SCIENZA E RICERCA

Il triangolo no, non lo avevo considerato

Anche se si tratta di tutt’altro triangolo, un gruppo di ricercatori dell’università di Padova ha utilizzato un approccio proprio basato su questa forma geometrica per tentare di risolvere un problema che, a ben guardare, non è poi così lontano dal triangolo amoroso evocato da Renato Zero nella sua celeberrima canzone del 1978. Infatti, il problema di cui i ricercatori si sono occupati riguarda l’evoluzione degli spermatozoi nei vertebrati terrestri.

Tra gli animali a quattro zampe (noti, in termini scientifici, come tetrapodi) si è evoluta, nel corso del tempo, una vistosissima variabilità in termini di massa corporea. Nei tetrapodi, infatti, troviamo animali grandi pochi millimetri (i più piccoli appartengono alla classe degli anfibi) e animali che raggiungono l’incredibile lunghezza di trenta metri, come la balenottera azzurra.

A questa diversità nella dimensione corporea, tuttavia, non corrisponde una altrettanto ampia variabilità nella grandezza delle cellule che li compongono. In altri termini, le diverse cellule che costituiscono i corpi di una rana e di una balenottera azzurra non riflettono l’enorme differenza di stazza che esiste tra le due specie. Vi sono però alcune eccezioni, tra cui gli spermatozoi, le cellule sessuali maschili, che hanno il compito di trasportare metà del genoma del maschio all’ovulo, dove si fonde con la metà materna dando così avvio ad un nuovo individuo. Anche se la funzione è la stessa, gli spermatozoi possono variare, tra le diverse specie di tetrapodi, da meno di 20 µm (0.02 mm) a più di 23 mm (entrambi i record sono detenuti da anfibi).

Molte pressioni, molti ostacoli

Ad oggi, le ragioni evolutive di questa variabilità dimensionale, così unica tra le cellule dei tetrapodi, e in particolare il legame in qualche modo atteso tra lunghezza degli spermi e massa corporea sono poco comprese. Uno studio realizzato da ricercatori dell’università di Padova e del National Biodiversity Future Center, guidato dal ricercatore Loren Koçillari e pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications, ha indagato l’enigma che riguarda l’evoluzione della dimensione degli spermatozoi attraverso l’impiego di un metodo d’indagine innovativo. Grazie a una collaborazione tra fisici statistici e biologi evoluzionisti, si è applicata al problema biologico in questione una metodologia nata in ambito economico (l’ottimalità di Pareto), che si è rivelata particolarmente utile per far luce sulle dinamiche e sui vincoli che regolano il rapporto tra grandezza degli spermi e dimensione del corpo.

Quel che la letteratura scientifica ha finora appurato sull’argomento è che i fattori che concorrono alla variabilità nella grandezza degli spermatozoi sono molteplici. Vi sono fattori funzionali come la fecondazione interna o esterna: nel primo caso, gli spermatozoi tendono ad essere più grandi che nel secondo caso. Un altro fattore molto importante è la competizione spermatica, che è massima nelle specie le cui femmine hanno un comportamento sessuale promiscuo e in cui, quindi, gli spermatozoi di diversi maschi devono competere per sperare di fecondare le stesse uova: a questa pressione selettiva si può rispondere, a seconda delle circostanze e dei vincoli ecologici e fisiologici presenti, aumentando il numero degli spermatozoi prodotti e producendone di più grandi e più veloci (e quindi più costosi). Un ulteriore elemento di cui già in precedenza era stata appurata l’associazione con la lunghezza degli spermatozoi è la fertilità delle femmine: all’aumentare del numero di uova disponibili per la fecondazione si associa, in alcune specie di vertebrati, una maggiore lunghezza degli spermatozoi. Infine, è stato proposto che vi sia una correlazione positiva tra la massa corporea, il tasso metabolico dell’organismo e la grandezza del genoma della specie, e la lunghezza degli spermatozoi.

