SCIENZA E RICERCA

Curare lo stress con la realtà virtuale

Vi è mai capitato di sentirvi sotto pressione a causa del lavoro, di non saper far fronte a tutte le richieste che provengono dai vostri superiori? Di sentirvi ansiosi, irritabili, di soffrire di mal di testa o di disturbi del sonno? Forse, potreste essere un po’ stressati. Un problema, quello dello stress dovuto al lavoro, di cui una persona su quattro dice di soffrire in Europa, secondo quanto afferma il rapporto congiunto dell’European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions e l’European Agency for Safety and Health at Work, pubblicato nelle scorse settimane. 

Le conseguenze per la salute non sono poche. La ricerca ha dimostrato infatti che lo stress sul lavoro può essere associato a malattie cardiovascolari, muscolo-scheletriche, problemi al sistema immunitario e di salute mentale come ansia e depressione. Senza contare che le condizioni psico-fisiche dei lavoratori incidono sulle performances (e sui costi) aziendali, poiché si riflettono in una diminuzione della produttività e in un aumento delle assenze e del turnover del personale. Oltre che ricadere sulla spesa sanitaria nazionale e individuale. Stando a una pubblicazionedi pochi mesi fa, nel Regno Unito, per fare un esempio, nel 2011/2012 si è registrata la perdita di 10,4 milioni di giorni di lavoro, una media di 24 giorni di assenza per lavoratore. Mentre altri studi nazionali dimostrano che circa un quinto del turnover dei dipendenti può essere associato allo stress da lavoro.   

Se questa è la situazione, a livello internazionale le iniziative di sensibilizzazione e prevenzione non mancano, a partire da eventi come quello in corso in questi giorni, The European Week for Safety and Health at Work (20-24 ottobre 2014), nell’ambito del quale l’attenzione verrà concentrata sulla campagna 2014-2015Healthy workplaces manage stress. Anche in ambito medico si lavora in questa direzione e accanto alle terapie tradizionali nella cura dello stress si studiano strumenti che possano migliorarne l’efficacia.

È il caso di un nuovo protocollo, ideato nell’ambito di un progetto europeo concluso da qualche mese (Interstress), che integra realtà virtuale, tecnologie mobili e biosensori alla terapia cognitivo-comportamentale cui usualmente si fa ricorso. E gli esperimenti finora condotti sui pazienti, nello specifico su un gruppo di infermieri e di insegnanti, sembrano indicare una maggiore efficacia di questo approccio rispetto alla metodologia classica. 

“Ciò che viene introdotto – spiega Andrea Gaggioli, dell’Istituto auxiologico di Milano e coordinatore del progetto – è un nuovo paradigma. È la cosiddetta ‘interrealtà’, un metodo che integra valutazioni cliniche e trattamenti nell’ambito di un contesto ibrido, un ambiente nel contempo reale e virtuale”. L’idea di fondo è che il comportamento nel mondo fisico possa influenzare l’esperienza nella realtà virtuale e viceversa. 

Ma vediamo di che si tratta. Le linee di intervento sono essenzialmente due, una piattaforma virtuale e una piattaforma mobile. Attraverso la piattaforma virtuale, Neuro VR-2, il paziente con tecnologie di realtà virtuale rivive le situazioni di stress a cui è sottoposto nel contesto reale. Gli esercizi, che hanno lo scopo di aiutare la persona ad apprendere abilità di gestione e regolazione emotiva delle situazioni di stress, vengono svolti con la supervisione del terapeuta. D’altra parte, tuttavia, sono state sviluppate anche applicazioni per tablet e smartphone (positive techology app) che da un lato permettono di compiere autonomamente in qualsiasi luogo esercizi di rilassamento guidato in ambienti 3D e dall’altro svolgono una funzione di monitoraggio dei livelli di stress. Ciò grazie a dei biosensori in grado di misurare le condizioni psico-fisiologiche del paziente. 

Il gruppo ha infatti ideato delle fasce indossabili che permettono di monitorare in tempo reale la frequenza cardiaca e respiratoria della persona sia durante le sessioni di esercizi nella realtà virtuale, sia nella vita quotidiana, durante l’orario di lavoro ad esempio. Questo consente al terapeuta, attraverso un’interfaccia web, di esaminare le condizioni fisiologiche dell’individuo durante le situazioni di stress, e avere quindi a disposizione informazioni oggettive, oltre che soggettive, della situazione clinica orientando il trattamento.   

Oltre ai sensori cardiaci e respiratori, il sistema supporta anche sensori elettroencefalografici come Enobio, una sorta di casco wireless indossabile e già in commercio che permette di monitorare l’attività cerebrale, e il sistema Cbar (Camera and accelerometer – based activity recognition) che attraverso uno strumento video è in grado di rilevare posture correlate a situazioni di stress. Tutti i dati fisiologici e psicologici raccolti dai biosensori possono essere integrati e consentono di ottenere una classificazione automatica e standardizzata dei livelli di stress. In questo modo la terapia iniziata nell’ambulatorio clinico continua anche a casa e il paziente viene monitorato nella vita di ogni giorno.

Sebbene già esistesse un filone di ricerca emergente che guarda alla realtà virtuale come possibile strumento nella terapia dei disturbi d’ansia e dei disordini da stress post-traumatico, ad oggi non era ancora disponibile un protocollo clinicamente testato che ne prevedesse l'uso per il trattamento dello stress. 

In particolare l’obiettivo, nell’ambito del progetto da poco concluso, è quello di promuovere una maggiore partecipazione del paziente nel processo di cura, con l’ambizione di ridurre il numero dei ricoveri e di migliorare la gestione della malattia attraverso una valutazione più precisa dello stato di salute del paziente. Un approccio che potrebbe influire anche, al ribasso, sui costi sanitari.  

Ora, dato che si parla ancora di un prototipo, si tratta di capire come intenderanno procedere i diversi partner europei per rendere i nuovi strumenti disponibili a terapeuti e pazienti. 

Monica Panetto

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