimane. A fine febbraio gli ottanta bigrockers termineranno il master, chiudendo con il Graduation day, una grande festa “stile Hollywood” organizzata in un cinema, con tanto di cerimonia degli Oscar. Poi, lasceranno il posto ad altri studenti impegnati, da marzo, nel nuovo ciclo di studi. 

 

Il percorso di viaggio negli Stati Uniti che gli studenti possono affrontare durante le 21 settimane di lezione. Foto: Massimo Pistore

In ventuno settimane accade di tutto: corsi di teatro e danza, per imparare come è fatto e come si muove il corpo prima di realizzare maquette e rig (rispettivamente, i modelli in plastilina e i sistemi scheletrici e muscolari), lezioni di arrampicata e battaglie di soft air per mettersi alla prova, superare i propri limiti e sviluppare strategie. C’è tempo persino per fare due viaggi. Uno breve a Londra, l’altro di venti giorni negli Stati Uniti. Quest’ultimo è un vero e proprio viaggio avventura (che i ragazzi possono decidere se fare o no, perché non è incluso nella retta della scuola): oltre tremila miglia da percorrere, attraversando Utah, Colorado, Arizona, Nevada e California. Un’avventura - in jeep e senza mappe - che insegna a fare squadra anche e soprattutto in situazioni difficili, aiuta a conoscere se stessi e a comprendere il significato della parola ‘affidabilità’ (ogni giorno, il gruppo sceglie un compagno come leader e guida), insegnamenti preziosi da sfruttare una volta entrati nel mondo del lavoro, “perché le aziende cercano professionisti seri, su cui poter contare”. Durante il viaggio, il gruppo sotterra una bottiglia del tempo con un messaggio per motivare i corsisti che verranno: “Non ci rimane altro che vivere, rischiare e provare. Non sedersi all’ombra, non smettere di ascoltare, non fermarsi, non arrivare mai. Perché chi arriva, smette di sognare. Noi siamo qua per fabbricare sogni”.

Francesca Boccaletto

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