SCIENZA E RICERCA

Plato: il cacciatore di pianeti nella galassia

Esistono sistemi planetari oltre al nostro? A dare una risposta nei prossimi anni sarà Plato (Planetary transits oscillation of stars), missione selezionata dall'Agenzia spaziale europea (Esa) nell’ambito del programma Cosmic Vision. Il progetto prevede il lancio in orbita nel 2024 di un satellite con 34 telescopi. Rimarrà in funzione almeno 8 anni e avrà il compito di trovare pianeti simili al nostro attorno a stelle come il Sole, in orbite di dimensioni simili a quelle di Mercurio, di Venere, Terra e Marte. Come nel mito della caverna di Platone saranno le ombre dei pianeti a rivelare la loro natura al satellite. Un’indagine che, senza Plato, sarebbe rimasta in sospeso almeno per i prossimi vent’anni.

Che esistano altre forme di vita oltre alla nostra è, del resto, un’intuizione antica e già Epicuro (342 a.C.) ne aveva fatto un vessillo, riportato poi in auge da Lucrezio nel suo De rerum natura: “Pertanto dobbiamo capire che esistono altri mondi in altre parti dell'Universo, con tipi differenti di uomini e di animali”.

L'idea della molteplicità dei mondi finì per perdersi con l'affermazione del pensiero aristotelico medioevale. Per poi essere ripresa nella seconda metà del Cinquecento, dopo la rivoluzione copernicana. Con Giordano Bruno, che vagheggiava di infiniti mondi, e Galileo che, usando il telescopio messo a punto anche grazie alle officine venete, iniziò la conferma della teoria copernicana.  

Nei secoli seguenti, man mano che la geografia dell'Universo si è svelata, e si è andata affermando la consapevolezza che il nostro Sole è una stella fra miliardi di simili, in una Galassia simile a miliardi di altre, si sono fatte strada altre domande: Dove sono gli altri mondi? E, soprattutto, come sono?

E solo alla fine del Novecento si arriva finalmente a vederli. All’inizio, venti anni fa, si riusciva solo a misurare l'effetto prodotto dalla loro relazione gravitazionale con la stella attorno a cui orbitavano. In seguito si è imparato a misurare la variazione della luminosità della stella quando il pianeta, orbitandole attorno, le si poneva di fronte: misure che permettono di calcolare la densità degli esopianeti – i pianeti extrasolari – e quindi la loro struttura interna e la presenza o meno di atmosfera. Sebbene siano un migliaio i pianeti a oggi conosciuti, in circa 800 sistemi planetari, non sono però ancora noti sistemi solari simili al nostro.

Per scoprirli servono strumenti nuovi e ancora una volta le "officine venete" rispondono alla chiamata. I 34 telescopi di Plato, disegnati da un team coordinato da Roberto Ragazzoni, astronomo dell'Osservatorio astronomico di Padova e docente di ottica dell'università padovana, sono in grado di esplorare una regione di cielo su un’area estesa 5.000 volte quella della luna piena. Tutti insieme abbracciano un campo visivo simile a quello dell'occhio umano: con questi occhi Plato può osservare circa centomila stelle brillanti alla volta, quelle che si trovano a noi vicine.

Una delle lenti di Plato. Foto: V. Viotto, INAF - Osservatorio astronomico di Padova

“Plato completerà il lavoro iniziato da Gaia, il satellite lanciato lo scorso dicembre dall'Esa, che nei prossimi anni censirà le stelle intorno al Sole determinandone posizione e tipologia con un’accuratezza mai raggiunta prima” spiega Giampaolo Piotto, docente di astronomia all'università di Padova e membro dello science team e del Board del Consorzio Plato, il responsabile della selezione delle stelle che verranno osservate. “Plato ci dirà quali tra queste stelle ospitano sistemi solari simili al nostro e ci fornirà la completa comprensione dell'architettura di questi sistemi solari, e di dove possa essere presente la vita".

Il progetto – finanziato anche dall’Agenzia spaziale italiana (Asi) che vede inoltre impegnato il suo centro per i dati scientifici – coinvolge un centinaio di scienziati italiani che lavorano alla progettazione della strumentazione e alla preparazione scientifica di Plato in tutta la penisola: da Padova a Catania, Milano, Firenze, Palermo, Torino, Napoli, Roma. Ma Plato, frutto dell'eccellenza italiana nel campo della ricerca in ottica, fornirà anche nuove opportunità all'industria italiana del settore, come nel caso dell’elettronica di bordo, parte della quale è made in Italy.

Le entusiastiche reazioni della comunità scientifica sono legate alle opportunità fornite da Plato. “Siamo già molto attivi nello studio degli esopianeti. Abbiamo in corso un progetto molto ambizioso (Gaps) con lo spettrografo Harps-n installato al telescopio nazionale Galileo, uno degli strumenti di punta dell'astrofisica mondiale nel settore. E stiamo preparando la missione Cheops, un progetto dell'Agenzia spaziale europea, che partirà nel 2017 per caratterizzare esopianeti noti”, sottolinea Isabella Pagano dell’Istituto nazionale di astrofisica di Catania, del Board del Consorzio Plato e project manager delle unità ottiche del telescopio. E, continua: “Plato sarà cruciale per progredire nella fisica degli esopianeti e nella fisica stellare. Inoltre, per molti giovani studiosi sarà l'occasione di lavorare a un progetto di ampio respiro e di lungo termine fianco a fianco con i colleghi europei”.

È possibile seguire lo sviluppo del progetto a partire dal sito dell’Esa o aggiornarsi in tempo reale su Twitter, seguendo @PLATOMissionCon. Il sito ufficiale del consorzio è invece www.plato-mission.eu

Progetto Plato, visione d'insieme. Immagine: Esa

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