SCIENZA E RICERCA
Cellule umane negli embrioni di macachi: la necessità di una corretta analisi etica e di un accorto dibattito pubblico
Le questioni etiche sollevate dalla ricerca sperimentale con gli animali sono numerose e importanti, sia per la protezione degli animali sia per le potenzialità applicative in ambito umano e la comunità scientifica ha una reputazione che deve essere difesa e tutelata in maniera molto attenta: non tutto ciò che si può fare deve essere fatto e in questo delicato equilibrio tra potere e dovere si gioca la rilevanza e l’efficacia della valutazione etica delle ricerche con gli animali.
In questi giorni lo studio pubblicato dal team del dottor Juan Carlos Izpisua Belmonte del California's Salk Institute for Biological Studies ripropone in maniera esemplare all’attenzione del dibattito pubblico questa questione: la valutazione etica in merito ad un caso come questo non può limitarsi a ribadire la necessità del parere di un comitato etico, ma deve tenere conto anche del dibattito pubblico. Tuttavia, non può neppure fare riferimento a posizioni sensazionalistiche e valutazioni etiche di principio che prescindano dagli scopi specifici della ricerca.
Lo studio riguarda l’inserzione di alcune cellule staminali umane pluripotenti in 132 embrioni di macachi allo stadio di sviluppo di blastocisti. Gli embrioni sono stati posti su piastra Petri e sono state studiate le evoluzioni nel corso dei successivi 19 giorni. Dopo 11 giorni, 91 embrioni erano ancora vitali, mentre dopo il diciannovesimo non vi era più alcun embrione vitale. Non sono stati utilizzati direttamente animali vivi per la procedura, sono tuttavia stati coinvolti esemplari per il prelievo degli ovociti utilizzati per la fecondazione. Non si fa poi menzione diretta della provenienza delle cellule umane, ma viene sottolineato che è stato ottenuto il consenso al loro utilizzo e che lo studio è stato sottoposto per le necessarie approvazioni ai comitati etici di competenza (che, in casi come questi, sono sia i comitati che si occupano di animali, sia i comitati che si occupano di sperimentazione umana e di utilizzo delle cellule staminali). Viene poi precisato che, a fronte della complessità delle questioni etiche sollevate dallo studio, sono stati chiesti pareri specifici ad esperti di bioetica ed Istituzioni competenti.
La qualità del dibattito che si è generato in questi giorni mette bene in evidenza che la questione non può essere affrontata solo a livello di comitati e di singoli esperti. Tuttavia, per un corretto dibattito pubblico dovremmo partire non da considerazioni generali in merito, ad esempio, alla dignità umana – che è stata chiamata in causa in questi giorni per via dell’impiego di cellule umane nello studio -, bensì da una valutazione attenta degli obiettivi e dei meriti di questa specifica ricerca: su questo i pareri sono discordanti, dato che le ricerche riguardo al chimerismo – l’unione, a vario titolo, di due o più popolazioni di cellule di diversi individui – non sono una cosa nuova e non è chiaro quanto questa ricerca possa aggiungere ad una linea di studi in cui le scoperte sono state nel tempo diverse e contrastanti. C’è chi sottolinea l’assoluta novità, chi ne rimarca la continuità con gli studi precedenti, facendo riferimento anche ai precedenti lavori dello stesso gruppo di ricerca.
Qual è stato il vero obiettivo dei ricercatori? il team di ricerca ha dichiarato che gli obiettivi della ricerca sono stati due, da una parte contribuire alla ricerca di base in merito alle malattie legate allo sviluppo (dato che la ricerca diretta sugli embrioni umani è vietata dopo il 14esimo giorno), dall’altra contribuire al progresso nel campo della medicina rigenerativa, in particolare riguardo agli xenotrapianti e alle difficoltà legate al controllo del rigetto nei pazienti riceventi.
La storia della ricerca sul chimerismo risale fino agli anni Settanta e, in particolare, per quanto riguarda l'integrazione delle cellule umane in altre specie ospite, ha avuto per lo più risultati poco efficienti. Gli studi sul chimerismo più in generale, tuttavia, sono alla base di diverse pratiche mediche già in essere e, perlomeno in parte, accettate dall’opinione pubblica, compreso il trapianto di tessuti epidermici suini applicati su pazienti umani ustionati e di valvole cardiache di origine suina e bovina nelle persone affette da patologie al cuore: in questi casi il problema del rigetto è importante e gli studiosi lavorano per diminuirne l’incidenza sui pazienti anche attraverso studi come quello in discussione. La stessa definizione di chimera, quindi, è controversa: qual è il confine infatti per parlare di un chimera ‘umana’? Quante cellule umane impiegate per la creazione della chimera servono per allarmarci davvero? Il timore è rappresentato dalla eventuale possibilità che questi studi possano andare ‘oltre’ la piastra Petri e portare alla creazione di organismi chimerici viventi e di organi ‘speciali’ come il cervello. Allo stato attuale, tuttavia, non è previsto nulla di tutto questo.
Una puntuale analisi costi-benefici diventa così il passaggio decisivo per valutare ricerche di questo tipo, includendo tra i vari fattori da considerare, oltre alla tutela degli animali coinvolti, anche il possibile effetto sull’opinione pubblica, sulla reputazione della comunità scientifica nel suo insieme e la differenza tra ambienti culturali e normativi anche molto distanti tra di loro.
Su questo ultimo punto si gioca un aspetto cruciale: l’insieme dei valori, infatti, che la comunità scientifica si dà nel suo complesso in merito all’orientamento delle ricerche o la tutela degli animali coinvolti risente di fattori locali e geografici che ne modificano i contenuti in modo essenziale. L’Europa è considerata un ambito in cui, pur con tutte le difficoltà di normare una questione così complessa come la sperimentazione animale, la tutela e la promozione di questi valori sono particolarmente alti, imponendo molte restrizioni ai ricercatori e chiedendo loro un impegno importante per rispettarli. Al di fuori dell’Unione europea vi sono Paesi, come la Cina, in cui molte delle cose non lecite in Europa sono invece consentite. Quanto nuoce questo alla reputazione della comunità scientifica nel suo complesso?
Diventa per questo essenziale affrontare in modo trasparente un dibattito sistematico che informi le persone e tenga conto, allo stesso tempo, dei loro orientamenti. E il tempo per farlo è ora, al fine di discutere in anticipo le questioni e promuovere forme di consenso che possano supportare e orientare le ricerche e non che debbano invece essere costruite sulla base delle reazioni emotive di perplessità e spavento da parte di una platea impreparata.
Il dibattito su temi di confine come quelli aperti da questo studio, che chiamano in causa i limiti di ciò che è lecito fare, a fronte di capacità tecniche che appaiono pressoché senza limiti e aprono terreni inesplorati, diventa il punto chiave, sia per difendere la reputazione della comunità scientifica, sia per promuovere la fiducia e il consenso attorno a ciò che collettivamente vogliamo stabilire come eticamente lecito ed accettabile.
Nel frattempo, il prossimo mese è previsto un aggiornamento delle Linee Guida della Società Internazionale per le ricerche sulle cellule staminali, con la possibilità che vengano stabiliti nuovi standard – e limiti – sulla ricerca in merito al chimerismo.