Fino ad ora, la maggior parte di queste ipotesi ha trovato riscontri limitati in studi basati su metodi tradizionali e focalizzati su piccoli gruppi di specie appartenenti spesso alla stessa famiglia o genere, e raramente estesi ad analizzare un livello tassonomico superiore. Come vedremo, i ricercatori hanno investigato in modo approfondito la maggior parte delle ipotesi finora avanzate per spiegare l’evoluzione delle dimensioni degli spermatozoi analizzando quasi 1400 specie appartenenti a tutte le 4 classi di tetrapodi, ovvero gli anfibi, i rettili, gli uccelli e i mammiferi.

Multi-ottimizzazione

Come traspare da questa lista, seppur non esaustiva, i fattori in gioco sono molti, e l’aspettativa teorica di individuare delle relazioni lineari tra questi è probabilmente la ragione dei risultati contrastanti ottenuti da studi precedenti. Per ovviare al limite metodologico della maggior parte delle analisi utilizzate in biologia evoluzionistica, che tipicamente cercano di capire se vi sia una correlazione lineare (positiva o negativa) tra i diversi caratteri, i ricercatori padovani hanno esaminato i dati a loro disposizione attraverso il metodo della multi-ottimizzazione di Pareto. Questo metodo si basa sull’idea che la maggior parte delle strutture biologiche abbia più funzioni, e che l’espressione di queste strutture non possa massimizzare contemporaneamente tutte queste funzioni. La selezione naturale (o sessuale, come nel caso della competizione spermatica) favorirà, a seconda delle caratteristiche delle diverse specie, la dimensione del carattere che costituisce il miglior compromesso tra le diverse funzioni (e per questo si chiama multi-ottimizzazione).

Per fare un esempio, ali strette e lunghe permettono ad uccelli e pipistrelli di volare velocemente, ma sono poco adatte al volo acrobatico. Viceversa, ali corte e larghe non permettono di raggiungere le elevate velocità utili negli ambienti aperti ma permettono di muoversi agilmente nei boschi. Ali corte e appuntite o lunghe e arrotondate non si osservano, perché non sono ottimali per nessuno dei due tipi di volo. Quando le funzioni (e i caratteri morfologici) sono più di due, il legame tra i caratteri (ad esempio, larghezza e lunghezza delle ali) non è più lineare, ma può assumere relazioni geometriche più complesse. Il metodo di Pareto applicato dal gruppo dei fisici statistici del professor Amos Maritan ha il pregio di riuscire a individuare eventuali correlazioni non lineari tra una pluralità di tratti, anche quando hanno effetti potenzialmente contrastanti, mettendo così in luce la complessità dei bilanciamenti e dei compromessi che gli organismi che vivono in natura devono realizzare quando sono sottoposti contemporaneamente a vincoli e pressioni selettive diverse.

Un requisito di questo metodo di analisi è la disponibilità di una grande quantità di dati: i ricercatori hanno dunque assemblato un dataset composto da 1388 specie rappresentative di tutte le classi di tetrapodi (anfibi, mammiferi, uccelli e rettili). I tratti presi in considerazione come rilevanti nel determinare la lunghezza degli spermatozoi sono quattro: la massa corporea, il tasso di competizione spermatica (misurato attraverso la grandezza dei testicoli: maggiore questa, maggiore la competizione spermatica), la fecondità delle femmine, e la grandezza del genoma della specie.

Su un piano spaziale in cui la x è la massa corporea e la y è la lunghezza spermatica, la distribuzione dei dati ricade in uno spazio triangolare, i cui vertici rappresentano i cosiddetti ‘archetipi’. In altri termini, agli estremi del triangolo dell’ottimalità di Pareto si collocano i fenotipi (cioè gli organismi con determinate caratteristiche) che presentano i tratti più estremi, mentre all’interno del perimetro del triangolo si dispongono le varie forme intermedie esplorate nel corso dell’evoluzione dei tetrapodi.

