SCIENZA E RICERCA

Il mito dell'integratore: da sfatare

Possono presentarsi in forma di bevanda, barretta o compressa. Sono utilizzati per rinforzare il sistema immunitario, dimagrire o per migliorare le performance sportive e sessuali. Hanno le più svariate formulazioni e prezzi. C'è chi li ritiene inutili e chi li considera un valido aiuto per il mantenimento del proprio benessere. C'è chi li acquista su consiglio del medico o del farmacista e chi, al contrario, si affida alle indicazioni che trova su internet, con il rischio di arrivare ad abusarne o di determinare situazioni cliniche assimilabili a vere e proprie intossicazioni. Di cosa stiamo parlando? Di integratori alimentari. Prodotti che ben l'80% degli italiani, secondo un'indagine realizzata a inizio 2015 da GfK Eurisko per FederSalus, ha assunto almeno una volta durante lo scorso anno (+15% dal 2012). Eppure, nonostante il loro sempre più largo impiego, sono ancora troppi i falsi miti da sfatare, contro cui si scontrano scienza e buona informazione. A portare un po' di chiarezza ci ha pensato il seminario “Integratori alimentari, facciamo il punto”, organizzato dal dipartimento di biomedicina comparata e alimentazione dell'università di Padova, in collaborazione con la Fondazione studi universitari di Vicenza. 

“Gli integratori non sono medicinali e non hanno azioni terapeutiche – ha esordito Stefano Dall'Acqua del dipartimento di scienze del farmaco –. Mentre di un farmaco, infatti, esiste la prova scientifica della sua efficacia, che si traduce in un risultato per il consumatore, per gli integratori non si può parlare di un rapporto rischio/beneficio”.

E allora, che cosa sono gli integratori? La normativa italiana, che recepisce la direttiva europea del 2002, li definisce come “prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta, aventi un effetto nutritivo o fisiologico”. Non sono sostitutivi del cibo, dunque, e tanto meno assicurano “cure miracolose”, perdita di peso o fisici scolpiti. 

Un prodotto non vale l'altro. “Nella galassia di integratori c'è di tutto e di più”, ha chiosato il dottor Paolo Pallini dell'Unità complessa di gastroenterologia dell'Ulss 12 Veneziana. Scorrendo il registro del ministero della Salute, consultabile nella doppia versione per prodotto o per impresa produttrice, ci si trova di fronte a più di 1.500 pagine, recanti ciascuna una trentina di prodotti. “Sfogliandole si leggono cose che lasciano perplessi, perché da un lato ci sono prodotti con estratti di noce moscata, aglio o prezzemolo, dall'altro troviamo probiotici che hanno un processo di ricerca microbiologico e farmaceutico tale da garantire determinate caratteristiche, come la presenza di batteri che arrivino nel colon”.

La famiglia degli integratori alimentari è molto vasta: è caratterizzata da vitamine e minerali, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale. Non mancano sovrapposizioni fra diverse tipologie di prodotti: sono compresi, infatti, integratori alimentari, alimenti in senso stretto, alimenti dietetici per fini speciali, fitopreparati, prodotti erboristici.

Naturale, tuttavia, non è sinonimo di sicurezza e non significa che faccia bene. “Bisogna attenersi alle dosi giornaliere raccomandate, poiché gli integratori possono contenere sostanze dopanti non segnalate nell'etichetta”, ha rimarcato Maria Concetta Rotolo del Dipartimento del farmaco dell'Istituto superiore di sanità, che dal 2010, con la collaborazione del Nas, ha analizzato più di mille integratori alimentari per lo sport e le performance sessuali acquistati in farmacia, nella grande distribuzione, nel web, nei sexy shop o durante gli eventi sportivi.

L'obbligo di etichettatura impone l'indicazione del dosaggio, ma non, ad esempio, delle controindicazioni. Un dettaglio, questo, che può trarre in inganno il consumatore. È il caso dell'acetilcisteina, un agente mucolitico che può essere contenuto sia in un farmaco sia in un integratore. In quest'ultimo le controindicazioni non sono segnalate e una persona che abbia tra le mani entrambi potrebbe reputarli uguali.

Più in generale, ciò che davvero differenzia un medicinale da un integratore è l'iter di immissione in commercio. Il primo è coperto da brevetto, acquistabile solo in determinati punti vendita (farmacie e parafarmacie), non pubblicizzabile e, soprattutto, una volta preparato non può essere modificato. Gli integratori, invece, seguono la procedura prevista per il settore alimentare, molto più snella. “Serve la notifica dell'etichetta del proprio prodotto al ministero della Salute, per il resto non vi sono restrizioni: si possono modificare, pubblicizzare e vendere nella grande distribuzione o attraverso altri canali”, ha concluso Dall'Acqua. 

Quello degli integratori è un mercato facile e in crescita. Lo ha evidenziato Donata Favretto del dipartimento di scienze cardiologiche, toraciche e vascolari dell'università di Padova: “Nel 2014 il mercato globale valeva 66 miliardi di euro, il 65% del quale proveniente da Stati Uniti, Cina, Giappone, Corea del Sud e Italia. Fino al 2019 si stima un incremento annuale medio dell'1%. È un mercato in cui è semplice proporsi come produttori perché i principi attivi sono disponibili e a buon prezzo, ma non ci sono garanzie che un integratore sia sicuro. A differenza del farmaco, per il quale vengono mantenuti gli standard di qualità, non è richiesta un'approvazione per la miscelazione, la produzione, la vendita e non c'è sorveglianza post vendita se non in caso di allarmi e morti”.

Se si pensa alla facilità con cui gli integratori si possono trovare nella grande distribuzione e online, alla pubblicità ingannevole, al frequente utilizzo 'per sentito dire', e dunque senza un filtro scientifico, alla conseguente autosomministrazione, magari in concomitanza con terapie farmacologiche, e al fatto che spesso il loro uso non venga comunicato al medico, immaginare quali scenari possono aprirsi non è difficile.

Prima di comperare un integratore, quindi, è bene chiedersi se è davvero necessario per la propria salute. Con la varietà di alimenti che abbiamo a disposizione e di cui possiamo nutrirci, l'integrazione potrebbe sembrare un paradosso. E invece no. È un dato di fatto che la dieta, soprattutto in alcuni strati della popolazione, si sta impoverendo e si tendano ad assumere sempre le stesse vivande, spesso in quantità eccessiva. A ciò si devono aggiungere gli stili di vita: una progressiva carenza di vitamina D è normale con il passare degli anni, ma non lo è altrettanto esporsi al sole per 15 minuti al giorno per sintetizzarla.

Elena Trentin

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