SOCIETÀ

Il lupo cattivo: realtà o percezione?

La paura, si sa, può giocare brutti scherzi e, spesso, mette temporaneamente da parte la razionalità dell’essere umano, portandolo a prendere decisioni sulla base di motivazioni percettive ed emotive. Un grande predatore come il lupo riesce certamente a incutere timore nella popolazione italiana, allarmata per di più dalle ultime notizie di cronaca che hanno visto come protagonista proprio questo animale. Lupi ‘a spasso’ per i paesi nelle ore notturne e non solo, episodi sempre più frequenti di pecore e capre sbranate nelle campagne, allevatori preoccupati per le ripercussioni economiche, cittadini timorosi di avere un incontro ravvicinato una volta usciti di casa. Il lupo è tornato, senza ombra di dubbio, a ripopolare il nostro paese. Sebbene non sia mai stato a rischio di estinzione come specie in quanto presente in tutta Eurasia, esso era drasticamente diminuito in Italia. Per questo, dalla fine degli anni Settanta, si era deciso di adottare una serie di provvedimenti per la sua conservazione, con un controllo dell’attività di bracconaggio e con altre misure per favorire la coesistenza con le attività umane.

Gli ultimi dati parlano chiaro: il lupo occupa oggigiorno il 25% circa del territorio italiano, concentrandosi soprattutto lungo la fascia appenninica e sulle Alpi, superando di gran lunga la percentuale precedente - 18% circa - che abbracciava il periodo compreso tra il 2006 e il 2012. “In un paese piccolo e densamente popolato come l’Italia non si può pensare che un animale come il lupo non viva in qualche modo a contatto con l’uomo” - afferma Andrea Pilastro, docente di Etologia e di Conservazione ed evoluzione all’università di Padova - “Inoltre, dalla fine degli anni Settanta vi è stato un progressivo abbandono delle aree marginali dell’agricoltura da parte dell’essere umano, favorendo un aumento delle prede naturali del lupo che ha potuto quindi avere accesso a maggiori quantità di cibo”.

L’arrivo - anzi, il ritorno - di un grande predatore crea una situazione di possibile conflitto con la cittadinanza che non è inizialmente abituata ad averci a che fare. “Le occasioni di contrasto con le attività economiche dell’uomo potrebbero aumentare” - continua Pilastro - “l’importante è che gli enti preposti per la gestione di questi problemi abbiano un piano di azione e una metodologia consona per rimborsi rapidi ed efficienti nei confronti degli allevatori, che sono i primi a subire dei danni. La legge lo prevede ed è quindi giunto il momento che le regioni si organizzino, interessandosi al caso e analizzandolo nel profondo, senza provvedimenti drastici o superficiali”. Si parla spesso, infatti, di abbattimento come possibile soluzione per risolvere il problema. “Per abbattere un lupo, gli enti gestori devono saper individuare con precisione il soggetto ‘problematico’, consci del fatto che la sua rimozione potrebbe creare una rottura dell’unione sociale all’interno del branco. Per questo è necessario possedere una conoscenza approfondita degli individui presenti e della struttura dei gruppi, cosa che richiede un monitoraggio continuo delle popolazioni. In Italia si è fatto molto negli ultimi anni, ma molto resta ancora da fare. Lo sviluppo di queste competenze e di piani di gestione di questi nuovi fenomeni richiedono tempo e risorse. Non si possono prendere delle scorciatoie per risolvere problemi complessi”.

Ed è qui che entra il gioco il ruolo chiave della percezione e della rappresentazione sociale che ha il lupo nell’immaginario collettivo, un ruolo non sempre positivo. A questo, si aggiunge in maniera ridondante il sentimento di paura provato generalmente nei confronti del predatore, amplificato spesso dai media, che tendono a riaffermare idee e considerazioni già presenti tra la popolazione. “Il lupo riveste il ruolo del cattivo perfino nelle fiabe dei bambini, quindi non possiamo sorprenderci del fatto che sia visto sotto una cattiva luce da parte degli adulti. Ciò deriva probabilmente dal fatto che uomo e lupo sono stati competitori fin da quanto il primo ha adottato l’allevamento, fonte di cibo per il secondo” - rivela Pilastro - “dal punto di vista razionale, però, il ragionamento non trova fondamento. In Italia non si registrano attacchi di lupi nei confronti dell’uomo da più di un secolo, cosa che invece non si può affermare se consideriamo i cani randagi, che danno vita ad un problema ben più grave. Questi animali, contrariamente al lupo, non hanno paura dell’essere umano, si muovono in gruppi più numerosi e, negli ultimi anni, hanno più volte ferito, se non ucciso, persone. Eppure ciò non viene percepito come un tema urgente da trattare. L’uomo ha infatti un rapporto affettivo nei confronti del cane: quest’ultimo, a differenza del lupo - eterno antagonista nelle storie - è visto come un amico. Aggressioni da parte del lupo nei confronti dell’uomo sono avvenute in passato, ma in condizioni molto diverse da quelle presenti: casi di rabbia, scarsità di armi da fuoco, riduzione drastica delle prede naturali sono considerate le principali cause degli incidenti avvenuti. Le popolazioni attuali di lupo sono molto diffidenti nei confronti dell’uomo. È però importante che esse vengano monitorate in modo da valutare eventuali segnali di cambiamento per predisporre interventi adeguati, con valutazioni tecniche e scientifiche fatte dal personale competente”.

Molti dei timori evocati derivano quindi dalla cultura tradizionale che porta in seguito ad optare per delle soluzioni non dettate dalla razionalità e per di più sbrigative che meriterebbero invece un adeguato approfondimento e una cooperazione tra le diverse aree. “I lupi sono animali che percorrono centinaia, se non migliaia di chilometri. Questo implica che la loro gestione non possa essere presa in carico da una singola comunità locale, ma, al contrario, vi deve essere un’integrazione e una collaborazione tra organi diversi, non solo all’interno di una sola regione” - sostiene Pilastro – “nel caso delle Alpi, per esempio, la collaborazione di cinque diversi stati ha dato luogo ad esperienze importanti, come il progetto LIFE WolfAlps, che costituiscono un ottimo esempio di come affrontare in modo razionale ed informato queste problematiche”. Come gestire quindi un conflitto che può comunque esistere? “Si tratta sicuramente di una questione delicata. Oltre alla cooperazione, vi devono essere strumenti in grado di monitorare e analizzare meglio le attività e il comportamento del lupo oltre che di difendere i greggi dai possibili attacchi. La presenza di un predatore mette in atto un contrasto con l’attività umana, ma non si devono accettare i danni a priori. Bisogna però affrontare il fenomeno servendosi della ragione e della conoscenza scientifica, lasciando da parte l’impulsività che è spesso cattiva consigliera”.

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