L’importanza del compromesso

Un primo risultato interessante dell’analisi è che non vi è una correlazione lineare tra la lunghezza degli spermi e la massa corporea: gli spermatozoi più lunghi, insomma, non vengono prodotti dagli animali più grandi, ma solo da specie animali di taglia medio-piccola. Questo è vero per tutte le quattro classi di tetrapodi considerate, per quanto esse siano distanti dal punto di vista filogenetico (cioè, in termini di storia evolutiva). Inoltre, il fatto che la maggior parte delle specie si concentri verso il centro del triangolo, piuttosto che vicino ai suoi vertici, «suggerisce – scrivono gli autori dell’articolo – che dei compromessi [trade-offs] tra le diverse funzioni abbiano vincolato l’evoluzione della lunghezza spermatica in relazione alla massa corporea».

La distribuzione in uno spazio triangolare disegnato dalle varie possibili combinazioni di lunghezza degli spermi e peso corporeo che rappresenta l’ottimalità paretiana rimane molto simile (la maggior parte delle specie considerate è raccolta nel centro) anche se si considerano separatamente le specie sulla base di un criterio filogenetico (ad esempio, tutti i mammiferi o tutti gli uccelli) o di un criterio funzionale (ad esempio, endotermi e ectotermi, oppure animali con fecondazione interna e animali con fecondazione esterna). In tutti i casi si riscontra la medesima regolarità: gli spermatozoi più lunghi sono prodotti solo da specie di stazza medio-piccola, il che suggerisce che l’evoluzione di spermatozoi e dimensioni corporee siano soggetti a vincoli evolutivi e pressioni selettive simili.

L’analisi degli archetipi (ovvero dei tre vertici del triangolo) ha dimostrato che le specie con spermi più lunghi sono caratterizzate da elevata competizione spermatica e da elevata fecondità, due ipotesi che erano già state supportate in precedenti studi e che confermano quindi la robustezza del metodo di Pareto. Sarà viceversa interessante investigare, in futuro, per quali motivi specie molto grandi e molto piccole sono caratterizzate da bassa competizione spermatica e bassa fecondità.

Un altro risultato ottenuto dai ricercatori, e che si pone in controtendenza rispetto alle ipotesi teoriche, riguarda la relazione tra la lunghezza degli spermatozoi e la grandezza dei genomi. Da un punto di vista fisico, infatti, un genoma più grande dovrebbe richiedere un aumento della grandezza dello spermatozoo, che deve “trasportare” un nucleo più grande e perciò incontra una maggiore resistenza all’avanzamento nel suo movimento verso l’uovo. Al contrario, l’analisi ha mostrato che le specie che producono spermi più lunghi hanno in realtà genomi significativamente più contenuti. Una spiegazione suggerita dagli autori è che le specie con spermatozoi più lunghi sono anche – come abbiamo detto – quelle dove la competizione spermatica è più forte e dove gli spermatozoi vengono prodotti in numeri molto elevati. È quindi possibile che duplicare rapidamente un genoma di grandi dimensioni sia così costoso che la selezione tende ad eliminare le parti non funzionali del genoma (il cosiddetto “DNA spazzatura”), la cui presenza o assenza spiega le differenze di dimensione del genoma tra specie diverse (il numero di geni è, viceversa, abbastanza costante nei vertebrati). La selezione sessuale determinata dalla competizione spermatica, quindi, potrebbe essere responsabile della maggiore efficienza osservata in alcune specie nel ridurre le parti non funzionali del genoma.

In futuro, saranno necessarie ulteriori ricerche per chiarire molti dei risultati ottenuti da questo lavoro: se utilizzando i metodi classici di regressione lineare oppure il promettente metodo geometrico di multi-ottimizzazione di Pareto dipenderà dalle specifiche domande. Ma, come canta Renato Zero, “il triangolo io lo rifarei, perché no?”.

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