SCIENZA E RICERCA

Hubble aumenta la tensione sull’espansione dell’universo

È quanto emerge da uno studio recente, pubblicato su Astrophysical Journal Letters, secondo cui lo spazio si sta espandendo oggi più velocemente a un ritmo superiore del 9% rispetto alle epoche primordiali della storia cosmica. I nuovi dati ottenuti dal telescopio spaziale, a seguito di osservazioni di stelle variabili nella Grande Nube di Magellano, suggeriscono l'introduzione di una nuova fisica.

Prima del lancio del telescopio spaziale Hubble, avvenuto nel 1990 del secolo scorso, le stime sul valore della costante di Hubble differivano di un fattore due. Ma nel 2001, con l'introduzione dell’Hubble Space Telescope Key Project sul problema della scala delle distanze extragalattiche, gli astronomi hanno affinato il valore della costante di Hubble arrivando a ottenere un'incertezza del 10%, raggiungendo così uno degli obiettivi chiave del progetto, per poi ridurlo fino al 5% nel 2009.

Osservazioni successive realizzate da Hubble nel 2016 indicano che l'universo si espande a un ritmo più veloce, superiore del 5-9% rispetto a quanto calcolato in precedenza e gli astronomi affinano ancora il valore della costante di Hubble riducendo l'incertezza al 2,4%.

Un anno dopo, misure indipendenti supportano questi risultati e ora, grazie a nuovi dati ottenuti con il presente studio, gli autori sono stati in grado di ridurre ulteriormente l'incertezza sul valore della costante di Hubble portandolo al 1,9%.

“Questa discordanza che misuriamo oggi rispetto alle epoche primordiali è diventata sempre più importante”, dice il premio Nobel Adam Riess della Johns Hopkins University e autore principale dello studio. “I nostri dati indicano che la probabilità che tale discordanza sia casuale è solo di 1 parte su 100.000, rispetto alle stime precedenti di 1 parte su 3.000. Si tratta di un miglioramento significativo di cui dobbiamo tenerne conto. Non è quello che ci aspettavamo”.

Riess e il suo team della collaborazione SH0ES (Supernovae, H0, for the Equation of State) hanno analizzato 70 stelle della vicina Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea a 162.000 anni-luce, applicando una tecnica che ha permesso di catturare rapidamente e contemporaneamente la luce di più stelle. La luminosità di questi oggetti, chiamati variabili Cefeidi, varia secondo un periodo noto e viene utilizzata per calcolare le distanze intergalattiche locali. Il metodo che di solito viene utilizzato per osservare le stelle richiede abbastanza tempo. Hubble viene puntato soltanto su una stella nell'arco dei 90 minuti mentre descrive un'orbita attorno alla Terra.

Grazie, però, alla tecnica DASH (Drift And SHift), i ricercatori hanno utilizzato il telescopio spaziale come una sorta di “puntatore a largo campo” in modo da osservare gruppi di stelle Cefeidi. Ciò ha permesso di catturare la luce di decine di stelle nello stesso intervallo di tempo che sarebbe stato impiegato per osservare un singolo oggetto.

 

Queste nuove misure rafforzano il concetto di “righello cosmico” e, quindi, della costante di Hubble, un parametro che indica il ritmo a cui si espande l'universo nel corso del tempo.

I ricercatori hanno poi incrociato i propri dati con quelli di un altro insieme di dati ottenuti dal progetto Araucaria, una collaborazione internazionale tra astronomi provenienti da vari istituti situati in Cile, Stati Uniti e Europa.

Le misure eseguite da quest’ultimo gruppo sono state realizzate sempre nella vicina galassia della Grande Nube di Magellano e si sono basate sulla variazione di luminosità che avviene quando una stella passa di fronte alla compagna in una binaria a eclisse.

L’analisi di entrambi gli insiemi di dati ha permesso al team SH0ES di affinare il parametro relativo alla luminosità delle Cefeidi. Grazie a questi risultati più accurati, gli astronomi hanno posto dei vincoli più stringenti alle distanze cosmologiche che si basano sulle supernovae distanti in quanto permettono di esplorare lo spazio più profondo.  

La figura mostra in tre punti ciò che gli astronomi fanno per calcolare l’espansione dell’universo nel corso del tempo, un valore chiamato costante di Hubble. La costruzione di un “righello cosmico” permette di misurare in maniera accurata le distanze dalle galassie più vicine a quelle più lontane. Il righello consiste di una serie di misure che si basano su diversi tipi di oggetti astronomici che hanno una luminosità intrinseca che gli astronomi utilizzano per ricavare le distanze. Crediti: NASA, ESA, e A. Feild (STScI)

 

Dato che le misure ottenute dal team SH0ES sono più precise, il valore della costante di Hubble che ottengono gli autori rimane ancora in disaccordo con quello fornito dalle misure realizzate dal satellite Planck che si riferiscono all'epoca in cui l'universo aveva un’età di 380.000 anni dopo il Big Bang.

Ciò non vuol dire che esiste una discordanza tra i due esperimenti”, spiega Riess. “Stiamo misurando qualcosa che fondamentalmente risulta diverso. Una misura ci dice quanto velocemente si espande l'universo oggi, così come lo vediamo. L'altra deriva dalle misure della radiazione cosmica di fondo che aiutano gli astronomi a prevedere come si sarebbe evoluto l'universo primordiale fino a raggiungere il tasso di espansione che viene misurato oggi. Se questi due numeri non sono in accordo, allora vuol dire che molto probabilmente ci sta sfuggendo qualcosa nel modello cosmologico che collega i due periodi cosmici”. La nuova stima della costante di Hubble fornisce un valore di 74,03 Km/sec/Mpc. Ciò indica che l'universo si espande a un ritmo che risulta del 9% più elevato rispetto al valore di 67,4 Km/sec/Mpc ricavato da Planck.

Poiché i modelli cosmologici suggeriscono che il valore osservato del tasso di espansione cosmica dovrebbe essere uguale a quello determinato dalla radiazione cosmica di fondo, diventa necessario introdurre una nuova fisica per spiegare la discrepanza. “Qualche tempo fa, i teorici mi avrebbero detto che non può essere così, perché sarebbe andato tutto a rotoli”, dice Riess. “Ora, però, iniziano a cambiare idea”.

Dunque, per tentare di spiegare questa discrepanza, sono stati proposti diversi scenari, ma non c’è ancora una risposta definitiva. Ad esempio, una forma invisibile di materia, detta materia oscura, potrebbe interagire in maniera più forte con la materia ordinaria rispetto a quanto pensato in precedenza. O, forse, l'energia oscura, una forma enigmatica di energia che permea tutto lo spazio, è la responsabile dell'espansione accelerata dell'universo. Insomma, se al momento non esistono risposte certe per risolvere la tensione sul problema dell'espansione cosmica, il passo successivo del team SH0ES sarà ora quello di continuare ad affinare il valore della costante di Hubble con l'obiettivo di ridurre la sua incertezza all'1%.  

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