SCIENZA E RICERCA

La carta d'identità dei pesci

Contrastare la pesca illegale e le false ecocertificazioni si può. Come? Moderne tecniche della biologia molecolare permettono oggi, a costi relativamente contenuti, di poter tracciare con elevata affidabilità il pescato e i relativi prodotti di lavorazione dalla nave fino alla tavola dei consumatori, from fish to fork, e di poter individuare la provenienza geografica con margini di errore molto bassi.

   È stato pubblicato su Nature communications uno studio sulla tracciabilità dei pesci, frutto della collaborazione internazionale nell’ambito del progetto europeo Fpt, FishPopTrace. Tommaso Patarnello del Dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione dell’Università di Padova è uno degli autori della ricerca, finalizzata al controllo e alla determinazione della provenienza del pesce.

  Determinare la provenienza del pescato permetterebbe di sapere esattamente quali stock vengano sfruttati nella pesca e se vengano rispettate le regole internazionali di prelievo.

Un’attività di pesca eccessiva e spesso illegale è stata la causa negli ultimi anni di un repentino e massiccio impoverimento delle risorse ittiche mondiali sebbene esistano a livello internazionale delle leggi che regolamentano tale attività. Alcune organizzazioni indipendenti no profit come la MSC (Marine Stewardship Council) hanno recentemente attirato l’attenzione dell’opinione pubblica sulla necessità di preservare i grandi stock di pesca, creando anche dei sistemi di “ecocertificazione” per una pesca ecosostenibile  da rilasciare ai singoli pescatori.

Queste e altre soluzioni hanno avuto purtroppo un’efficacia imitata e si sente l’esigenza di avere strumenti di controllo più incisivi come la possibilità di poter definire l’area geografica o la popolazione di origine dei singoli pesci in modo da impedire le sempre più frequenti frodi nei mercati ittici dovute alla non corretta identificazione geografica del pescato.

Nella pubblicazione su Nature communications si spiega che è stato usato un approccio di tipo genome-scan per individuare regioni genomiche sotto selezione divergente tra le popolazioni naturali di pesci ad alto sfruttamento commerciale. Si assume infatti che nelle popolazioni naturali ci siano dei geni più adattati alle particolari condizioni locali. Tali geni possono essere usati come “marchio di origine” dei singoli individui. La tecnica del genome-scan è stata applicata a quattro specie marine di grande importanza commerciale e legate a problemi di pesca illegale e sovrasfruttamento degli stock: merluzzo atlantico (Gadus morhua), aringa (Clupea harengus), sogliola (Solea solea) e nasello (Merluccius merluccius).

Tale approccio ha permesso di sviluppare per la prima volta marcatori molecolari in grado di tracciare in modo accurato l’origine geografica del singolo esemplare. In specie soggette a pesca illegale e/o a eccessiva pressione di pesca, è un prezioso strumento per prevenire il collasso degli stock naturali che comporterebbe non solo l’estinzione di molte popolazioni locali ma metterebbe a rischio l’intera specie - come è recentemente avvenuto per il merluzzo atlantico. 

 

V.P.

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