SCIENZA E RICERCA
Russi a portata di clic
A giudicare dal passaporto cartaceo che sventola felice nelle foto, il neocittadino russo Gérard Depardieu non è stato ancora informato dei moderni gadget che spettano ai suoi concittadini. Dal 1 gennaio 2013 è infatti in vigore la nuova carta universale, la cosiddetta Uek (Universal'naja elektronnaja karta) che sostituisce il vecchio passaporto unendovi però ben altre funzionalità. Ha le dimensioni di una carta di credito ed è dotata di microchip. Servirà come documento di identità ma anche come carta servizi, consentendo di pagare le imposte, accedere ai servizi sociali, fungere da tessera di abbonamento o permettere l'acquisto dei biglietti per la rete locale e nazionale dei trasporti. Già definita l'equivalente del coltellino svizzero, potrà servire come patente, rimandare ai dati dell'assicurazione della macchina, conterrà la firma elettronica del suo proprietario nonché non meglio precisate "applicazioni bancarie". Un deciso passo avanti che pone la Russia tra i paesi all’avanguardia nell’adozione di tessere universali e documenti unificati, accanto all’India e sicuramente prima di molti paesi europei. Con qualche preoccupazione.
Il progetto era stato annunciato già nella primavera del 2011 e prevedeva l’avvio della nuova carta dal gennaio 2012, per un costo stimato – per lo Stato – tra 5,2 e 5,9 miliardi di dollari. La partenza è stata poi rinviata di un anno per permettere l’adeguamento dell’infrastruttura digitale: poco sarebbe servito distribuire ai cittadini il nuovo giocattolo se poi non fossero stati in grado di utilizzarlo davvero negli uffici o nei negozi. E d’altronde non è impresa di poco conto far dialogare sistemi e database diversi, o addirittura costruirne dal nulla; a maggior ragione l’impresa diventa titanica quando abbraccia un Paese di oltre 17 milioni di chilometri quadrati, dove si prevede la carta debba essere subito adottata da circa 1.000 servizi locali e nazionali e 10.000 imprese commerciali.
Fin dai primi annunci, da più parti sono stati sollevati dubbi sui rischi di frode e furto di identità, e l’allora presidente Medvedev aveva ammesso le difficoltà nel prevenire il pericolo. Nell’era di Facebook e dell’e-commerce la preoccupazione russa può sembrare tardiva e forse ingenua, così come la riluttanza iniziale delle banche che poco si volevano impegnare nel finanziare il progetto, ritenendo la carta “commercialmente di poco interesse” o preoccupandosi dell’onestà degli utenti che l’avrebbero utilizzata, e questo contrariamente alle analisi di chi ritiene che l’adozione della carta farà naturalmente lievitare i profitti di banche e società informatiche.
Ma il punto fondamentale sono naturalmente le grandi basi dati che staranno dietro all’intera operazione Uek, le leggi che disciplineranno la gestione di questi dati e l’inevitabile esposizione che caratterizzerà le vite dei cittadini. Sarà l’occasione, spiega il governo, per realizzare moderne basi dati di anagrafe e immigrazione, mentre all’opinione pubblica – preoccupata che il microchip della carta non “made in Russia” lasci spazio a ingerenze straniere – i responsabili del progetto hanno assicurato che non esistono pericoli per la sicurezza nazionale. L’informazione russa non cadrà in mani altrui, insomma, anche se secondo molti il problema è cosa ne farà il governo. Uno strumento che consente di interfacciare la gran parte dei dati sensibili riguardanti ogni singolo cittadino suscita infatti non poche apprensioni, specialmente pensando all’uso (legale, ed anche no) che se ne può fare disponendo dell’accesso a queste basi dati - timori più che giustificati ovunque, e non solo in un paese autoritario come la Russia di oggi.
È forse paradossale, infine, che in un’epoca in cui i dati sono importanti ormai quasi quanto le materie prime, sia la Chiesa a preoccuparsi maggiormente del loro impiego: la chiesa ortodossa si è infatti fortemente opposta al progetto Uek, ritenendolo uno strumento di possibile discriminazione verso i credenti e denunciando la violazione della privacy che potrebbe togliere all’individuo la libertà di scegliere – letteralmente – la propria “visione del mondo”. In nome della salvezza dell’anima, hanno quindi preteso e ottenuto che l’accettazione della carta sia facoltativa e non obbligatoria, e che ogni cittadino possa rifiutare di riceverla. Il pericolo – denunciava nei mesi scorsi il sito religioso e nazionalista Segodnia.ru – è che l’introduzione della UEK “renda possibile la costruzione di una inaudita dittatura elettronica super-totalitaria, in cui ogni individuo diviene un bio-oggetto controllabile da remoto, di fatto un robot con un barcode sul corpo o un microchip sotto la pelle”.
Strano Paese la Russia: passata dai romanzi distopici di Zamjatin che preconizzavano la fine della dimensione privata alla passione sovietica per la delazione, dal controllo totalitario della vita del cittadino all’ipotesi di uno sfrenato e-commerce all’occidentale, arriva oggi a ragionare sulle conseguenze di una plastinka e della Questione Privacy versione 3.0.
Cristina Gottardi